
Per la quasi totalità della storia dell'uomo il tempo è stato scandito dal giorno e dalla notte. Con l'invenzione poi dell'agricoltura, circa 12000 anni fa, il tempo fondamentale è stato quello del susseguirsi delle stagioni. Con la rivoluzione industriale della seconda metà del '700 il tempo viene associato alla velocità di produzione e consumo, in particolare nel settore tessile, grazie alle macchine. Con la seconda rivoluzione industriale dell'800, l'uso massiccio dell'energia delle fonti fossili e della sua conversione in elettricità fa sì che l'associazione tempo/velocità si estenda a tutti settori produttivi e di conseguenza anche alla vita umana. Alla fine del secolo scorso, con la rivoluzione informatica, il tempo si misura in micro e nano-secondi e «assume il significato di alta velocità: il linguaggio rifletteva che l'ideale di movimento non era più ricercato nella giusta misura di ogni caso, ma uniformemente nella massima velocità possibile». Così inizia l'interessante libro di Wolfgang Sachs, Economia della sufficienza. In poco più di 70 pagine, l'autore espone le sue preoccupate analisi con una sottile ironia che evidenzia l'irrazionalità che sta portando la civiltà umana al suo probabile naufragio nell'antropocene.
«Vengono offerte automobili in grado di sviluppare una grande accelerazione e alte velocità come se ogni giorno dovessero gareggiare su lunghe distanze in autostrada. Tuttavia, un'auto viene usata in media l'80% del tempo nel traffico cittadino, dove la velocità oscilla fra i 10 e i 25 km/h…ciò è sensato quanto tagliare il burro con una motosega…con tutte le sue conseguenze in termini di spreco di energia, materiali e dispositivi di sicurezza». (pag. 8)
Siamo giunti al paradosso in cui l'insensatezza è funzionale alla crescita del PIL. L'automobile, che favorendo l'espansione delle città ha aumentato la cementificazione del suolo, le distanze e i tempi di spostamento, l'inquinamento, le emissioni climalteranti, i pericoli e sottratto spazio alla fruizione sociale degli spazi urbani, attraverso la pervasività della propaganda commerciale e l'ostacolo ad altre forme di mobilità, continua ad essere considerata un insostituibile strumento di libertà individuale. Ogni edificio, ogni spazio è invaso e perimetrato da una cornice continua di plastica ed acciaio. Essa alimenta uno dei principali settori industriali dell'economia mondiale. Alla fine, scopriamo con sorpresa che il modello economico attuale, ci ha resi ricchi di cose e poveri di tempo, dimentichi dell'utopia ottocentesca che le macchine avrebbero liberato l'uomo da lavori usuranti dandogli il tempo e la libertà di coltivare i propri desideri, le relazioni sociali, in una parola, essere felici.
Ma con grande determinazione ed enorme dispiegamento di mezzi (anche occulti e subdoli), il sistema ha legato anche la felicità al PIL, svuotando la mente dai nostri desideri liberi e genuini, sostituendoli con la promessa di felicità proveniente dal possesso di un oggetto, un qualsiasi oggetto che ci faccia sentire “al passo con i tempi”. Programmandone l'obsolescenza e la sostituzione con nuove versioni aggiornate legando gli oggetti tecnologici ad una quantità di funzioni che sembrano semplificare la nostra vita, il mercato ci introduce su una via a senso unico. Un esempio su tutti è il telefono cellulare; se si guasta entriamo nel panico, contiene tutto il nostro indirizzario di contatti, di social network, di fotografie; la app per accedere al conto in banca, ecc. Anche la connessione del cellulare con l'automobile è un esempio della ragnatela di desideri artificiali che costituiscono la pseudo-libertà imposta dal mercato che, col tempo, passo dopo passo, soffoca e ci fa dimenticare i nostri desideri intimi e spontanei e ci orienta sulla strada del consumismo in cui più cose hai e più ti senti considerato. Pilastro fondamentale di questo percorso di smarrimento della libertà vera è l'individualismo. Il consumatore perfetto desidera per sé nell'intento di avere quanto e più degli altri.
Tutto questo porta allo sfilacciamento delle reti di relazioni sociali. Questo neoliberismo esasperato tendenzialmente vorrebbe liberarsi dei poveri ma non può perché servono a produrre a basso costo nuovi oggetti e quindi il PIL. Ciò che interessa è il rilancio dei consumi; non importa cosa si consuma, purché si consumi. Il commercio è al primo posto nella società; chi obbietta riguardo a questo è considerato con disprezzo un ideologizzato, nemico dell'interesse nazionale; le idee sono pericolose in quanto potrebbero svelare l'inganno di una vita omologata all'insensatezza del mercato che ci convince a barattare la libertà e la felicità vera e duratura (eudaimonìa) con l'ebrezza di una felicità effimera (euforìa). È la rivincita di Mefistofele, che sconfitto al fotofinish nella conquista dell'anima del Dr Faust, si è lanciato alla conquista dell'intero pianeta trascinandolo verso la rovina.
Nasce quella che papa Francesco chiama l'ideologia dello scarto, che scarta natura e persone; chi è povero o anziano, consuma poco e poco è considerato socialmente ed umanamente. Basta guardare agli accordi in corso per fermare le migrazioni dall'Africa, ammantati di un'ipocrisia umanitaria, interessati a fermarli al sud del Sahara, dove già oggi vengono deportati, torturati e respinti dai paesi con i quali l'Europa sta sviluppando accordi lautamente compensati. Sono trattati come rifiuti del progresso economico. Da qui l'invito a prendere seriamente in considerazione
«l'intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l'invito a cercare altri modi di intendere l'economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell'ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita» [1].
La situazione è stata ben rappresentata da Zygmunt Bauman: «Loro sono troppi. Loro sono quelli che dovrebbero essere di meno o, meglio ancora, non esserci proprio. Invece noi non siamo abbastanza. Di noi, dovrebbero essercene di più» [2].
La ricetta proposta da Sachs si basa su tre pilastri:
- Leggerezza. Conciliare il peso dell'economia con la capacità di carico della biosfera. Creare prodotti semplici, durevoli e facilmente riparabili.
- Ecocompatibilità. Costruire un sistema economico fondato su energie rinnovabili; il sole, il vento, l'energia idroelettrica, la geotermia, il moto ondoso, possono abbondantemente alimentare una struttura industriale adeguata e distribuita nei luoghi di disponibilità di tali fonti. In altre parole, passare dall'era dei fossili basata sul “faccio cosa voglio, dove voglio e ciò che mi serve lo trasporto da altri luoghi anche lontani”, al “faccio il meglio con le risorse che ho su un determinato territorio, applicando soluzioni tecnologiche di massima efficienza”.
- Moderazione. Svincolare l'economia dalla produzione esclusiva di beni di consumo. Sviluppare attività relative ai servizi alla persona, alla cura dell'ambiente, alla qualità della vita, all'istruzione, alla cultura. In altri termini misurare il benessere in base alla diffusione della felicità e della qualità dell'ambiente e delle reti sociali.
La guerra in Ucraina ha messo in luce il grave rischio geopolitico della dipendenza dell'Europa dalle fonti fossili e quanto il controllo di risorse non rinnovabili, uranio, petrolio, carbone, gas, possano trasformare tensioni locali irrisolte in guerre che rischiano di allargarsi tragicamente e mettere a rischio l'economia mondiale, con conseguenze tragiche indirette sui paesi poveri. Le energie verdi vengono definite “energie della libertà”. Esse sono disponibili in diverse forme ovunque nel mondo. Nessuno può fermare il vento, spegnere il sole, raffreddare la geotermia, impedire che l'acqua scenda dai monti o che la luna generi le maree; e la loro abbondanza è per sempre, la loro disponibilità gratuita e non influenzata da fattori geopolitici. Il costo è solo quello delle tecnologie di utilizzo, che con il progredire della scienza non può che diminuire e delle quali ogni paese può dotarsi autonomamente.
La prospettiva che nasce è quella di un mondo liberato dai conflitti economici, che considera la natura come una forza centrale della storia, che regola ed alimenta la “casa comune” della “famiglia umana” evocata da papa Francesco nella enciclica Laudato si', al paragrafo 53: «Si rende indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche la libertà e la giustizia».
La soluzione di Sachs si riassume in una parola: sufficienza. La crescita illimitata del risultato finanziario, senza alcuna distinzione di ciò che lo produce, siano armi, pane o inutili gingilli, sta portando l'umanità verso una irreversibile crisi climatica, scarsità di risorse, conflitti, perdita di biodiversità e di ecosistemi, diffusione di sostanze chimiche pericolose e di scorie radioattive, che tutte insieme, come nell'uragano Grace (1991) che ha ispirato il famoso film The Perfect Storm (2000), rischiano di mettere in crisi i risultati stessi conseguiti dal progresso della scienza e della tecnologia, minacciando la vita stessa di gran parte dell'umanità. Si tratta di una crescita senza qualità che ha sempre meno a che fare con il benessere reale. Mettere al centro dell'azione economica la crescita universale del benessere e non la concentrazione del potere finanziario, può essere la via di uscita da questa fosca prospettiva.
«È impossibile immaginare cosa potrebbe succedere se la tecnosfera prendesse costantemente e sempre di più il sopravvento sulla biosfera. Ecco perché si parla di una nuova era geologica: l'Antropocene. I tempi della tutela dell'ambiente sono finiti, così come gli svariati contenimenti dei pericoli causati dall'economia odierna. Una nuova epoca è iniziata: salvare la natura e i suoi processi biologici dal predominio dell'uomo. Tutt'altro paio di maniche. È necessaria una profonda revisione dell'economia attuale ed anche della modernità espansiva nel suo complesso. L'antidoto alla modernità espansiva è la sufficienza…Il progetto di civilizzazione da essa guidato consiste nel conciliare le risorse della modernità industriale con la capacità di rigenerazione della biosfera…il suo scopo è modulare la domanda di risorse in modo che la loro offerta sia sufficiente per tutta l'umanità, sempre a patto di ristabilire e mantenere in vita gli ecosistemi locali e globali» (p. 47).
Andrea Masullo
[1] Papa Francesco, Laudato si', §16.
[2] Z. Bauman, Vite di scarto, Roma-Bari, Laterza 2005, p. 45.
Wolfgang Sachs
Economia della sufficienza. Appunti per resistere all'Antropocene
traduzione di Alberto Clò, Valentina Dragoni, Emma Lenzi e Susanna Soglia
Roma, Castelvecchi, 2023
pagine 75
€ 12,50
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