Un’AnimA nella Valle del Sagittario

Abruzzo, Introdacqua
history 9 minuti di lettura

È sicuramente riscontrabile nella realtà il luogo comune per cui «nessuno è profeta nella sua patria», ma quando è smentita dai fatti riserva un gradimento poco comune. Resta da chiedersi se è da questa considerazione che Nicholas e Stefano De Grandis sono partiti per sfidare il luogo comune. Oppure se hanno dovuto rispondere all’irresistibile richiamo delle radici che, dal punto di vista ambientale hanno risorse notevoli seppur godano di storia giovanissima nell’enogastronomia. Anzi diciamo che si tratta di storia nel centro dell’Abruzzo, quella del cibo gourmet, appena abbozzata e solo negli ultimi anni.

Nicholas, ci racconta sua madre Lorena, era già nella condizione di rasserenare i sacrifici materni quando in giovane età, dopo studi nella patria dei cuochi, a Villa Santa Maria (sede della famosa scuola alberghiera Giovanni Marchitelli nata nel 1939 nel cuore dell’Abruzzo tra il parco della Majella ed il Lago di Bomba, nella Valle del Sangro), era approdato a Londra. Chef de Partie da Harrods, dopo aver lavorato anche a Villa Novecento a Courmayer, come è destino per gli studenti provenienti da quella scuola. Stefano, l’altro figlio, in modo inizialmente imprevedibile, si rivelava essenziale nella sua lucida capacità espositiva, senza fronzoli, e con una attitudine consolidata a far trasparire il suo rispetto per l’ospite. Lo aspetta un efficace lavoro in sala senza il quale sarebbe impossibile far percepire appieno le caratteristiche delle lavorazioni proposte da Nicholas. Da questo connubio di caratteristiche, già ampiamente consolidato in altre iniziative di successo ( esempi da Bobo e Mario de Lo Squalo Blu di un tempo a Termoli o dai coniugi Angelo ed Isabella Al Cuoco di Bordo di Senigallia), che parte l’idea di restituire un’AnimA pratica alle giovanili aspirazioni.

La Valle del Sagittario offre, con la sua posizione, la porta adatta, probabilmente perché da essa parte, come per il ristorante che i due aprono, un terreno tutto da esplorare e ricco. È la miglior natura protetta del Parco da una parte, e dall’altra la necessità di colmare una esigenza di gastronomia di livello di cui si avverte il bisogno. La sfida è fidelizzare i pur numerosi gourmand in perenne espatrio in modo che trovino tra, il Reale di Castel di Sangro e le proposte de l’AnimA dei giovani Nicholas e Stefano ad Introdacqua, un intermezzo adeguato che possa colmare le aspirazioni dei fruitori tra innovazione e la cucina del territorio per molti ormai monotona.

L’accelerazione giusta per una nostra visita, da troppo tempo programmata e sempre rimandata, arriva quando, alla nuova richiesta di consigli su dove poter pranzare pervenuta da amici in viaggio tra Roma e le Puglie, rinnoviamo l’invito, come per altre volte fortunato, ad andare ad Introdacqua. Otteniamo condivisione totale, questa volta bruciando i tempi. A solo un paio d’ore dalla segnalazione ci tornano ringraziamenti e descrizioni entusiastiche di quanto degustato.

L’arrivo nella piccola cittadina la ricordavamo bene per giovanili amicizie, per le eccellenti proposte estive di Muntagninjazz, con quel Genzana che con il suo bosco, ed anche l’altro più frequentato de la Playa, invita al fresco nella calura estiva e che slancia i fusti dei sempreverdi quasi a protezione del borgo sempre molto ben curato. Poco più avanti, verso Anversa degli Abruzzi, le sorgenti del Sagittario che danno il nome alla omonima valle, con l’incanto della sua strada scavata nella roccia e dei suoi borghi, laghi compresi, e dalla natura imponente. Probabilissimi anche gli incontri con tante specie selvatiche che lasciano sempre a bocca aperta.

ravioli e spaghetti alla chitarra
Ravioli di patata e chitarra mantecata al burro salato Beppino Orcelli e tartufo bianco. Foto Emidio Maria Di Loreto

Un’altra bocca però resta aperta per la piacevole vista nell’accesso al locale che ci attende. Pochi tavoli, pareti di pietra a “facciavista” in antico stabile, tutto curato in modo da rendere confortevole la presenza. Stefano ci fa accomodare e ci porta il menù del periodo con ben evidenziato in ultima pagina l’elenco dei fornitori delle materie prime. Quasi tutti del territorio, tutti con credenziali qualitative di livello e che spaziano fino all’uso dei prodotti di Beppino Occelli, dalla terra delle Università degli studi di Scienze Gastronomiche in Piemonte. Se si utilizzano quei prodotti, l’offerta di pietanze deve essere almeno pari e comunque meritevole per l’impegno nella scelta. Optiamo per la degustazione consigliata dallo chef come antipasto e per un primo. Aggiungere anche un secondo piatto sarebbe impegnativo per i nostri appetiti più orientati ad accogliere un dessert che si preannuncia di difficile scelta, leggendo le proposte che trasudano irrinunciabilità. Alla fine sempre la gola comanda!

Per il vino la proposta di Stefano riguarda un pecorino biologico di Villamagna, descritto anche con un veloce passaggio nel legno del quale però non avvertiamo alcun segno fin dal primo sorso. Inoltre le note acidule elevate ci sembrano troppo evidenti ed accompagnate da scarsa presenza olfattiva e deboli sentori a persistenza quasi nulla al gusto. Restiamo perplessi anche perché abbiamo sensazione che ci sia ben poco dei pecorino che conosciamo ed anche perché è nella nostra convinzione che l’enologia abruzzese, ed anche chietina, è molto cresciuta tanto da essere garanzia diffusa di livello qualitativo almeno intrigante. Stefano si accorge del disagio e immediatamente propone un cambio che rifiutiamo, sbagliando, credendo in un miglioramento della percezione del prodotto in corso di degustazione ma così non sarà; resterà in un campo di mediocrità.

Da qui in poi si resta in un crescendo di sensazioni tutte diverse ed appaganti nelle pietanze, questa volta con i favori del vino successivo, un Così E’ (cantina Speranza) un IGT rosso delle colline pescaresi, proveniente dal bacino di Rosciano-Nocciano. Quest’ultima, un’area che regala prodotti enoici di gran livello con produttori blasonati dai Bosco ai Marramiero solo per citare gli storici. È un rosso biologico che ha conosciuto solo acciaio, non filtrato, fresco e giovane che assale subito con un equilibrio dei sentori più delicati dei frutti del vitigno a bacca rossa abruzzese. Fragranze di frutta, con evidenze di melograno ma senza la componente acida tipica di questo frutto, anche confettura, ma non invasiva, forse più ricordo elegante di melacotogna cotta. Accompagnerà con gran dignità il resto del pranzo senza mai prevalere ma lasciandosi apprezzare ad ogni sorso al pari di altri rossi più noti (Incanto – cantina Marramiero) provenienti dalla stessa zona.

Arriviamo con gran curiosità ad assaggiare le pietanze. Ci viene offerta come entrée degli antipasti un piccolo crostino con spuma di mortadella con pesto di basilico e granella di pistacchi. Altro finger food proposto una crocchetta di patata arrosto, carpaccio di manzo, cipolla rossa in caramello, prezzemolo e limone. E qui iniziamo a vacillare, preda dell’appagamento sensoriale ottenuto dalle proposte, e pure incuriositi da cosa potrà mai eguagliare il resto dei piatti che ci attende. Non sarebbe meglio continuare allo stesso modo nel tentativo di appagare i sensi così abilmente stuzzicati? Vedremo che si direbbe così anche per il resto. Segue una panzanella con pomodoro confit (cottura a bassa temperatura con uso di grassi), acqua di pomodoro e burrata, abbinamento non certo innovativo ma così ben equilibrato, anche nell’acqua, non ci era mai capitato di doverlo rilevare. Poi il lonzino di maiale nero abruzzese, la crema di cavolfiore all’aglio di Sulmona e tartufo bianco ed il parmigiano in tre consistenze con cipolla caramellata di Tropea. Per ognuno dei tre resta valida sempre la stessa impressione del finger food di benvenuto: non sarebbe sufficiente annegare nella degustazione ad libitum di ognuno delle tre proposte malgrado ci sia quantità per un assaggio ripetuto di ognuno? La risposta non l’abbiamo, valgono entrambi gli approcci ma una nota che significa la promessa di un ritorno nel ristorante è sicuramente spesa per il flan di carciofo in tre consistenze, kumquat e rosmarino che è garante di eleganza sapientemente dosata nel gusto del mandarino cinese.

Come primi piatti optiamo per una chitarra al tartufo bianco mantecata al burro salato Occelli, che risponde alle attese che la descrizione induce, salvo la conferma che quest’anno il bianco risulta più debole, come già successo in un’altra degustazione di nero pregiato a ridosso del Natale. Altro primo i ravioli di patata liquida ai quattro funghi per quattro consistenze. Un piatto che coinvolge, intriga e lascia anche supporre il gran lavoro speso in cucina per prepararlo. Se mai ce ne fosse bisogno l’aiuto alla soddisfazione totale da raggiungere con i dessert è significativo. Scegliamo la cioccocroccantezza di rhum e nocciola con mousse alla vaniglia, ma il gelato al caramello salato su bavarese alla nocciola e ribes liquido, verso il quale ci indirizza Stefano, si pone indubitabilmente tra le migliori proposte di dessert mai assaggiate. Ripetiamo anche in questa degustazione un analogo errore di scelta del vino da accompagnare, anche per rimanere in un conto più contenuto. Avremmo dovuto però ipotizzare un moscato anche fermo; magari come quello della Tenuta Secolo IX della  valle successiva che sarebbe andato bene. Si sarebbe potuto osare con altro ad aromaticità più evidente o anche con proposta di bollicine, oppure con i bianchi aromatici trentini per non guardare alle proposte degli eleganti alsaziani oppure a quelle degli icewine. La materia come si vede è infinita.

Questo è un periodo che conta parecchi cuochi cosiddetti emergenti. La proposta di Introdacqua non è emergente, è già bella che emersa, se mai non ha perso lo spirito di ricerca che da giovani è giusto mantenere ed accrescere per quanto possibile in nuove sfide.
Siamo certi, per rimanere in tema e nel territorio, che l’orso Juan Carrito, il selvatico purtroppo troppo confidente di questi luoghi che ha predilezione per il buon cibo e che ha fatto visita da Niko Romito, presto si accorgerà anche de l’AnimA ad Introdacqua. Noi sicuramente torneremo per le tante proposte che non abbiamo potuto assaggiare per le quali è difficile trattenere la salivazione, anche alla sola lettura della descrizione del piatto.
Emidio Maria Di Loreto

 

canale telegram Segui il canale TELEGRAM

-----------------------------

Newsletter Iscriviti alla newsletter

-----------------------------

Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie

In this article