
È facile trovarsi in un mare di stereotipi quando si parla di nazioni e popoli africani, a cominciare dal fatto che spesso si accomunano le culture dei 54 paesi dove vivono 1,3 miliardi di persone. Va aggiunto che in Occidente, specie dalle nostre parti, le notizie riguardanti i paesi africani si concentrano sui tanti problemi che le attanagliano. Ma i paesi africani si esprimono con grande creatività e efficacia in tutti i campi del sapere e in tutti i settori economici.
Un’idea di che cosa sia stata e sia sempre di più l’espressione artistica e imprenditoriale la si potrebbe cogliere, per il mondo della moda, visitando al Victoria & Albert Museum di Londra la mostra – aperta fino al 16 aprile 2023 – Africa Fashion che «si dispiega come un percorso che tra fotografie, video, bozzetti, interviste ed estratti editoriali, parte dall’indipendenza africana e gli anni della liberazione, determinanti per la trasformazione dell’assetto politico e sociale del continente, per esplorare come la moda, la musica e le arti visive si siano sviluppate andando a costituire una parte chiave della rinascita culturale del paese e un terreno fertile per la rivoluzione nell’ambito della moda di questi anni» [1].
Quella delle aziende tecnologiche e delle startup è una vista che ancor di più guarda al futuro dei vari paesi e dell’Africa. Un futuro che già adesso vede realtà imprenditoriali che possono vendere tecnologia e know-how ai paesi sviluppati.
Un esempio arriva dall’azienda Afrigen Biologics and Vaccines di Città del Capo, Sudafrica. Fondata nel 2014 da un istituto di ricerca di Seattle (USA) e finanziata da una società di sviluppo industriale sudafricana e da un gruppo di investimento multinazionale avviato da professionisti della sanità, con la missione di espandere la produzione locale e aumentare l’accesso a vaccini e terapie in Africa. Adesso è al centro di uno sviluppo mondiale lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’obiettivo del progetto è quello di produrre vaccini a mRNA per molto malattie, oltre alla Covid-19. Al momento solo Moderna e Pfizer-BioNtech producono vaccini a mRNA, ma non condividono il loro know-how. E così « l’OMS e i suoi partner hanno arruolato Afrigen per capire come produrre vaccini mRNA – e quindi insegnare quel know-how praticamente gratuitamente ai produttori nei paesi a basso e medio reddito» [2]. Ci sono ancora diverse questioni da risolvere come la produzione su vasta scala e il tema dei brevetti Moderna che essendo stati concessi per il vaccino anti Covid-19 non possono essere utilizzati per altro.
Da sottolineare che ricevono richieste di collaborazioni – sia da istituti di ricerca che da aziende – da tutto il mondo [3].
Quelle delle collaborazioni e degli affari con il resto del mondo, con trasferimento di tecnologia dall’Africa non è un caso raro. Al Social Enteprise Open Camp (Bari – Matera 21-24 ottobre 2022) l’esperto di intelligenza artificiale Ronald Katamba (Kampala, Uganda) sta aiutando i pastori locali «ridurre la mortalità del bestiame, i furti, e ad accedere al mercato grazie a un microchip impiantato dietro l’orecchio che consente di monitorare la posizione e una serie di parametri vitali delle mandrie. […] allena il sistema di machine learning per provare a predire disordini digestivi, fertilità, zoppia. I dati raccolti in aree rurali – dove i veterinari difficilmente arrivano – possono, inoltre, essere condivisi col governo, per migliorare fondamentali piani di prevenzione epidemiologica. […] dichiara, la sua società genera già ricavi per oltre un milione di dollari, e vende fino in Ohio, lì dove comincia il Midwest americano» [4].
Per guardare al futuro di alcune nazioni africane, del continente e del resto del mondo vale la pena osservare il fenomeno delle startup. Un articolo di Forbes Africa ci ricorda come qualche anno fa, l’Amazon dell’Africa Jumia Group (Lagos, Nigeria) era l’unica azienda “unicorno” (un’azienda di solito con meno di 10 anni, valutata 1 miliardo di dollari o più da investitori pubblici o privati) grazie alla sua piattaforma personalizzata di commercio elettronico che serve molti utenti sparsi nel continente. «Nel 2019, Jumia è diventato il primo marchio del continente a quotarsi alla Borsa di New York (NYSE), dopo aver ottenuto una valutazione di 1,6 miliardi di dollari l’anno precedente. Da allora, altre sei aziende sono entrate in questo club molto elitario [quello degli “unicorno”, ndr], […] “Suppongo che l’ascesa degli unicorni africani stia iniziando a convalidare il potenziale delle aziende africane”, afferma Ian Lessem, Managing Partner di HAVAÍC, un’azienda in Sudafrica che investe in attività tecnologiche in fase iniziale e ad alta crescita. […]. Sebbene gli ecosistemi di startup continentali siano relativamente giovani rispetto a mercati più sviluppati come Stati Uniti (USA), Israele o Regno Unito (Regno Unito), ogni anno crescono di circa il 15% più velocemente rispetto a questi mercati più maturi, secondo Lessem » [5].
Del settore farmaceutico è l’azienda con il più alto livello di finanziamento (oltre 3,8 miliardi di dollari) è Aspen Pharmacare (Durban, Sudafrica) è un fornitore globale di prodotti farmaceutici di marca e generici. Con oltre 400 milioni di dollari troviamo Sun King (Nairobi, Kenya) che progetta, distribuisce e finanzia soluzioni di energia solare domestica per famiglie e aziende che non dispongono di un accesso affidabile alla rete. Zipline (Kigali, Ruanda) ha ottenuto finora 370 milioni di dollari di finanziamento per le sue attività di consegna di forniture mediche utilizzando droni automatizzati.
Egitto, Nigeria, Kenya e Sudafrica sono i paesi che più degli altri riescono a fruire dei finanziamenti. in capitale di rischio. Secondo i dati di The state of tech in Africa (Partech, 2021), hanno raccolto circa il 62% di questi investimenti tra il 2014 e il 2019. Il Senegal è diventato il secondo Paese africano ad aver varato uno Start-up Act (dopo la Tunisia) e il primo Paese francofono dell’Africa sub-sahariana a veder emergere un unicorno sul proprio territorio, con Wave, un’azienda nel settore dei pagamenti e trasferimenti di denaro e che ha recentemente raccolto 200 milioni di dollari [6].
La vitalità dell’imprenditoria africana è dimostrata dal fatto che nel 2021, secondo l’African Private Equity and Venture Capital Association, 604 startup africane hanno raccolto un totale di 5,2 miliardi di dollari. Anche se si tratta di meno dell’1% investito nel mondo, è una cifra superiore al totale investito nei sette anni precedenti [7].
Pasquale Esposito
[1] Africa Fashion, una mostra a Londra sulla moda africana, 4 Luglio 2022. Uno dei tanti articoli sulla mostra e sul suo significato è quello di Elizabeth Paton, The Largest Ever Exhibition on African Fashion Just Opened in London, 7 luglio 2022, in cui l’autrice esordisce scrivendo «L’influenza dell’Africa e della sua scena della moda ha ridefinito la geografia dell’industria della moda negli ultimi anni, rompendo le barriere con la sua vitalità e la sua rivisitazione di ciò che può essere la creatività. Un continente la cui moda è stata spesso imitata, ma ampiamente sottovalutata dall’Occidente, sta vivendo un momento atteso da tempo sotto i riflettori».
[2] Nurith Aizenman, How a scrappy African startup could forever change the world of vaccines, 28 dicembre 2022
[3] Nith Aizenman, ibidem
[4] Antonio Piemontese, Lo startupper africano che vende Ai per gli allevamenti agli Stati Uniti, 23 novembre 2022
[5] Marie Shabaya, Chanel Retief, Lillian Roberts, e Peace Hyde, Part 1: Ventures And Valuations: Africa’s Billion-Dollar Startups, 9 dicembre 2022
[6] Maureen Songne, Viva Tech: malgré son retard, l’Afrique francophone s’affirme, 23 luglio 2022
[7] African startups are raising unprecedented amounts. What-next?, 21 luglio 2022
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