
Si gela il sangue a scorrere l'Atlante mondiale della desertificazione, del Centro comune di ricerca per la scienza e la conoscenza della Commissione europea (JRC).
Il quadro è da allarme rosso come quando è in corso uno tsunami: più del 75% della superficie terrestre è ormai degradata, con processi peggiori per l'Africa e l'Asia. Questo potrebbe significare che nel 2050 in alcune aree dell'Africa subsahariana, della Cina e dell'India oltre il 50% della produzione agricola andrà persa. E così «nel 2050 fino a 700 milioni di persone saranno costrette ad abbandonare le loro case per via di problemi legati alla scarsità delle risorse del suolo».
È urgente che si fermi il consumo di territorio anche evitando un'ulteriore espansione di terreni agricoli, spesso a colture intensive. Bisogna migliorare le rese, evitare gli enormi sprechi alimentari e passare a regimi alimentari vegetariani e mangiando proteine da fonti sostenibili.

L'Italia ha una bellezza tale e una varietà di territorio e specie viventi che meriterebbe rispetto. Per assicurare un futuro alla sa bellezza e al suo ecosistema occorrerebbe un'impostazione diversa del modello di crescita basato sui numeri del Pil.
In alternativa potremmo iniziare a promuovere una legge, e farlo subito, che impedisca ulteriore consumo di suolo.
Vorrebbe dire che tutto quello che si potrebbe fare in termini di abitazioni (le varie stime contano milioni di vani non abitati), strade, linee ferroviarie, e altre infrastrutture è il riuso, la riqualificazione di quanto già fatto.
Abbiamo le risorse e le intelligenze per studiare le soluzioni alternative alle nuove costruzioni, magari copiando quanto accade per altre realtà. Certo si perderanno attività, professionalità e mestieri ma se ne creeranno di nuove e più interessanti. Inoltre preserveremo meglio il territorio, potremmo dirottare risorse arrestare il processo di desertificazione e per conservare l'acqua che è già un bene prezioso, molto più di tante risorse energetiche, essendo essa stessa fonte di energia.
La realtà però in Italia continuiamo a riversare colate di cemento come dimostra il Rapporto Ispra-Snpa sul ”Consumo di Suolo in Italia 2018”. Nel 2017 abbiamo distrutto altri 52 km² e questo avviene anche nelle aree protette a rischio idrogeologico.
I dati più negativi si registrano nel Parco nazionale dei Monti Sibillini, con più di 24 ettari di territorio consumato e nel Gran Sasso e Monti della Laga, qui dovuti agli interventi post terremoti. Mentre i Parchi nazionali del Vesuvio, dell'Arcipelago di La Maddalena e del Circeo sono le aree tutelate con le peggiori fette di suolo sparito. Nemmeno a dirlo la Lombardia è la regione con la percentuale di suolo più consumato. E poi si osservano una buona quantità di piccoli comuni che hanno consumato oltre la metà del loro territorio.
Pasquale Esposito
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