
Nella Capitanata il Borgo “Rione Fossi” di Accadia tra i Monti dauni settentrionali è un noto “borgo fantasma”, abbandonato nel 1930 per uno dei tanti terremoti della linea appenninica italiana: sisma del Vulture che nella notte traditrice del 23 luglio 1930 colpì territori della Campania e della Puglia.
Il moderno abitato si è sviluppato successivamente, in direzione ovest, lungo la viabilità principale di accesso al nuovo insediamento, in connessione alla rete montana della mobilità interna subappenninica, quindi da e verso il territorio centrale della Capitanata. Il moderno tessuto urbano di Accadia ha comunque mantenuto il cordone ombelicale con il suo borgo fantasma senza staccarsene, attraverso originali anelli connettivi di congiunzione essenziale tra abbandono e tessuto vivo: l’arco di Porta di Capo, la Torre dell’Orologio, la storica Fontana. Accorciando le distanze psicologiche, come se il Borgo Fossi sia sempre lì, in attesa.
Nei lunghi decenni dopo il fatidico 1930, non si è avuto nessun seguito per una eventuale, pur minima, iniziativa di recupero urbano-edilizio. È stato più facile scappare e ricostruire in immediata adiacenza. Un destino comune ai piccoli borghi, soprattutto appartenenti alle cosiddette “Aree interne” perché sono invisibili. Così il Borgo Fossi è diventato uno dei tanti borghi/città fantasma (“Ghost town”) dell’era moderna. Meno noto di altri borghi altrettanto “fantasmi”, anche perché Accadia è un piccolo abitato di una delle aree interne, che forse più interne non si può.
Eppure il Borgo Fossi, sia pur non ricco di grandi edifici nobili ed artistici, possiede una sua storia (i Dardani), fatta anche di antiche grotte preistoriche le “Fosse dei Greci” che devono questo nome agli spazi scavati nel pendio della collina ovoidale, dove vivevano gli “Orfici”, antichi eremiti del luogo. Queste grotte, con il tempo, si sono incastrate alle edificazioni successive, con tipologie abitative e piccolo-artigianali estremamente originali, uniche, con usi urbani tipici.
Nel periodo romano era un luogo di culto, anche per antico retaggio della locale e misteriosa Acca Dea (Accadia), divinità del luogo.
Nel Medioevo, una fortezza con resti del Palazzo Ducale. Di un certo rilievo storico è stato l’assedio subito da parte del Re aragonese, Ferrante I, nella contesa tra Angioini ed Aragonesi nella conquista del Regno di Napoli.
Dopo la caduta dell’impero Romano d’Occidente, subentra la dominazione bizantina, aprendo infine all’era moderna, segnata da un degrado socio-economico progressivo, ancora perdurante.
Nel 2022, Accadia e il suo Borgo Fossi, dopo tanto tempo di silenzio, nascosta nel suo verde assordante, è finalmente venuta alla ribalta, in quanto prescelta come Borgo-pilota (insieme a Pietramontecorvino – Borgo Torrevecchia – e Biccari – Centro storico) tra i 53 Borghi pugliesi partecipanti al Bando regionale rinvenente da PNRR – Linea B della Misura 2.1 del PNRR “Attrattività dei Borghi” – finanziamento 20 milioni di euro. La stessa Regione Puglia parteciperà come supporto globale allo sviluppo dell’iniziativa, auspicando, così, che la strategia generale di recupero del Borgo e della sua vasta area di influenza, sia, al tempo stesso, urbanistica generale ed edilizia particolare.
Il recupero partirà, ovviamente, dall’interessante corona di edifici più recenti che hanno resistito alla distruzione totale. Da questi procedendo per una contestuale, progressiva, se non preminente, visione globale di territorio, partendo dallo stesso borgo ombra. Il recupero contestuale macro-micro dovrà percorrere, quindi, l’intera ed ancora ignota tematica della Urbanistica dei Ruderi, che va a salire, assegnando a questi un’immagine di diffusione “antica e moderna” e resuscitando tessuti inaspettatamente nuovi. Recuperando il contesto dei “ruderi puri” in quanto tali; riconsiderando l’edilizia integrata di alcuni volumi pericolanti, con nuovi criteri di “consolidamento guidato”, fino al raggiungimento eventuale delle loro sagome originarie; completando non ampliando; ricomponendo i volumi edilizi con tecnologie moderne, ma semplici, riconoscibili, conformi alla “figura” dei luoghi (come numerosi esempi simili nel mondo).
I ruderi puri, assumono, in tal caso, il valore immanente di “segni”, come preesistenza storica-paesaggistica e di arredo guidato-significante. Ma anche come “pezzi di cuore”. Il tutto secondo un “Piano urbanistico-guida di territorio”, forse preliminare, preordinato alla restituzione di senso di contesto concettuale, che vola oltre i singoli manufatti, recuperato ad una collettività riconquistata all’unanimità sempre più larga. Coniugando, qui più che altrove, l’immagine complessiva di borgo e di territorio, compatibile con il luogo sintesi massima “urbano-territoriale”, di cui tanto si parla. E che per raggiungerla più facilmente è meglio partire dai territori fragili.
Il “verde invasivo interno” che, nel lungo tempo trascorso, si è impossessato del borgo, nascondendo le sue stradine elicoidali abbandonate, sarà utilizzato come collante iniziale e da questo proseguendo lungo l’interminabile sequenza di verde boscato esterno. Una contiguità lunga tra i boschi Paduli, Monte Tre Titoli, Bosco Macchione, e i boschi in territorio di Bovino; quindi captando e congiungendo, tra loro, i “luoghi rurali eccellenti” di grande contesto (a partire dal Torrente delle Gole di Accadia, e proseguendo, da una parte, verso Sant’Agata di Puglia e, dall’altra verso Bovino/Deliceto, fino al Santuario di Santa Maria di Valleverde, per fare un esempio. Immettendosi, quindi, nel corridoio ecologico del Cervaro, fino al mare.
L’Urbanistica specializzata è sempre stata portatrice di novità, anche se applicata a questioni che non consentono standardizzazioni, dovendo adottare, di volta in volta, comportamenti specifici a singole problematiche e contesti assolutamente peculiari. Però aguzza, comunque, la fantasia con aperture a sorpresa, anche verso sensazioni e temi più generali, applicabili all’Urbanistica corrente tout court, per la verità ancora sterile o drogata da false aspettative, e scoprendo, invece, estensioni concettuali nuove, più genuine, insospettate. Soprattutto ri-scoprendo “direttrici” invisibili, che delineano percorsi profondi di grande intensità, cui non avevamo pensato. Come i ruderi del Borgo Fossi, nascosti sotto gli alberi invadenti. Ampliando e restringendo, al tempo stesso, la scala psicologica dell’immenso. Il variegato territorio della Capitanata ha ancora di queste “magie a maglie larghe” da scavare e riportare alla luce. Altrimenti sarà sempre più piatta. Sarà un incantesimo ancora più sbalorditivo riportare in vista le aree interne della Daunia per ammirare le nuove facce di una Capitanata inebriata dal troppo vasto, che potrebbe essere sinonimo di vuoto.
Al momento l’Urbanistica vasta del “Borgo Fossi in poi” individua subito due evidenti direttrici essenziali. La prima è quella Accadia-Bovino, quest’ultimo centro nevralgico della Daunia settentrionale, da cui si diparte una “continuità di boschi” rispettivi, fino a comporre una misti-linea boscata sequenziale tra i due centri abitati e oltre. Siamo lungo la fascia del corridoio ecologico regionale del Cervaro, per attraversare il Tavoliere centrale, sotto Foggia, sfociando nel Golfo di Manfredonia – in pieno Mare Adriatico.
La seconda direttrice, più riavvicinata, è quella tra Accadia e Sant’Agata di Puglia, fantastico borgo quest’ultimo, che si apre a raggiera sulla fascia valliva dell’Autostrada A16 Napoli-Bari. Come per aspettare a braccia aperte il progetto di parallelo corridoio veicolare dell’Alta Capacità delle merci Napoli-Bari, con inserzione interna in direzione del centro Capitanata (Zona logistica Incoronata).
Ma adesso secondo il PNRR, più delle altre diventa evidente, adesso, la direttrice Accadia-Pietra Montecorvino-Biccari. Direttrice non evidente perché passata inosservata dentro il meccanismo fortuito della selezione regionale. Una casualità che ha, comunque, un senso postumo sostanziale, di progetto comune se si vuole. In termini di ulteriore necessità di congruenza territoriale unitaria, dentro un progetto territoriale concreto. “Sinergia di territorio”, questa volta riconosciuta attraverso un’ipotesi integrata di borghi.
La “figura urbana” dei tre Borghi (PNRR) hanno una analoga conformazione a semiluna od ovoidale, posti sulle rispettive colline emergenti. Sono segnati allo stesso modo da torri e residui di cultura normanna e oltre, lungo un pur differenziato periodo medioevale. Qui emerge il confronto storico prevalente tra il potere laico e quello religioso del tempo, lungo percorsi urbani dirimpettai. I grandi boschi subappenninici di “bordo sub-collinare” li uniscono, integrando tre grandi Aree vallive rispettive.
I tre Borghi punteggiano in modo singolare l’intero arco-cratere pede-subappenninico, a ridosso del grande Tavoliere centrale di Capitanata. Con una carica notevole verso un progetto aggiunto di riunificazione paesaggistica potenziale, dall’alto verso il basso. Il progetto mancato della Strada regionale n.1 poteva essere il supporto ideale per tutto questo. Ma così va la storia dei “finanziamenti a pioggia”. I tre Borghi (PNRR) si differenziano tra loro, ma come corollari l’uno dell’altro, ponendo il loro culmine simbolico nella disavventura del Rione Fossi. Immagine ribaltata in ri-crescita. La sua preliminare considerazione urbanistica dovrà, per questo, essere di profonda rigenerazione “vasta”, rimettendo in moto una dinamica più grande dello stesso Borgo Fossi. Lucera nella zona nord dell’intero arco pede-collinare, suggella in bellezza l’intenzione del nuovo arco. Sarebbe quasi opportuno, se non necessario, al proposito, uno “Schema direttore preliminare” Accadia-Pietramontecorvino-Biccari”, questa volta di PNRR. Veloce ed efficace come il vento.
L’Italia è un pittoresco Paese di eccellenza, anche grazie al suo grande numero di borghi, agglomerati con meno di cinquemila abitanti, caratterizzati da storia, arte, inserimenti paesaggisti in preponderanza, oltre ai puntuali riferimenti urbani e naturali di vario tipo. Il numero dei borghi abbandonati (“Italia che scompare”) è ovviamente minore rispetto al totale dei borghi attivi. 136 i borghi fantasma, parziali e/o totali, su un totale di otto novemila complessivi. I borghi dimenticati derivano da eventi vari, bellici, continui eventi sismici o altri cataclismi sempre più frequenti.
Nonostante le sporadiche dichiarazioni e promesse del Governo centrale, la generalità dei borghi (soprattutto abbandonati) è in sostanza marginale e quasi cancellato, per fortuna, spesso dal verde, che – quello sì – rimargina le ferite.
Ogni Piano di recupero dei borghi, sia abbandonati e sia non sufficientemente valorizzati, deve ripartire, allora, dalla propria essenza potenziale, ancora inespressa, facendo leva anche sulla umana “volontà di sopravvivenza”, che è la vera molla della sostenibilità. Recupero generalizzato e particolarizzato al tempo stesso. Borgo e territorio interconnesso. E viceversa. A partire da idee di recupero delle “Aree interne” come insieme organico interno e dai gangli dei loro Borghi. Ipotesi avanzate anche in tempi di pandemia, da parte di alcuni Archistar/Urbanisti.
I Borghi rappresentano la conservazione essenziale delle “tradizioni”, Artigianato, testimonianze minori diffuse, valore umano e tessuto sociale. Evitare lo spopolamento nel territorio disperso evita concentrazione eccessiva nelle agglomerazioni urbane principali, soprattutto metropolitane. Alcuni “Borghi fantasma” italiani, tra i più famosi, hanno già indicano alcuni percorsi significativi in merito, urbanistici-concettuali, non solo come diretto ritorno in termini residenziali stanziali, quanto per coinvolgimento territoriale vasto, prima impensato, con loro funzionalità diffusa ed effetti indotti. Si ritiene opportuno riportare alcuni casi, al proposito, con esemplarità di fondo.
Il “Rione Terra” di Pozzuoli è, forse, il più famoso. È il residuo tufaceo (evacuazione 1970) del fenomeno bradisismico dell’intera Area di Pozzuoli, famoso nel mondo, ma, anche, accompagnato da ripetuti terremoti, tra i quali l’ultimo quello dell’Irpinia. È intervenuto nel 2014 un Piano di Restauro generale, che lo ha aperto e reso visitabile, con l’aggiunta del fascino tetro di presunte strane apparizioni (miti partenopei?).
È stato privilegiato un percorso archeologico sotto la Rocca del Rione (con l’aggiunta di paralleli percorso sotterraneo alla ricerca dell’antica Puteoli), con evidenza di decumani e cardi, botteghe e taverne antiche. Museo a cielo aperto così definito da Alberto Angela: “C’è un quartiere dove i capitoli della lunga storia di Pozzuoli si sono sovrapposti come pagine di un libro: il Rione Terra“. Dario Franceschini, lo aveva definito “un sito che può attrarre tutto il mondo, da far invidia a chiunque. Il recupero di questo borgo, con lo spettacolare panorama che si ritrova il percorso archeologico, la realizzazione di un albergo diffuso da 600 posti letto e le annesse strutture ricettive e museali, è senza dubbio un’occasione di sviluppo e occupazione per questa terra”.
Il progetto di restauro, anche in questo caso, guarda al territorio vasto – intera Area Flegrea (Nisida, Baia) – Comune di Pozzuoli e Regione Campania.
Craco (1154-1168) è un altro importante “Borgo fantasma” in Basilicata, a 50 km da Matera, verso il mare Ionio – con analogie evidenti ai Sassi di Matera, e, (perché no?) alle Grotte di Accadia. Era un centro strategico militare aggrappato alla sua collina conica, con la Torre normanna al culmine. Nel 1963 è stata abbandonata per una frana lenta, anche per successivi terremoti.
Le case aggrappate alla roccia sembrano essere un tutt’uno alla roccia naturale, attorno alla Torre normanna. Nel 2015 il Borgo di Craco è stato dichiarato di “notevole interesse pubblico”, quindi, sottoposto a tutela integrale, con il fine di conservare i caratteri peculiari dell’Abitato, ma anche del suo territorio circostante. Craco, è costituito da edilizia spontanea in simbiosi a Palazzi nobiliari ed Edifici religiosi di notevole interesse. Seguirà un successivo “Piano di valorizzazione”, indirizzato a visite turistiche guidate all’interno del Centro storico, attraverso “percorsi in sicurezza” appositamente progettati. A suo tempo il Comune aveva ipotizzato il modello del “Craco Card Daily”, ticket individuale turistico, di adesione e sostegno volontario al progetto di valorizzazione contestuale dei beni artistici, archeologici e paesaggistici di Craco.
Craco, prototipo di Borgo medievale della Lucania, è paesaggio polisemico, in termini di sacralità, con uno speciale rapporto con la natura, alla ricerca di una realtà archetipa, intrisa di spiritualità simil paesaggio biblico, immettendo le immagini antiche in una nuova “visione mitica contemporanea”, come, del resto, per tutti i progetti riguardanti i “Borghi fantasma”.
Sono intervenute iniziative cinematografiche su vari Borghi “assenti” (“torno subito”), tesi di laurea, ricerche universitarie. L’evidenza immaginifica del “luogo” è la migliore pubblicità turistica. Ma è anche un forte simbolismo di assenza presente. La “residenza”, riportata a tutti i costi, non può essere la prima mossa, mentre lo è il recupero-volano degli edifici di eccellenza, monumenti, servizi di eccellenza, più che quelli di vicinato.
Sempre al sud si può riferire anche il caso di Apice vecchia (la “Pompei del Novecento”), tra Avellino e Benevento. In un primo momento, dopo il terremoto del 1962, la popolazione è stata trasferita, per cautela essenziale, scelta opportuna dopo l’ulteriore terremoto del 1980. Solo il barbiere Tommaso di Apice è rimasto, continuando imperterrito il suo lavoro. Per chi?
Non è solo un aneddoto, ma una filosofia di recupero concettuale, aggrappandosi al “Chi”, non solo al “Cosa”. Una delle persistenze essenziali è il sentimento umano, che non è solo voglia di tornare alla cosiddetta “normalità”, invece perduta. Nei progetti di recupero dei Borghi fantasma l’emozione non è complementare! È un concetto che va ripetuto in modo diverso dal passato, anche negli scenari di una nuova Urbanistica generale, per ritrovare profondità di sensazioni umane. Un salto di qualità totale.
I pochi casi di ‘Borghi fantasma” proposti sono sufficienti a dimostrare che il Borgo Fossi di Accadia, ha un poco dell’uno e dell’altro, per cui il progetto urbanistico di recupero del Borgo Fossi potrebbe acquisire una importanza moltiplicativa, di vero progetto-pilota di futuro. Gli interventi edilizi e funzionali degli edifici in parte già recuperati saranno i bottoni pregiati sopra un vestito urbanistico generale ancora più bello. I Ruderi nel contesto si esaltano molto più quando esaltano il tutto. Come i denti bianche in una persona solare.
Eustacchio Franco Antonucci
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