Arcade Fire. Reflektor. Un album pieno di sorprese musicali

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Un vero e proprio assalto in stile guerriglia a colpirti quando meno te lo aspetti. Questa la comunicazione che ha anticipato l'arrivo del quarto album degli e che ha definito “simili a uno strano progetto artistico”. E le sonorità di Reflektor sorprendono da ogni angolo uditivo così come lo stile della comunicazione adottate per qualche mese. C'è bisogno di qualche tempo in più per assimilare quello che arriva. E non potrebbe essere altrimenti visto che l'album è il frutto della distillazione di circa sessanta canzoni ispirate anche da viaggi in Jamaica e ad , dove è stato girato dal regista Vincent Morisset, il di Reflektor  per cui un mouse si possono controllare luci ed effetti, e vedere la propria immagine riflessa sullo schermo.
Reflektor arriva a più di tre anni di distanza da The Suburbs e sembra, come allora, aver soddisfatto quasi tutti quelli che lo hanno ascoltato dopo l'attesa. Tra le recensioni della stampa specializzata e non, anglosassone (cfr.metacritic.com) e nostrana (di cui ci occuperemo) non è facile scovare valutazioni negative.

Una di queste, una vera e propria stroncatura se non fosse per un «paio di gran pezzi» è quella dettagliatamente spiegata da Zingales. L'accusa mi sembra di capire è che siamo di fronte ad un'operazione costruita a tavolino, con l'aiuto per la produzione di James Murphy di LCD, niente di sinceramente «viscerale», con una banale tendenza al «giovanilismo» spicciolo. Leggete cosa scrive, una su tutte, a proposito della «maldestra» della quale «si capisce che l'unica cosa che preme que è cercare di spiazzare, a tavolino, con effetti speciali. Il pezzo parte in ska pogo e vira in un plastico skankin' e poi disegna ombre jazzy sempre , in una serie di continui e poco sorprendenti stacchi rutilanti». A proposito il meglio lo troviamo con la title track e con [1].

Di avviso completamente opposto è Valeri convinto di un disco che non lascerà deluso nessuno perché «ti trovi di fronte a una vera e propria esplosione di originalità e “colpi di genio”, che ti ammaliano completamente e che ti convincono che nel panorama musicale mondiale c'è ancora qualcuno in grado di fare della “vera” musica». L'iniziale Reflektor è forse il miglior tappeto per entrare in questa architettura sonora con un crescendo finale che ti lascia in apnea e che gode della voce di David Bowie. Tra le altre Joan of Arc per percussioni  ininterrotte che si insinuano nella testa e l'elettrorock di Porno [2].

Due soli sono i pezzi che lasciano perplesso Zampighi in un'articolata, quanto interessante, analisi (, il ruolo da catalizzatore di Murphy, il «ritorno a casa per Régine Chassagne» di Reflektor, «un'opera ambiziosa ed esteticamente potente, il cui primo obiettivo è certificare uno status raggiunto e il secondo preservare il gusto per la “scoperta” musicale. Il punto centrale del discorso rimane comunque una scrittura che forse manca dell'impatto e della coesione del precedente The Suburbs, ma guadagna in fascinazioni e sa ancora essere evocativa».  È un disco anche con un forte ancoraggio al passato se si  pensa ai Rolling Stones in , a Prince citato in It's Never Over, i per alcuni dettagli ritmici di Joan Of Arc o i che si odono nei fraseggi di Here Comes The Night Time [3].

Il gruppo canadese non è più lo stesso ma per Battaglia la loro grandezza è rimasta inalterata. Hanno acquisito una maggiore consapevolezza e uso dell'arrangiamento, della coloritura e delle variazioni sul tema, hanno spostato le fondamenta sonore sull'elettronica abbandonando quelle di un'architettura folk, new wave e delle «magniloquenti orchestrazioni». È la seconda parte quella più bella dove ascoltiamo «una delle più belle canzoni che gli Arcade Fire abbiano mai scritto; […] La canzone è fatta di una sincera melodia, di un arrangiamento abbacinante; è un concerto di poesia» e It's Never Over (Oh Orpheus) [4].
Non vi curate di noi e ascoltate!
Ciro Ardiglione

genere: pop-rock
Arcade Fire
Reflektor
etichetta: Merge Records
data di pubblicazione: 29 ottobre 2013
brani: 7+6
durata:  69:25
cd: doppio

[1] Christian Zingales, Blow Up, novembre 2013, pag. 80
[2] Matteo Valeri, www.rockshock.it, 25 ottobre 2013
[3] Fabrizio Zampighi,www.sentireascoltare.com, 29 ottobre 2013
[4] Alberto Battaglia, www.spaziorock.it, 28 ottobre 2013

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