
Lo SPRAR è il sistema di protezione per rifugiati e richiedenti asilo costituito dalla rete degli enti locali. Si occupa della sola accoglienza dei migranti che hanno lo status di rifugiati. L’accoglienza è per piccole entità diffuse sul territorio nazionale e la si organizza attraverso progetti di varia natura (da piccoli laboratori, alla conoscenza della lingua, a corsi …) attraverso la collaborazione tra l’associazionismo e il terzo settore in generale e i comuni. Nato nel 2001 ha visto passare dai 1.365 posti disponibili del 2003 ai circa 28.000 attuali.
Abbiamo parlato con il giornalista Ciro Oliviero che ha realizzato una serie di video che raccontano alcune di queste Storie di ordinaria accoglienza.
Direi di iniziare dal principio. Che idea si è fatta da giornalista dello SPRAR, il sistema di protezione per rifugiati e richiedenti asilo costituito dalla rete degli enti locali? Come è organizzato? Riesce a svolgere le sue funzioni per cui è nato?
L’idea che mi sono fatto del sistema di accoglienza e protezione per rifugiati e richiedenti asilo attraverso questo viaggio per quattro Sprar dislocati in varie aree del Paese è diversa da quella che ci si può fare quando leggiamo o ascoltiamo anche dai nostri stessi colleghi. L’idea, che poi risponde a quello che ho potuto tastare personalmente, è che il sistema funziona.
In molti casi le persone che vengono accolte, anche al termine del proprio percorso, restano nei comuni che le hanno accolte. Ci sono molti casi anche di rifugiati che restano a collaborare come mediatori culturali nelle comunità dove loro stessi sono stati ospiti. La rete degli enti locali è fondamentale per la realizzazione dei progetti. Così come è fondamentale l’apporto che le associazioni, le cooperative danno nello svolgimento dei progetti stessi. Lo Sprar è l’esempio che il rapporto tra pubblico e privato può funzionare bene. A parte pochi casi, che sono stati riportati dalle cronache, è un circuito pulito e che realizza la vera integrazione tra rifugiati e cittadini dei luoghi dove sorgono le comunità. A Monte San Biagio, comune in provincia di Latina dove sono stato per questo lavoro, è nata anche una storia d’amore tra un ex richiedente asilo e un’operatrice della cooperativa.
I quattro minuti di video che raccontano Storie di ordinaria accoglienza come nascono? Quanti ne sono? E chi ha coinvolto nella realizzazione e produzione? Quale l’origine dei finanziamenti?
La soglia di attenzione di una persona davanti ad un video, in special modo di questo tipo, si aggira intorno ai quattro minuti. La scelta dei tempi dettata da questo. Il format è stato ideato da Simone d’Antonio, membro dell’ufficio di Cittalia, la Fondazione legata all’Anci che gestisce il servizio di accoglienza. I video sono una decina. Una prima parte realizzati nel 2016 dalla collega Veronica Di Benedetto Montaccini. Io ne ho realizzati quattro, nei primi mesi dello scorso anno, avvalendomi del contributo di Giuseppe Galeone, altro membro dell’ufficio di Cittalia. Più che coinvolgere io qualcuno sono stato coinvolto dalla Fondazione per la realizzazione di questo lavoro. La stessa Cittalia ha provveduto alla copertura dei costi.
Uno degli aspetti più interessati e che spiega l’enorme importanza dell’accoglienza, non solo da un punto di vista etico e umanitario, è quello di un argine enorme all’impoverimento demografico, “misura di contrasto allo spopolamento” come ha detto in uno dei video il sindaco di Sant’Alessio in Aspromonte, un comune di 650 abitanti dove con l’arrivo di nuovi bambini ha consentito di mantenere aperte le scuole dei paesi vicini. Ci sono altre ragioni “opportunistiche” che aiutano ad abbattere pregiudizi che sindaci o cittadini possono avere e che lei ha potuto osservare?
Quello a cui fa riferimento nella domanda è una dichiarazione di Stefano Calabrò, sindaco di Sant’Alessio in Aspromonte, piccola comune in provincia di Reggio Calabria. Quello è un aspetto importantissimo per i piccoli comuni come Sant’Alessio. E in Italia ce sono tanti di piccoli comuni e molti ospitano rifugiati. Le ragioni possono essere varie. E mutare a seconda dei territori, della grandezza dei comuni. L’opportunità principale, che in qualche modo viene anche ribadita in ogni video, è l’arricchimento. E non è una frase fatta. L’arricchimento non solo per gli ospiti che conoscono un Paese, una lingua, una cultura nuove. Arricchimento anche per noi. Quello che ho ripetuto più volte in questi mesi è che quel viaggio mi ha riempito di conoscenza. È come se avessi viaggiato per qualche ora nei vari Paesi di origine dei rifugiati che ha avuto la fortuna di incontrare. E questo me lo hanno ribadito anche sindaci, operatori, cittadini. Che questo sistema sia un’opportunità per il Paese lo testimonia anche il fatto che amministrazioni di ogni colore politico vi hanno aderito.
Di questo suo lavoro quali situazioni l’hanno maggiormente impressionato, da un punto di vista professionale o umano?
Come dicevo prima dal punto di vista umano è un arricchimento senza paragoni. Incontrare e confrontarsi con persone di culture completamente differenti dalla nostra è un’esperienza che mi sento di consigliare. E non è necessario attraversare il mondo, come dimostra questa esperienza che ho avuto il piacere di fare lo scorso anno. Dal punto di vista professionale mi ha dato una visione più chiara di un tema, quello dell’integrazione, dell’accoglienza, del quale mi occupo da diversi anni.
Tito Boeri ha detto che sono 5 i miliardi di saldo positivo per l’Italia grazie ai migranti. In base all’esperienza che ha fatto pensa che si possa estendere a numeri decisamente più grandi un sistema diffuso di accoglienza?
Il contributo dei migranti al nostro Paese è fondamentale, checché ne dicano alcuni esponenti politici in cerca di qualche voto in più in vista delle imminenti politiche. Forse pecchiamo nella diffusione di questo messaggio. Non comunichiamo a sufficienza quanto incidano i migranti nell’economia di questo Paese. Molto spesso a caro prezzo, come hanno raccontato bene alcuni colleghi con dei reportage dai campi di sfruttamento del lavoro nero in Puglia o in Calabria. Ci sono tante storie che andrebbero raccontate. Storie di resistenza, di imprenditoria dal basso. Ci sono migranti che hanno costruito piccole imprese dando anche lavoro agli italiani. Storie che mi piacerebbe raccontare.
E noi daremo spazio a queste storie.
Pasquale Esposito
I video
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