
In scena una dea.
Ana Morales si presenta da sola, accompagnate dalla batteria di Javier Martinez, che miscela sapientemente percussioni e musica elettronica. I gesti della bailaora sono eleganti, stilizzati, necessari. Per rintracciare la stessa necessità devo fare un salto fino all'arte kabuki, distante, remota, esotica, ma che pur da epoche e luoghi lontani evoca la stessa necessità.
Divina Ana Morales, talmente splendida da incarnare alla perfezione l'eterno femminino. La sua presenza è un condensato di energia, di forza, di poesia. Riesce ad assumere pose plastiche nell'immobilità della scena, tanto quanto a scatenarsi in un ballo forsennato, in cui il corpo è pura poesia. Mentre le note della chitarra di Juan Antonio Suarez detto Canito si sollevano fino ai soffitti del teatro Strehler. Costruendo un contrappunto accorato, frenetico, delicato, alla danza della bailaora
È la seconda serata del Milano Flamenco Festival 2021, Segni del tempo, Memorie -Visioni – Contrasti. e noi siamo trascinati da Ana Morales nel suo Sin permiso: canciones para el silencio.
Ancora una volta, come nella prima serata, troviamo una scena essenziale. A dominare non sono gli orpelli, ma la coreografia di un ballo che racconta una vita intima, l'amore per un padre, i silenzi tra una figlia e un padre. È un ballo che non racconta solo una storia d'amore ma i tanti amori, che insieme costituiscono una vita.
Col suo ballo struggente, forsennato, pacato, la Morales racconta anche l'amore per un uomo, l'attrarsi, il respingersi, il fondersi, l'abbandonarsi, il lasciarsi, che è in ogni amore. In questo racconto di corpi la potente presenza scenica di Ana Morales, che mostra un'assoluta padronanza di mezzi artistici, trova una degna controparte nelle movenze e nei ritmi virili del bailaor José Manuel Álvarez, con cui Ana Morales si respinge, si fonde, si separa.
Sin permiso è una storia di amori, amore per il flamenco, amore per l'Andalusia.
Non poteva esserci titolo più adatto di Sin permiso. Di fatto la meravigliosa Ana Morales non chiede permesso a nessuno, neanche alle leggi di gravità per mettere in scena un ballo in cui tradizione, contemporaneità, avanguardia, si fondono e coesistono in perfetto equilibrio. La sua non è una danza, il suo non è più neanche flamenco. Quello di Ana Morales è un viaggio intimo che si fa movimento.
Non possiamo seguire tappa per tappa l'evolversi della storia raccontata sulla scena. Non potremmo perché non conosciamo le parole del canto, potente, evocativo, drammatico, gioioso di Juan José Amador. È meglio così. Come si aguzzano gli altri sensi quando ne viene a mancare uno, non conoscendo le parole abbiamo dovuto ascoltare e affidarci alle emozioni trasmesse da Ana Morales e dalla sua compagnia.
Abbiamo l'impressione che con Galà Flamenco della prima serata ci siamo trovati più vicini alla tradizione dei tablao, mentre Ana Morales si lancia in una maggiore sperimentazione. Ad unire idealmente i due spettacoli rimane l'essenzialità della scena, e i pochi cambi d'abito giocati durante tutto lo spettacolo.
Ana Morales si destreggia magistralmente con una bata de cola color cipria, togliendolo, indossandolo, usandolo come mantello, come vestito. L'abito tradizionale della bailaora nelle mani dell'artista non è più un accessorio, è un prolungamento dell'anima e dell'intenzione. Pretesto per dare voce alla propria poetica.
C'è anche una gonna rossa, c'è anche un abito maschile rubato, donato, preso, al suo compagno José Manuel Alvarez. Ana indossa giacca e pantaloni del suo compagno per interpretare un ballo suadente, scatenato, sin permiso, mirabilmente sottolineato da un uso accurato delle luci, che mettono in risalto e sottolineano stati emotivi e cambi di passo di ciò che avviene sulla scena.
Incredibile l'energia di questa donna, di questa artista, di questa bailaora, che ha calcato le tavole del palcoscenico per 75 minuti concedendosi senza riserve, senza risparmiarsi, a un pubblico che sottolineava con applausi e incitamenti i passaggi cruciali dei due ballerini.
Geniale il finale. Invece di concludersi su movimenti concitati e rutilanti, si chiude su un silenzio, quasi una sospensione nei pensieri e nei gesti che prelude a possibilità ancora da esplorare.
Straordinaria l'energia della bailaora che a conclusione dello spettacolo ha presenziato al dibattito Residenza artistica: scambi culturali per il futuro della creazione.
Alla domanda qual è il futuro del flamenco Ana Morales ha risposto di cuore e con una grande sorriso che Il flamenco ha tutto il futuro del mondo. Poiché il flamenco e cosa viva e gli artisti si limitiamo a dargli voce.
Nel suo intervento la Morales ha tenuto a sottolineare che il flamenco è una forma d'arte, un'espressione artistica, in cui tradizione, modernità, avanguardia, sono sempre coesistite. La bailaora ha fatto degli esempi, invitandoci a riflettere sul fatto che un tempo i ballerini non muovevano le mani e il bacino. La loro era una danza molto “rigida”. Invece oggi consideriamo come classici quei movimenti. Qualcosa che per noi oggi è tradizione un tempo era avanguardia.
La Morales si è espressa con entusiasmo e con estremo favore rispetto alle residenze, l'ospitalità che istituzioni come i teatri concedono agli artisti, offrendo diverse occasioni, tra cui la possibilità di provare nei teatri, o di ottenere una diaria, un finanziamento.
Avendo un luogo a disposizione si possono verificare e perfezionare gli spettacoli, si può comprendere se il disegno delle luci è in grado di sottolineare le emozioni, i movimenti, o se c'è la necessità di effettuare cambiamenti.
Le residenze sono sicuramente una grande possibilità, che consente agli artisti di evolvere, di crescere, professionalmente ma anche umanamente, di compiere una crescita interiore che poi si riversa sugli spettacoli, sulla danza.
Se è così, e siamo certi che lo sia, invitiamo il ministro Franceschini a non dilapidare i soldi nella Netflix dell'arte, con quel prodotto malsano, quell'obbrobrio, che è Itsart, ma di moltiplicare le residenze. È anche grazie a queste che artisti come Ana Morales possono spiccare il volo e restituirci il bello, vera medicina di un'epoca.
Piccolo Teatro Strehler
23 giugno 2021, ore 19.30
Compagnia Ana Morales – Sin permiso – Canciones para el silencio
ballo e coreografia Ana Morales, José Manuel Álvarez
collaborazione coreografica David Coria
regia, drammaturgia Ana Morales, Guillermo Weickert
chitarra Juan Antonio Suarez “Canito”
canto Juan José Amador
batteria e musica elettronica Javier Martinez
organizzazione e direzione artistica Maria Rosaria Mottola per Punto Flamenco
www.puntoflamenco.it; info@puntoflamenco.it
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