
Che noia! Siamo sempre qui a ribadire le solite quattro cose peraltro scritte nella Dichiarazione Onu dei diritti delle persone con disabilità, scritte nella dichiarazione di Dresda, dette anche dal presidente Mattarella, ribadite persino sulla pubblicità della carta igienica e degli omogeneizzati. Ovviamente quella della carta igienica e degli omogeneizzati è una pessima battuta di spirito dell'estensore dell'articolo.
Si sa. L'accessibilità deve essere per tutti e in tutti i contesti, le persone disabili devono partecipare alla cultura e alla vita sociale del paese. Tutto bello, tutto sacrosanto. Ma tutto crolla e diventa fumo, tutto diventa fiato sprecato, quando semplicemente verifichiamo che ci sono dati che parlano da soli. In Italia ci sono, dal rapporto Istat 2019, 3.100.000 persone disabili. L'assenza di accessibilità fa sì che solo il 9,3% delle persone con disabilità vadano al cinema, teatro, concerti musei, contro il 30,8% degli abili. Cifre sconfortanti eppure la situazione è questa.
Eppure non mi stancherò mai di frequentare mostre, cinema, teatri, luoghi di cultura, di riunione e di spettacolo. Lo farò nonostante la mia tetraplegia e il fatto non meno grave che la disabilità rappresenti, nella maggior parte dei casi, una caduta a precipizio verso il basso nella scala sociale. Essere disabili significa nella maggior parte dei casi ritrovarsi tra le fasce povere della popolazione. Perché mancano o sono insufficienti i sussidi, i servizi, si è esclusi dal mondo del lavoro. A tutte queste carenze il singolo deve sopperire con fondi propri, con economie proprie. E se non ne ha?
Detto questo, che è la cruda realtà, ogni volta che ci sono tentativi di andare oltre l'esistente, di immaginare, di creare “buchi nella realtà”, io ci sono.
C'ero anche la sera del 29 aprile al Teatro Carcano, dove ho assistito allo spettacolo di danza Triple Bill inserito nella tre giorni di Presenti Accessibili tenutasi a Milano il 27, 28, 29 aprile 2022.
C'ero giovedì 29 aprile.
Il viaggio in metropolitana tutto sommato era stato anche gradevole. Gli agenti di stazione sono sempre riusciti a mettere le pedane per farmi entrare uscire dalle carrozze, cosa non così scontata. Sono state tante le volte che mi hanno dimenticato sui treni e ho dovuto imprecare e improvvisare.
La serata era tiepida, appena uscito dall'ascensore della linea della metropolitana gialla mi sono subito scontrato con la disabilità. Non immaginate carrozzine, mancanza di arti, sordità, cecità, e tutte le amenità, la pletora di infermità cui siamo abituati quando si pensa alla disabilità. La disabilità di cui parlo è ben diversa, è quella della povertà. È quella di un giovane uomo che con il suo cane sta su un materasso di fianco alla vetrina di una banca, a poca distanza dal teatro, luminosissimo e piacevolissimo, il Carcano. Poi sì, è arrivata anche la disabilità a cui siamo abituati.

Mi hanno colpito molto le mascherine che Ginevra, presidente dell'Associazione Fedora indossava, una parte trasparente lasciava intravedere il suo sorriso e le labbra, indispensabili nel dialogo con persone che sono aiutate dalla lettura del labiale nella comunicazione con gli altri. Lei e Luca, sempre di Fedora, mi hanno spiegato come una mascherina di questo genere sia indispensabile per le persone sorde. Luca mi ha illustrato anche che alle persone sorde erano stati forniti degli zainetti, che trasmettono le vibrazioni della musica al corpo. Quindi consentono di partecipare in modo più completo e immersivo allo spettacolo. Di questi zaini non ce ne erano molti. Per cui alcuni degli spettatori avevano semplicemente dei palloncini, quelli normali e colorati che si vendono alle fiere. Tenendoli in mano e comprimendoli leggermente si avvertono le vibrazioni della musica.
Come al solito stewart e hostess del Carcano erano gentili, attenti e scrupolosi. C'era una bellissima pedana per entrare dall'ingresso principale, una novità che mi ha riscaldato il cuore. Spesso le persone disabili entrano da ingressi laterali. Anche questo è un modo per svilire la partecipazione a eventi sociali e culturali. Di solito nei film degli anni Cinquanta sulla segregazione erano i neri che entravano dagli ingressi posteriori, i neri e gli operai. Entrare dall'ingresso principale fa la differenza.

Le luci si sono spente e così è arrivato Feeling Good, il primo spettacolo. Interessante. Era una coppia di ballerini, lui normodotato (brutta parola) e lei disabile (altra brutta parola che non significa niente, perché poi quando guardi le performance ti viene veramente da chiedere “disabile chi?”). Lui faceva da metronomo, lei aveva un corpo statuario e una fisicità affascinante, non vi dirò quale fosse la sua disabilità perché tanto non è questo il punto. Lei tracciava geometrie e passi di danza di grande tecnica e di grande maestria. Sicuramente di pregio questo primo spettacolo, anche se la coreografia non mi ha particolarmente trascinato.

Arrivati a Fine Lines, il secondo spettacolo della serata, la magia si è accesa. Quando vedo performance di questo genere mi viene sempre da dire “Ma chi se ne frega della disabilità, delle carrozzine, dei discorsi sociali”. Quella interpretata dalle due protagoniste sul palco era arte, era incantamento, pieno possesso degli strumenti espressivi, coreografici, drammaturgici. È quella l'arte, l'arte che voglio vedere. E quando c'è l'arte la differenza tra corpi perfetti e corpi alla ricerca della loro perfezione svanisce. Appare soltanto la bellezza di una ricerca umana, che non bada più a categorie, a etichette.

Set and Reset, il terzo spettacolo è stato una delusione. Salverei però i costumi. Mi dispiace per la compagnia, per i ballerini. Non basta mettere in scena una carrozzina e altre disabilità per creare arte. La coreografia era estremamente debole, il muoversi degli artisti sul palco non sembrava motivato da un tessuto drammaturgico, da ritmi che potessero coinvolgere e interessare.
La più grande e vera emozione della serata è stata comunque vedere le mani alzate da parte del pubblico sordo, che si agitavano nell'aria. Quello è il loro modo di applaudire: mani alzate protese a coppa, che ruotano come se stessero freneticamente avvitando delle lampadine. Splendido modo di applaudire, splendido modo di partecipare a un mondo che è giusto che sia di tutti, il mondo dell'arte.
Sicuramente non è stata una serata scontata e banale. La giovane e solida direttrice di sala Beatrice Rossi ha tenuto a sottolineare che l'impegno dei tecnici è stato notevole. Non era semplice mettere insieme tre compagnie con esigenze tecniche differenti l'una dall'altra.
Resta molto da fare sia per l'accessibilità nel mondo dell'arte sia per l'accessibilità in generale. Sono comunque convinto che in questo il Teatro Carcano, sotto la direzione artistica di Serena Sinigaglia e Lella Costa, possa dire una parola importante su temi come quello dell'accessibilità negli spazi pubblici. E lo sta già facendo con serate come quella dedicata a Triple Bill che danno una chiara testimonianza di come vogliano e possano aprirsi ad esperienze nuove, e trasformare il teatro in un punto di riferimento non soltanto per gli artisti ma per tutta la cittadinanza.
Una strada che speriamo possa portare il Carcano – come spiegato dal direttore del teatro Andrea Minetto – a collocarsi tra le grandi realtà, in grado di attrarre non solo spettatori ma anche dibattito culturale.
Teatro Carcano – Milano
Oriente Occidente, Ministero della Cultura e Regione Lombardia, in collaborazione con Al.Di.Qua. Artists, organizzano il primo evento internazionale Presenti Accessibili. Laboratori, incontri, spettacoli su arti performative e disabilità che si svolgerà a Milano negli spazi di Fabbrica del Vapore, a Palazzo Lombardia e al Teatro Carcano, dal 27 al 29 aprile.
Feeling Good
Coreografia Diego Tortelli
Danza Cristian Cucco e Annemieke Mooij
Luci Carlo Cerri
Video graphic design Michele Innocente
Durata 15'
Coproduzione Oriente Occidente e Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto, come parte di Europe Beyond Access, una rete co-finanziata da Creative Europe un programma dell'Unione Europea
Fine Lines
Creazione e coreografia Roser López Espinosa
Performer Madeleine Månsson e Anna Borràs Picó
Musica Mark Drillich
Luci Mattias Jonsson
Costumi Åsa Gjerstad
Durata 20'
Produzione Skånes Dansteatre, come parte di Europe Beyond Access, una rete co-finanziata da Creative Europe un programma dell'Unione Europea
Set and Reset/Reset
Coreografia di Set and Reset (1983) Trisha Brown
Coreografia di Set and Reset/Reset Combinazione tra l'originale e la coreografia dei danzatori di Candoco
Direzione Set and Reset/Reset (2021) Abigail Yager
Co-direzione Set and Reset/Reset (2021) Jamie Scott
Musiche Laurie Anderson (per gentile concessione di Canal Street Communications/Laurie Anderson Studio)
Costumi Celeste Dandeker-Arnold OBE (su design originale di Robert Rauschenberg nel 1983)
Scenografia David Lock (su design originale di Robert Rauschenberg nel 1983)
Luci Chahine Yavroyan
Danzatori Megan Armishaw, Joel Brown, Olivia Edginton, Tanja Erhart, Adam Gain, Laura Patay, Susanna Recchia, Toke Broni-Strandby
Coprodotto da Migros Culture Percentage Dance Festival Steps
Durata 25′
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