
Quando si incontra del buon teatro l'anima vola più alta. Quando poi questo teatro rivela delle eccellenze si esce dalla sala appagati, più leggeri, trasportati in altre dimensioni.
Mi è naturale cercare il contatto con attori e registi che mi hanno regalato tanta bellezza, passione, intelligenza. Cerco le donne e gli uomini di teatro, scrivo di loro, perché la loro vicinanza possa in qualche modo prolungare quello stato di perfezione. Questo è il modo che conosco per rendere più vicino e abitabile il sublime.
Questo è il motivo per cui parlare di Anna dei miracoli e dei suoi protagonisti.
L'interpretazione di Anna Mallamaci, nei panni di Helen Keller è stata assolutamente divina. Non c'è stato gesto, suono, movimento della giovane attrice che fosse fuori posto. Brava da urlo con quegli occhi che non vedono, ma brillano di intelligenza. Quegli occhi ciechi, ma che nello stesso tempo esprimevano emozioni, sono stati qualcosa di strabiliante. Dare presenza, dare vita a quegli occhi così come ha detto la stessa attrice, è stata la parte più impegnativa della messa a punto del personaggio.
La storia che si sviluppa in scena è quella dell'incontro tra l'insegnante Anne Sullivan interpretata dalla brava Mascia Musy, e la sua giovane allieva sordocieca Helen Keller, del modo in cui, vincendo le resistenze della famiglia Anne Sullivan riesce a far acquisire linguaggio e autonomia a Helen.
Chi ha la mia età, ormai inoltrata, ricorderà la splendida interpretazione di Anne Bancroft con la regia di Arthur Penn nell'omonimo film Anna dei miracoli, in uno struggente e rigoroso bianco e nero degli anni Sessanta.

Gli attori in scena al Parenti guidati dalla regia di Emanuela Giordano hanno compiuto un piccolo miracolo. Per entrare nelle atmosfere, nei significati che avrebbero portato in scena, per poter comprendere emozioni, tempi, delle persone che vivono una condizione da sordocieco, hanno partecipato alla vita di tutti i giorni degli assistiti della Lega del Filo d'Oro. Con loro gli attori hanno imparato un nuovo linguaggio fatto di gesti e segni. Tant'è che in scena non c'è nessun gesto, nessun segno inventato, o frutto di fantasia. Tutti rispondono a una rigorosa ricerca.
Mascia Musy e Anna Mallamaci usano il linguaggio dei sordociechi in modo assolutamente spontaneo, convincente. Tanto è vero che spesso gli spettatori chiedono al direttore di sala e allo allo staff del Parenti se Anna Mallamaci non sia veramente un'attrice cieca, tale è la sua bravura. Anna Mallamaci sembra vagare senza meta sulla scena esplorando il mondo con le mani. È un mondo di cui non ha coscienza, è un investigare che sembra più l'istinto di un piccolo animale senz'anima. Ma è talmente potente, che trasporta continuamente alla commozione e al pianto. Alla fine dello spettacolo le ho confessato che avrei passato le ore a guardarla, tanto la sua bravura e la sua intelligenza sono di conforto in questi tempi in cui difettiamo di passioni autentiche, di bravura, di intelligenza.

Quello di Anna dei miracoli è sicuramente uno spettacolo, così come ha affermato la regista in una breve chiacchierata informale a fine serata, che si presta a diverse letture. È sicuramente importante tutta la riflessione sul linguaggio. Anne Sullivan in scena afferma che le parole e il linguaggio sono quello che è la luce per gli occhi, e che noi mediamo il nostro rapporto con il mondo attraverso il linguaggio.
Nella nostra breve chiacchierata Emanuela Giordano ha confidato che ha dovuto svecchiare la pièce teatrale di una serie di elementi ottocenteschi, che appesantivano la messa in scena. Temeva che l'associazione Helen Keller non approvasse e questa sua rivisitazione. Ma in realtà ne sono stati entusiasti.
È stata una chiacchierata breve ma sicuramente illuminante quella con la regista Emanuela Giordano, che ha sottolineato che sono molte le difficoltà che si incontrano nelle famiglie disfunzionali, e quanto la famiglia sia spesso produttrice di malessere.
Che Anna dei miracoli sia stato uno dei cavalli di battaglia del Teatro Parenti di questa ultima stagione si denota anche dal fatto che all'ultima serata era presente anche Claudio Longhi, direttore del Piccolo, evidentemente richiamato dalla bravura degli attori in scena.
Non è la prima volta che il Teatro Parenti mette in produzione spettacoli, in grado di parlare e farci riflettere sui nostri tempi. Va riconosciuto alla direttrice Andrée Ruth Shammah e al suo gruppo di lavoro il merito di osare sfide che mettono alla prova lo spettatore e la bravura degli attori, di riuscire a farsi portavoce di problematiche civili e sociali di sicuro spessore.
Anna dei miracoli non è uno spettacolo soltanto sull'essere sordociechi, ma anche sul senso più profondo che acquisisce nella nostra società e nella nostra anima l'incontro, lo scontro, il confronto con la disabilità.
Non è un caso se Emanuela Giordano ha dovuto riflettere a lungo su come definire il rapporto che i genitori hanno con Helen. Essi hanno nei confronti della giovane figlia sordo cieca un rapporto condizionato da un amore confuso, questa l'esatta espressione individuata dalla regista. Vorrebbero amare ma non ci riescono. Si assolvono dal senso di colpa lasciando alla figlia un'assoluta libertà. Ma in questa assolutezza non sono in grado di fornire riferimenti solidi e saldi, tali da rendere l'altro autonomo.
Fabrizio Coniglio e Laura Nardi, sono bravi a restituire la confusione e lo smarrimento dei genitori di Helen Keller. Dal punto di vista drammaturgico funziona molto bene la figura del padre. Lui vuole allontanare l'insegnante, vuole mandare in una clinica per malati mentali la figlia. È il perfetto anti eroe essenziale per far funzionare la macchina scenica. È proprio la sua presenza che consente di sviluppare un discorso altro rispetto alla malattia mentale, rispetto alla disabilità, rispetto al rapporto che noi instauriamo con chi e con ciò che è diverso da noi. Bravo Fabrizio Coniglio a dare volto, colore, pathos a un personaggio che passa da una rabbiosa indifferenza, all'aggressività, al disorientamento più profondo. In questo ben spalleggiato da Laura Nardi che trova nella propria fragilità sufficienti risorse per provare un'ultima volta strade che possano portare la figlia fuori dal buio. Ma è una forza che si spegne ben presto, vittima anch'essa di irresolutezza e della incapacità di uscire dalla confusione, dalla fusione.
È interessante notare che quando si parla di amore confuso la stessa parola confuso rimanda alla fusionalità che è assolutamente deleteria nei rapporti educativi. Uno dei compiti primari dell'educare risiede infatti nel rompere questa fusionalità.
In una delle sue battute Mascia Musy recita “Io non amo i sentimentalismi. Io sono qui per il denaro”. È un'affermazione cruda. Ma d'altronde crudo e spigoloso è il personaggio di questa insegnante che non lascia nulla alla facile compiacenza nei rapporti con i genitori, con gli altri, neanche con la sua giovane allieva.
L'insegnante vuole insegnare, vuole che l'altro sia libero. Ma lo fa liberando il suo intervento, il suo discorso da qualsiasi patina retorica. Questo è estremamente interessante. Perché spesso si guarda al mondo della disabilità attraverso i filtri della gentilezza, del compatimento, del permissivismo. Ma il mondo della disabilità non ha bisogno di gentilezza, non ha bisogno di compatimento. Il mondo della disabilità ha bisogno di leggi. Ha bisogno di assunzione di responsabilità da parte della società tutta, nei confronti di progetti, nei confronti di servizi, nei confronti di un percorso che renda le persone autonome e protagoniste del proprio percorso umano.
Teatro Franco Parenti – Milano
10 – 22 maggio 2022
Anna dei miracoli
di William Gibson
adattamento e regia Emanuela Giordano
con Mascia Musy e Fabrizio Coniglio, Anna Mallamaci, Laura Nardi
scene e luci Angelo Linzalata
costumi Emanuela Giordano
musiche Carmine Iuvone e Tommaso Di Giulio
produzione Teatro Franco Parenti per Associazione Lega del Filo d'Oro
durata 1h30minuti
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