11 settembre 1973: il golpe militare in Cile

Santiago del Cile La Moneda

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11 settembre 1973 – 11 settembre 2023. Mezzo secolo ci separa oggi da uno dei giorni più tragici e bui della storia del secondo dopoguerra, uno degli esempi più esecrandi del martirio di una democrazia, del sacrificio della libertà dei popoli. In America Latina e non solo: il golpe militare in , ordito dai generali guidati da , e la morte del Presidente .

Le premesse
Un lungo periodo di instabilità politica, economica e sociale aveva visto l'alternarsi in Cile di vari governi, il più delle volte formati grazie all'appoggio determinante dei partiti di destra, nonché attraverso il consenso ingerente dei vertici militari, da sempre molto influenti nel Paese. Questi fatti avevano avuto come regolare conseguenza la continua esclusione dal potere politico dei partiti e dei sindacati di sinistra, in particolar modo il Partito Comunista. All'inizio degli anni '50, con l'inasprimento della guerra fredda, questa tendenza si era accentuata, sfociando nella cosiddetta legge maledetta che, oltre all'esclusione dei comunisti da ogni possibilità di governo, prevedeva la soppressione di qualsiasi attività sindacale [1].

L'elezione a Presidente della Repubblica del democristiano Eduardo Frei Montalva (1964) aveva cominciato a introdurre timide aperture, attuando quella che venne chiamata Rivoluzione nella Libertà [2], ovvero una moderata riforma agraria, qualche intervento nella pubblica istruzione, un piano di edilizia popolare e la partecipazione dello Stato nell'industria del rame, di cui il Cile era, ed è tuttora, uno dei principali paesi estrattori ed esportatori [3]. Questi interventi non produssero tuttavia grossi miglioramenti e già alle elezioni politiche del 1969, in risposta alla stagnazione sociale, la sinistra era riuscita a guadagnare la maggioranza in Parlamento. In un clima di incertezza e instabilità politica, ma allo stesso tempo di crescita dei consensi delle forze progressiste, si arrivò quindi alle elezioni presidenziali del 4 settembre 1970.

Allende e le elezioni del 1970
Salvador Allende Gossens, medico di idee marxiste, era stato uno dei fondatori del Partito Socialista Cileno. Si presentava come candidato alle elezioni presidenziali per la quarta volta, ma di fatto aveva già ricoperto importanti incarichi politici ed istituzionali, era stato infatti ministro in alcuni governi di coalizione e soprattutto Presidente del Senato. L'appoggio ad Allende era garantito da una larga coalizione di centro-sinistra, la Unidad Popular [4], costituita da socialisti, comunisti (che inizialmente avevano proposto come candidato presidente il premio Nobel Pablo Neruda), radicali e una parte di cristiano-democratici. In vista delle elezioni, la stessa coalizione era riuscita ad ottenere il sostegno sia da parte del sindacato della Central Única de Trabajadores (CUT) sia, seppur in appoggio esterno, dell'associazione di movimenti di ispirazione rivoluzionaria marxista-leninista del Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR ), nato nel 1965 dall'unione di tutti quei gruppi e sindacati “più a sinistra” del quadro politico cileno [5]. Gli altri candidati presidenti alle elezioni erano Jorge Rodríguez Alessandri, conservatore indipendente e Radomiro Tomic della Democrazia Cristiana.

Alla conta dei voti la coalizione di Allende riuscì ad affermarsi solo con una debole maggioranza relativa [6], si rendeva così necessaria la ratifica dal Congresso Nazionale Cileno (come previsto dalla Costituzione del 1925). Questa arrivò tuttavia solo in conseguenza di un drammatico avvenimento: l'assassinio del generale René Schneider. L'ufficiale, contrariamente al sentimento diffuso negli ambienti militari, aveva dichiarato pubblicamente che non si sarebbe opposto al risultato delle elezioni anche in presenza di una vittoria della Sinistra, rispettando così l'esito democratico delle urne. Queste affermazioni avevano provocato risentimento e preoccupazione tra le schiere più intransigenti dell'esercito e così il 22 ottobre, uomini legati al Generale Roberto Viaux, nel tentativo di sequestrare l'ufficiale “renitente” ne avevano provocato il decesso in conseguenza delle gravi ferite riportate nel corso dell'azione. Il tragico accaduto provocò l'indignazione nazionale, accelerando così la ratifica delle elezioni da parte del Congresso Nazionale in seduta plenaria. Allende diventava Presidente ricevendo 153 voti contro 35 appena dell'ex Presidente Jorge Rodríguez Alessandri [7].

 

I 1000 giorni del Governo Allende
La risoluzione dei problemi economici e sociali attraverso la nazionalizzazione di alcuni settori chiave, a cominciare dalla industria legata alla produzione del rame, era in cima ai programmi del nuovo Governo. In questo settore però numerosi e forti erano anche gli interessi di multinazionali straniere, soprattutto statunitensi. In politica estera, inoltre, il Governo non esitò a intraprendere rapporti con i paesi dell'area socialista e nel 1971, nel corso della visita ufficiale di Fidel Castro, Allende annunciò la ripresa delle relazioni diplomatiche con Cuba, nonostante il divieto imposto dall'Organizzazione degli Stati americani [8].

Considerata dunque l'inclinazione del nuovo Governo cileno gli , che da sempre consideravano il Continente latino-americano il loro “cortile di casa”, cercarono di contrastarlo fin da subito. Già all'indomani dell'investitura ufficiale di Allende, il presidente americano Richard Nixon e il suo segretario di stato Henry , con l'aiuto della CIA, avevano iniziato a progettare una serie di interventi di sensibile “appoggio” all'opposizione, con l'intento di provocare in poco tempo innanzitutto il ribaltamento dell'opinione pubblica cilena. Questo programma prevedeva sia l'uso della propaganda, attraverso il paventato avvento dello “spettro comunista”, sia interventi “più diretti”, come il finanziamento e l'organizzazione di alcuni scioperi. Tra questi ultimi il più importante, quello che si rivelerà determinante per le sorti del Governo, fu organizzato dal sindacato dei camionisti, ai quali si unirono piccoli imprenditori e professionisti. La serrata immobilizzò di fatto il paese per diverse settimane, provocando gravi danni con determinanti ripercussioni sulla già fragile economia del Paese [9].

Così, se alla fine del primo anno di vita il Governo Allende era riuscito ad evitare la crisi grazie ad una serie di provvedimenti come l'innalzamento dei salari, l'affossamento del sistema produttivo si rivelò decisivo nei mesi seguenti, segnando in maniera drammatica le sorti del Presidente e del Paese intero. Anche se alle elezioni parlamentari del 1973 Unidad Popular riuscì comunque, non solo a “tenere”, ma addirittura ad aumentare i consensi, nonostante nel frattempo si fosse consumata la rottura con quella parte dei cristiano-democratici che avevano appoggiato Allende e che erano confluiti, insieme al Partito Nazionale, in un'alleanza di conservatori, la Confederación Democrática (CODE) [10].

Il golpe
Come si è scritto, da sempre in Cile un ruolo fondamentale, sia nella politica che nella società, era giocato dalle forze armate. Nel tentativo di rinsaldare l'unità nazionale, Allende era pertanto stato costretto ad andare a cercare consensi anche nell'esercito. Dapprima venne chiesto al generale Carlos Prats di entrare a far parte dell'esecutivo come Ministro degli Interni, successivamente al generale Augusto Pinochet, uno dei più fidati ufficiali, venne invece affidato il comando delle forze armate. Un errore, seppur commesso in buona fede, che si sarebbe rivelato drammaticamente fatale.

La seconda metà del 1973 fu un susseguirsi di fatti che annunciavano quello che sarebbe accaduto l'11 settembre. Il 29 giugno l'episodio più grave, quando un reggimento al comando del colonnello Roberto Souper fallì un tentativo di golpe, circondando una prima volta il palazzo della Moneda. Il 9 agosto, il generale Prats venne nominato Ministro della Difesa, ma subito dopo fu costretto a dimettersi a causa del malcontento di nuovo manifestatosi presso gli ambienti militari stessi. In quell'occasione però Prats dovette anche dimettersi da comandante in capo dell'esercito, sostituito in questo incarico proprio da Pinochet.

Sempre in agosto, la Corte Suprema, la Camera dei Deputati e l'opposizione, rappresentata dalla CODE, attaccarono pesantemente il Governo accusandolo di incostituzionalità e rivolgendosi apertamente ai militari per intervenire e ripristinare un irreale ordine smarrito [11]. Le principali accuse che venivano mosse erano di perseguire l'avvento di uno stato socialista totalitario, attraverso il controllo sulla produzione industriale e sulla società. Il 24 agosto Allende rispose parlando al Paese e accusando l'opposizione di aver invocato l'intervento dei militari contro un governo che invece era stato democraticamente eletto dal popolo. Difese l'operato del proprio esecutivo, affermando di aver perseguito sempre mezzi costituzionali in difesa della democrazia e si appellò “ai lavoratori, a tutti i democratici e i patrioti” perché si unissero a lui nella difesa della costituzione e del “processo rivoluzionario” [12].

Ma il Paese era ormai nelle mani delle forze armate e la mattina dell'11 settembre l'aviazione bombardava la Moneda. Allende volle restare al suo posto, nel proprio ufficio, difendendo il palazzo presidenziale e con esso quello che restava della democrazia in Cile. Da qui pronunciò le sue ultime parole alla radio:

«Certamente Radio Magallanes sarà messa a tacere e il timbro tranquillo della mia voce non vi giungerà. Non importa. Continuerete a sentirlo. Sarà sempre accanto a voi. Almeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno, che fu leale alla lealtà dei lavoratori…Hanno la forza, potranno soggiogarvi, ma non si arrestano i processi sociali né col delitto né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli…
Lavoratori della mia terra: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Resistete sapendo che presto si apriranno le grandi strade da cui passerà l'uomo libero per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!»
[13].

Secondo le fonti ufficiali, pur di non cadere nelle mani dei traditori, Salvador Allende si tolse la vita sparandosi un colpo di fucile, anche se nel tempo la ricostruzione dei fatti dimostrò che il Presidente fosse stato barbaramente ucciso. Allende attese il momento dell'irruzione armata nel palazzo presidenziale circondato dalla sua scorta, di cui faceva parte anche un giovanissimo Luis Sepulveda, il quale fu uno dei più grandi testimoni dei fatti e, nei decenni a seguire, tra i principali accusatori in esilio di quanto fosse avvenuto.

Il comando del governo venne affidato ad un triumvirato di generali, ma di fatto tutto il potere era nelle mani di Augusto Pinochet, che fino all'ultimo era stato ritenuto fedele alla Costituzione dallo stesso Allende. Iniziava per il Cile un lungo periodo di terrore. Subito dopo l'intervento militare vennero prelevate e radunate con la forza, all'interno dello stadio nazionale di Santiago, decine di migliaia di donne e uomini sostenitori di Allende e il decreto del 13 settembre, emanato dallo stesso Pinochet, tra le altre cose, mise fuori legge i partiti che avevano fatto parte di Unidad Popular.

Negli anni a seguire decine di migliaia furono gli arrestati e altrettanto gli “scomparsi” (desaparecidos), soprattutto tra i giovani. Vennero denunciati migliaia di casi di violazioni dei diritti umani. Secondo il rapporto della Commissione Rettig (per la verità e la riconciliazione), reso noto nel 1991, 3.196 persone morirono a causa della violenza politica durante il regime di Pinochet. Di esse, 1.185 rimangono tuttora “scomparse”: un'intera generazione spazzata via. Il Cile dimenticò ogni forma di democrazia; con una violenza inaudita furono eliminati oppositori, democratici, intellettuali, lavoratori, sindacalisti, studenti [14].
Come visto, le implicazioni del governo degli Stati Uniti furono tante e determinanti. Washington inasprì la politica di pesante ingerenza negli affari e nel controllo dei paesi dell'America Latina e lo fecero appoggiando e sovvenzionando interventi di repressione durissima, con aiuti economici ma anche militari e logistici. Quanto avveniva in Cile fu molto presto imitato da altre dittature del Contenente, fra tutte quella argentina, creando una vera e propria multinazionale del terrore e passata alla storia come Operazione Condor, il piano concordato negli anni ‘70 tra i governi di tutti quegli stati per reprime per ogni sorta di opposizione [15].

Nel cuore e nella mente di tutti i democratici quei fatti rimangono simbolo di una giustizia brutalizzata, di voci libere interrotte e allagate nel sangue, di donne e uomini eliminati con ferocia e determinazione chirurgica. Ancora oggi però il Cile, nonostante la vittoria del Presidente Gabriel Boric e della coalizione di Sinistra alle elezioni di fine 2021, è un Paese che stenta a liberarsi dell'orrendo fardello della dittatura. A cominciare dall'affermazione referendaria, qualche mese fa, di coloro che ne vogliono mantenere la Costituzione, risalente al 1980. Si tratta di un ordinamento dello Stato in cui viene ridotto al minimo l'intervento pubblico in ogni ambito sociale e che favorisce notevolmente lo sbilanciamento verso gli interventi privati in settori fondamentali, come la sanità e l'istruzione.

Inoltre, dopo tanti anni, il Cile ancora non riesce ad avviare un vero processo di uscita democratica e di riconoscimento dei fatti che video coinvolti le migliaia di . È proprio di questi giorni la notizia del lancio di un piano nazionale di ricerca sulle sparizioni che coinvolgerà diverse istituzioni del Paese, nella speranza di giungere infine a un punto di giustizia per la progenie delle tante famiglie che allora furono coinvolte.
Nella speranza che l'eco dell'esempio di Allende rimanga eretto nella Storia e che le sue parole, le sue azioni restino consegnate alle istanze di libertà e di democrazia, ancora propagate e mai dimenticate.
Cristiano Roccheggiani

[1]  Sulla legge maledetta (“ley maldida”) si veda AA.VV. “Cile 1970-1973”, Dedalo libri, p. 80
[2] Note sulla vita di Eduardo Frei Montalva, si veda nota bibliografica sulla enciclopedia icarito.cl
[3] Più del 40% delle riserve mondiali di rame si trovano in Cile. Chuchicamata è il maggior stabilimento con miniera a cielo aperto ed El Teniente il più grande nell'estrazione in galleria. Dati tratti da grander-technologie.com.  Sulla produzione del rame in Cile si veda codelco.com e E. Galeano, “Le vene aperte dell'America Latina“, ed. Sterling & Kupfer, p.284
[4] Da “Il Cile di Allende” isole.ecn.org
[5] Il Congresso del 1967 del MIR aveva votato il ricorso alla lotta armata tuttavia, proprio in occasione delle elezioni del 1970 aveva deciso si sospendere questa strategia.  Sulla storia e il congresso del MIR di veda memoriamir.cl
[6] Da  “Il Cile di Allende” isole.ecn.org  La coalizione che sosteneva Allende ottenne il 36,29% dei voti molto vicina al 35,76 di Alessandri.
[7] Ibidem
[8] Sul soggiorno di Fidel Castro in Cile si veda intervento di Fidel Castro Ruz su granma.cu  del 26 giugno del 2008. Qui si riporta la versione italiana
[9] Sui rapporti Kissinger – CIA sul cile si veda progettonovecento.it
[10] Da Danny Gonzalo Monsálvez Araneda, “A 35 años del Golpe: Concepción una zona de izquierda” tratto da elclarin.cl del 6 set 2008. Unidad Popular arrivò al 43% dei voti.
[11] Da  “Il Cile di Allende” isole.ecn.org
[12] Il discorso di Allende al parlamento cileno è tratto da: josepinera.com
[13] Il discorso di Allende a radio Magallanes è tratto da peacelink.it
[14] Sulle vittime della dittatura cilena si veda rapporto Amnesty International su amnesty.it
[15] Sull'operazione Condor e l'incriminazione di Pinochet si veda articolo del 13 dic 2004 “Cile. I giudici incriminano Pinochet per l'Operazione Condor: dittatore agli arresti domiciliari” da rainews24.rai.it

 

 

 

 

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