
A distanza di tre anni da Neon Bible gli Arcade Fire hanno pubblicato il nuovo lavoro: The Suburbs. Critica e colleghi importanti come Peter Gabriel, Chris Martin, David Bowie, Bruce Springsteen, U2 li hanno eletti a band di riferimento degli ultimi anni.
Nonostante un’indipendenza riconosciuta stanno accrescendo la loro fama anche fuori dal loro ambito diretto: Wake Up è stata la colonna sonora nello spot della NFL 1 in occasione del SuperBowl 2010 ed è stata adottata da una squadra di calcio. Sempre Wake Up è nella colonna sonora del film “Nel paese delle creature selvagge”.
Il cantante Win Butler ha spiegato che il disco ha il suo <<cuore centrale>> legato <<all’idea dei sobborghi>> ed esprime tutta <<la voglia di rendere in modo fresco e vivace quello che è il feeling della band>> [1]. Un lavoro prodotto con un basso livello di tecnologia senza grandi studi di registrazione e che sempre Win colloca per il sound tra i Depeche Mode e Neil Young.
Molto alto il giudizio sintetico (86 su 100) elaborato da metacritic.com sulla base delle 33 recensioni analizzate. Era quanto si aspettava e forse perché, come ha scritto nel suo articolo Madeddu, il gruppo è più interessato al giudizio di Pitchfork <<che non di allargare la base di consensi>>. Il critico segnala scelte coraggiose ma che non sempre paiono riuscite. Vuoi per l’essere un concept album con testi e musiche a tinte spesso plumbee, vuoi per la mancanza di un’immediatezza, vuoi per una <<sensazione di diffusa introspezione Butlercentrica>>. Segnalate: The Suburbs, We Used to Wait, Sprawl e Month of May l’unico brano rock [2].
Pur avendo abbandonato in alcuni tratti il sentiero maestro, Busi considera The Suburbs imperdibile schierandosi tra coloro che non si sentiranno traditi dalle digressioni pop. Modern Man, Wasted Hours e Empty Room riprendono sonorità dei lavori precedenti, mentre è The Suburbs <<la perfetta canzone indie pop, sull’onda di melodie alla Belle And Sebastian, non esce più dalla testa>> come We Used to Wait <<probabilmente un brano destinato a diventare uno dei pezzi forti di questo album>> [3].
Per Falzetti <<la sensazione di trovarci di fronte un album compiuto in tutti i sensi è forte>>. I temi che si aprono sono la ritrosia per la modernità e la problematicità dei nostri giorni senza però trascendere nell’oscurantismo. Il tutto raccontato con profondità e dovizia di particolari, <<sedici brani, per un ora abbondante di musica, eppure il disco sembra coraggiosamente costruito per essere ascoltato tutto d’un fiato >>[4].
Come altri, Boscolo segnala il cambio di direzione ma non è disposto a concedere fiducia totale. Il cambiamento è verso la tradizione ma sarà il tempo a chiarire se siamo in presenza di una <<sincera spinta artistica o se non sia, invece, il caso di un appannamento, di una vena compositiva che mostri i primi segni di inaridimento>>. Rococo, City With No Children e Ready to Start esempi di sonorità in stile Arcade Fire. Lo sguardo al classico lo si trova per esempio in The Suburbs che richiama i Sixties (tra Beatles, Phil Spector e Van Dyke Parks), in Sprawl II (Moutains Beyond Mountains) <<cantata da Régine in trip Björk e sottolineata da basi in gita europop>> e nell’<< interessante synth-pop tra New Order e Abba di Half Light II (No Celebration)>> [5].
Nemmeno Coacci sottoscrive a pieno The Suburbs. Il limite principale del disco è la compattezza: troppi brani, difficoltà in alcuni momenti a connetterli per la loro eterogeneità come se avessero voluto accontentare tutti. Tra le migliori espressioni la title-track, <<il pomp-punk (una sorta di ELO + Velvet Underground, violini scroscianti su rock brullo e percussivo) di Empty Rooms>>, Half Light I, Half Light II (No Celebration), Deep Blue e Sprawl (Flatland). Da dimenticare City With No Children e Wasted Hours [6].
Asquini conferma che l’attesa e il rumore che si è fatto intorno al terzo disco degli Arcade Fire è eccessivo rispetto al suo contenuto. Non è un prova scadente e la prosa resta di impatto ma, come già osservato, sembra perdersi nella durata e nelle scelte sonore. Manca <<immediatezza>>, <<vivacità>> e <<innocenza>>. Tra i brani migliori è il caso di ascoltare i primi due brani, Half Light I <<nel quale una commovente sinfonia d’archi si innalza limpidissima e malinconica nel suo incedere straziante, si accende e si spegne calorosamente>> e Half Light II (No Celebration) [7]. Non vi curate di noi e ascoltate!
Ciro Ardiglione
genere: alt-rock
Arcade Fire
The Suburbs
etichetta: Universal
data di pubblicazione: 02 agosto 2010
brani: 16
durata: 63:54
cd: singolo
[1] Gino Castaldo, “I giovani del rock puri e indipendenti da Montreal hanno sedotto i big”, La Repubblica, 1 luglio 2010
[2] Paolo Madeddu, “Nati ai bordi di periferia”, Rolling Stone Magazine, agosto 2010, pag. 128
[3] Fabio Busi, www.rockshock.it, 6 agosto 2010
[4] Luca Falzetti, www.indie-rock.it
[5] Marco Boscolo, www.sentiresacoltare.com, 01 Agosto 2010
[6] Simone Coacci, www.storiadellamusica.it
[7] Alberto Asquini , www.ondarock.it, 30 luglio 2010
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