
Eccoci al secondo articolo sugli appuntamenti musicali che abbiamo mancato nel 2016. Nulla deve farvi pensare che possiamo esaurire la mole di album che l'anno ci ha regalato, anche se in diversi casi ne avremmo fatto volentieri a meno.
Una somma di piccole cose (Universal) arriva dopo quattro anni da Ecco e a due dal popolare Il padrone della festa, realizzato con Max Gazzè e Daniele Silvestri. Ancora e di più Niccolò Fabi riesce ad omaggiare il sentire umano dell'ascoltatore sostenendosi con una musicalità finemente arrangiata. «Un album sull'amore e sulla politica, nei loro significati più alti (“Ha perso la città”, sulla consunzione della comunità cittadina, e “Non vale più”, vicina a certi National di “High Violet”). Un album sulla sofferenza, non soltanto mentale, bensì anche corporale. D'altronde, mai come in queste nove canzoni il legame fra Niccolò Fabi e la natura è stato così intenso, così spiccatamente fisico e sensoriale, come fisico è stato l'atto stesso di assecondare i propri istinti, lasciando che il suono di “Una somma di piccole cose” fosse nient'altro che la giara in cui raccogliere l'emorragia dei propri gusti musicali, che hanno tutti un nome e un cognome: Sufjan Stevens, Damien Rice, The Tallest Man On Earth, Sun Kil Moon, Bon Iver» [1].
Ha avuto una buona accoglienza dalla critica musicale anglosassone Painkillers (Island) di Brian Fallon, leader de The Gaslight Anthem e che la rivista Absolute Punk ha definito uno dei migliori cantautori della sua generazione. E così in questo periodo di riposo (definitivo?) della band è arrivato questo esordio da solista che Gianni Sibilla definisce «la raccolta migliore di canzoni da “American slang” e dal side-project Horrible Crowes. Suoni più diretti, molte chitarre acustiche (“Smoke”, “Steve McQueen”, “Open all night”), qualche accenno di folk (“Nobody wins”), incursioni in generi nuovi, almeno per lui (il reggae di “Mojo hand”) e l'inevitabile rock (“Rosemary”). Nulla di nuovo, ma qualcosa di rassicurante, fatto bene: una voce espressiva, canzoni che nel loro genere funzionano, buoni arrangiamenti. Classic rock, niente di più, niente di meno» [2].
A due anni di distanza da Between dogs and wolves, il cantautore italo-anglo-francese Piers Facini pubblicava lo scorso ottobre il sesto album della sua carriera, I dreamed an island (Beating Drum), un viaggio e una bandiera per le diversità. «C'è molto Mediterraneo musicale a sbalzi, dal Nord Africa all'Andalusia, dalle coste francesi alla Sicilia, e affiora il ricordo di strutture del folk revival inglese d'annata. La particolare voce di Faccini rimane al centro dell'edificio ma è notevolmente maturata, capace di adattarsi alle differenti lingue e situazioni con forte aderenza e inventiva» [3].
Vengono da Leeds gli Eaugulls e sono nati nel 2010. La band è composta da Mark Goldsworthy (chitarra), Henry Ruddel (percussioni), Liam Matthews (chitarra), Tom Kelly (basso), and George Mitchell (voce) e hanno pubblicato il loro secondo album, dopo l'incendiario disco omonimo del 2014. Ullages (Partisan Records), 11 brani che appartengono al territorio del post-punk. Matteo Castello spiega che continua la tendenza ad «chitarrismo espanso e trattato, per nulla monocromatico ma anzi espressivo, spazioso, mutevole […] Le chitarre di Mark Goldsworthy e Liam Matthews lavorano di fino, lasciando da parte i riff al fulmicotone per concentrarsi, da un lato, su tessiture di arpeggi liquidi e tremolanti, dall'altro su nugoli ambientali sullo sfondo. Si prenda il dialogo tra basso e chitarre jangly nella bellissima ed incalzante “Euphoria”, coinvolgente prova di addensamenti ed espansioni (le chitarre shoegaze che montano in alternanza ai ricami solisti), o la fitta ballata “My Life in Rewind”, densa di tremolii e riverberi (vale qui la pena seguire l'evoluzione finale dell'arabesco onirico tratteggiato dalla chitarra solista), intrisa di romanticismo decadente frutto dell'incontro tra i Cure di “Pornography” e i Chapel Club» [4].
Dopo quasi quindici anni di carriera sono tornati a Genova gli Ex-Otago con il disco Marassi, intriso di elettro-pop. Maurizio Carucci, (testi, grancassa, voce), Simone Bertuccini (chitarra, cori), Francesco Bacci (charango, percussioni, cori), Olmo Martellacci (sax, flauto, tastiere, percussioni) non hanno «scritto un disco innovativo, volendo scrivere della realtà e in maniera più contemporanea possibile», dicono in un'intervista [5]. Gianmaria Tononi, a proposito di Marassi scrive che «i testi sono come sempre calibrati e incredibili, mescolano cose note e sconosciute per un risultato che sembra suggerire qualcosa di nuovo ad ogni ascolto. […] Rimangono un turbinio di suoni ed immagini in continua evoluzione, ogni pezzo sembra riesca a farsi ispirare dal precedente senza lasciarsi limitare, aggiungendo e togliendo con una maestria da invidiare» [6].
Il pop-rock di nuova generazione arriva da Sunderland, nel nord-est dell'Inghilterra, e loro sono i fratelli Peter and David Brewis. La loro musica attinge dalle sorgenti più disparate, come recita la biografia sul sito della Memphis Industries, come Stravinskij, Stax R & B, Fleetwood Mac, Serge Gainsbourg, Thelonious Monk e Kate Bush. I Field Music sono al sesto album a quattro anni di distanza dal precedente Plumb. Commontime (Menphis industries) è composto da 14 brani per quasi un'ora di musica di ottimo livello. Per Bizarre «stupisce per la disinvoltura nel miscelare ritmiche arzigogolate, melodie storte, armonie vocali intricatissime (che neanche i Beach Boys) e, soprattutto, inventiva senza freni. […] linee vocali molto rundgreniane (Disappointed, They want you to remember) o addirittura memori di Hall & Oates (It's a good thing), o di quando in quando spruzzate di prog e di jazz (la superlativa chiusa dei fiatidi The noisy days are over ad esempio, o i puntelli di That's close enough for now)» [7].
Non vi curate di noi e ascoltate!
Ciro Ardiglione
[1] Federico Piccioni, http://www.ondarock.it/recensioni/2016_niccolofabi_unasommadipiccolecose.htm, 25 maggio 2016
[2] Gianni Sibilla, , 14 marzo 2016
[3] Piercarlo Poggio, BLOW UP., novembre 2016, pag. 91
[4] Francesco Segoni, Il Mucchio, maggio 2016
[5] Matteo Zampollo, “Gli Ex-Otago ritornano a casa”, http://www.rollingstone.it/musica/interviste-musica/gli-ex-otago-ritornano-a-casa/2016-10-21/, 21 ottobre 2016
[6] Gianmaria Tononi, http://www.impattosonoro.it/2016/11/16/recensioni/ex-otago-marassi-recensione/, 16 novembre 2016
[7] Bizarre, BLOW UP., febbraio 206, pag. 71
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