
La prima impressione è quella che parlare di Cultura mediterranea oggi, in questo mondo contemporaneo fatto di omogeneità uniformante totalizzante, ci chiude inesorabilmente in un angolo, troppo stretto e specifico, contrario alla dilatazione espansiva della globalizzazione mondiale. Una condizione di inaspettata difficoltà, che riguarda, così, anche l'antico Continente europeo, restringendo, di conseguenza, il parallelo bacino mediterraneo, suo storico centro.
La nuova civiltà contemporanea sta, in effetti, saltando l'Europa e il Mediterraneo, utilizzando gli immensi Oceani per una nuova coagulazione intercontinentale. Prima l'Atlantico, poi il Pacifico, sui quali si affacciano le nuove superpotenze, non ancora super-civiltà contemporanee. Dalle Americhe alla Cina, come segno di decadenza, al centro, dell'antico continente.
Il Mediterraneo che è stato nella storia di sempre il riferimento naturale di grandi civiltà, nate altrove, ma che sempre hanno tendenzialmente spostato il loro baricentro nel Mediterraneo, luogo di incrocio di grandi flussi. Intersecandole, assimilandole, integrandole nel modo più congruo possibile. In questo le antiche esperienze potrebbero, proprio oggi, insegnarci qualcosa di interessante in materia di integrazione multietnica contemporanea.
Il Mediterraneo è stato lo spazio dove sono nati i più antichi fenomeni della globalizzazione, allora interculturale, oggi solo economica-finanziaria. A questi grandi incontri di integrazione multipla si sono associati successivamente altri fenomeni, i grandi Rinascimenti europei-mediterranei, che sono gli effetti analoghi, omologhi.
Il motivo di tale successo mediterraneo antico sta nelle particolari e favorevoli condizioni di clima mite, congeniale alla struttura umana. Natura rigogliosa, sole splendente nel celeste intenso del suo cielo. Capace di creare i più netti giochi di natura decisa e rassicurante al tempo stesso. Nero-bianco, con tempera di colori vividi e/o pastellati, mare irruente e/o paziente.
La cultura più intensa e multi-tutto cresce più facile proprio dove i luoghi assecondano.
Tutti i popoli del circondario mediterraneo hanno guardato a questo particolare paradiso in terra e fucina di civiltà, come baricentro dell'allora mondo conosciuto, facendosi attrarre da questa calamita inevitabile. Fosse anche per un esigenza di garanzia al rafforzamento della propria civiltà. O anche per effetto semplice di confronto, diretto-indiretto, con tutte le altre civiltà qui convergenti.
Popoli della prima espansione umana, che partivano dalla Mesopotamia, dall'Egitto. Popoli nord Africani. Popoli arabi. Popoli asiatici. Popoli continentali, del Nord e del centro e sud Europa.

Roma, e quello che ha costruito dopo, non è nata per caso nel centro perfetto dell'Italia, in un luogo che rappresentava il massimo delle potenzialità ambientali mediterranee.
Questo spiega che anche il potere cresce meglio dove i luoghi fisici sono più favorevoli. Attenzione allora (ironia sottile) alla attuale ed opposta politica mediterranea dell'incertezza.
Roma, ha di fatto rappresentato ed attuato il più forte globalismo storico del suo tempo, attraverso la politica (metodica) della Civitas, ma anche grazie al maggiore gradimento dei popoli conquistati nell'essere assimilati in uno spazio centrale straordinario, al limite di tutti i miti possibili.
I popoli nordici, dopo la caduta dell'Impero romano, hanno, a loro volta, indirizzato la loro irruenza nei confronti dello stesso bacino mediterraneo, per riconquistare le posizioni di origine e/o infierire sull'originario conquistatore prepotente. Ma anche attingere ad una propizia fonte culturale e vitale. Poi la loro civiltà, come sappiamo, si è trasformata da barbara, a nuova colonizzazione nordica.
C'è chi ribalta addirittura l'antica storia della Grecia, affermando che questa è stata oggetto di una precedente e primigenia colonizzazione nordica nel basso Mediterraneo (Grecia). Il Poema dell'Odissea di Omero può essere letto al contrario, con il riconoscimento di luoghi nordici. Dicono.
Comunque sia, l'Odissea rimane il primo e più importante manuale della mediterraneità. Ovvero la descrizione straordinaria della più vera globalizzazione storica, con centro nel Mediterraneo.
La Grecia (o chi per essa), rimane la culla riconosciuta del più grande pensiero umano di sempre, subito spostato nel Mediterraneo, insulare e basso peninsulare italico (Magna Grecia). In condizioni di migliore stabilità centripeta/centrifuga culturale. Lo dice la sua diversa Architettura greco-mediterranea. Quest'ultimo spostamento culturale è stato, forse, il motivo più forte e manifesto dell'intera trasmigrazione concettuale del pensiero greco all'eternità.
Il classicismo greco è soprattutto Architettura nei secoli, impastata di motivi filosofici e naturalizzanti al tempo stesso. È in tal senso interpretiamo il classicismo greco mediterraneo.
Architettura greca classica tradotta nell'Architettura greca mediterranea.
Che, a sua volta, ha costruito, i prodromi più solidi della futura Europa. Proprio attorno al Mediterraneo, armonizzando tutte le culture pre-europee, nessuna esclusa.
I Templi greci colonnati sono la massima espressione del gioco frammentato-ritmato della luce mediterranea, creando la speciale sensazione di profondità mediterranea. I grigi secondari.
Le Courbusier, padre del razionalismo architettonico, sia pur con un taglio netto nei confronti di ogni classicismo e folklorismo, ha esaltato in modo parallelo il ritmo della luce attraverso i setti (simil colonne greche) nella sua Torre d'ombre (“Il sole maestro d'ombre”). Una costruzione senza una funzione specifica, ma gioco di luci e ombre alla mediterranea. Comunque una continuità. (?)

In ogni caso è sintomatico in tutto questo come la Grecia sia riuscita a trasformare, quasi per opposti estremi, il concetto chiuso delle sue Polis e Città Stato, in un diverso concetto di allargamento della sua filosofia e concetto di vita sociale-politica in generale. Un coinvolgimento senza diritto di appartenenza, così come hanno fatto, invece, i Romani con la loro pratica della loro Civitas. Una espansione quella greca più distaccata, che non ha trasmesso potere reale in tempi infiniti, ma che, alla lunga, è andata più lontano dello stesso pensiero romano.
La cultura ellenista è stata ancora più incisiva sotto questo aspetto, soprattutto quando Alessandro Magno ha portato al massimo livello la potenzialità di una civiltà espansiva vera e propria senza confini interni. Alessandria di Egitto è stata la città che ha catalizzato la prima estensione multiculturale mediterranea del tempo. (Globalizzazione ellenista alessandrina).
Il globalismo storico-antico, è stato, così, il migliore processo di integrazione culturalmente maturante, cioè mantenendo le singole culture componenti. Oggi il globalismo e il localismo sono un continuo conflitto. A favore di un nuovo oscuro potere intercontinentale, non solo economico e finanziario. Ai livelli inferiori si chiama solo folklore. Alla ricerca, illusoria, di nuova identità. (?)
In tutto questo e grazie alla grande storia antica, resistono ancora (in de-crescent?) le varie espressioni mediterranee, ovvero la cultura mediterranea tour court. Sia pure in nicchie sempre più ristrette e frazionate in episodi. Che però ancora attraggono e potrebbero ribaltare certe situazioni, evitando che l'America di Trump salti l'antico Continente, verso l'Oriente e viceversa.
La cultura mediterranea tornerà soprattutto se sapremo riaffermare una equivalenza ovvia tra natura benigna e Architettura degli edifici e Urbanistica delle città nel loro insieme (Architettura mediterranea). Architettura come veicolo massimo della cultura.
L'Architettura mediterranea, che era l'espressione pietrificata della civiltà mediterranea, sembra essere andata in crisi più presto dell'ultima globalizzazione fine ‘900, con la diffusione dell'Architettura razionalista, negazionista rispetto al senso del “locale”, e buona per tutti climi.
La casa storica dell'Architettura mediterranea si adattava automaticamente all'ambiente, giocando con le diverse condizioni giornaliere e stagionali. L'Architettura razionalista, invece, ha standardizzato la casa dell'uomo, in risposta diretta alla sola funzionalità salutistica.
Si sono moltiplicate le tipologie moderne razionali, dove i nuclei familiari e/o i singoli individui si difendono semplicemente. E così il singolo si isola in una solitudine sempre più planetaria. Altrettanto l'Ambiente diventa estraneo, sempre più malvagio. Si vendica. in progressivo degrado, perché l'uomo lo ha abbandonato a se stesso. Torna ad essere solo natura severa.
Così nell'antico ed intatto paradiso terrestre del Mediterraneo di un tempo, hanno iniziato a proliferare le palazzine razionaliste multipiano, con livelli ripetuti in serie verticale. Lo spazio sociale si è ridotto al solo pianerottolo delle anonime scale. Gli spazi sociali sono rimandati ad improbabili spazi pubblici esterni, per ancor più improbabili incontri collettivi. Spazi pubblici che deperiscono, poi, con la velocità della luce.
Palazzine moderne rovinando i perimetri dei favolosi borghi storici, sopratutto quelli del favoloso mondo mediterraneo. Oggi possiamo cogliere la differenza soprattutto, quando osserviamo, magari dall'autostrada alienante, i lontani orghi collinari compatti e le loro periferie disgregate, senza collanti architettonici e culturali reciproci.
Spesso gli antichi borghi si confrontavano con la massa fuori scala di un castello o di una grande chiesa antica, che, però dominavano organizzando. Oggi dobbiamo risolvere la nuova edilizia moderna nascondendola nelle pieghe del territorio.
La continuità dell'aggregato edilizio urbano degli antichi borghi è il frutto di una progettazione lenta, collettiva, senza preconcetti sofisticati. Basta seguire il sole sul Paesaggio mediterraneo ondulato. I segreti di una sapienza antica. Ma soprattutto la complicità di un ambiente globalmente considerato – il Mediterraneo -, che ha guidato l'articolazione della storia dei vari popoli circondari, attraverso la varietà armoniosa delle sue architetture adattate al Paesaggio e soprattutto dei suoi contenuti (dietro il cappello il cervello). Inseguendo il tracciato dei simboli naturali e concettuali.
Il tutto condito con l'antica mitologia dei suoi popoli, come profumo ultimo di una terra baciata.
E così ritroviamo una grande varietà di edifici e di contesti mediterranei, tra loro naturalmente incastrati. Diversi nelle tipologie, forme e materiali, ma che, alla fine, si riscoprono in uno spirito unitario. Alla stessa scala, che dialoga con luce e ombra, sole e notte, il vento accarezza tutto.
I Dammusi siciliani, i Trulli di Alberobello, le masserie di Puglia e dintorni, Matera e i suoi Sassi. Positano, Amalfi, Capri. I villaggi scoscesi delle Isole greche, … sempre il bianco prevalente, che esalta gli altri mille loro colori nascosti. O la natura cruda, che si mischia all'uomo.

Un'Architettura mediterranea a me vicina. Ho nel cuore mio cognato Architetto greco, Periclis scomparso. Mosso dalla sua passione per la pesca è stato assiduo frequentatore, per questo, di isole greche bellissime, che inseguono il sole e si proteggono dal vento. Un bel giorno ha deciso di costruirsi, con le sue mani (redivivo Ulisse), la sua casa sulla cima collinare di un'isola petrosa vicino Atene. Usando le stesse pietre lì attorno, squadrandole e incastrandole ad arte. Compresi i camini svettanti secondo tradizione dei luoghi.
La casa si espande in ogni direzione, ciascuna assecondando la rosa dei venti, con una serie di logge protette al piano terra e terrazze pergolate al primo piano. Periclis così inseguiva il sole quando voleva, e si proteggeva dai venti quando giravano (Isole greche ventose). La sua vita era sempre fuori. La sua “Villa mediterranea” sempre controvento e sempre pro sole, protetto e non protetto. Periclis è stato un vero greco-mediterraneo, tutto d'un pezzo. Nel vento e nel sole. Un giorno publicherò il magnifico progetto di Periclis e parlerò di lui, solitario greco.

Foggia. La città che mi ha cresciuto in tutti i sensi. Oggi qualcuno si interroga sulla città bella-brutta. Certo dopo tanti decenni di Palazzine moderne (residuo razionalista), il volto di Foggia città contadina mediterranea di una volta è sfigurato. Il dubbio maggiore si incentra sui suoi quartieri settecenteschi, cresciuti attorno al Centro storico, a causa, dicono, di un disastroso terremoto del 1731. Case provvisorie che sono diventate perenni. Non credo. Sono una espressione vera delle città di Capitanata, purtroppo degradate. Oggi si pensa alla loro sostituzione con svettanti edifici ancora più moderni, in gara con la torre del Comune e il campanile della Cattedrale. Quelli sono quartieri mediterranei nostrani, oggi solo rigettati dal Centro pregiato della modernità estranea. Misto di civiltà contadina e sapiente sapiente cultura del logo. Successione di case basse e ipogei domestici. I loro veri locali soggiorno erano la vita in comune per strada opportunamente calibrata, di diversi spessori, intimo e pubblico. Sotto la inclemenza del sole foggiano e il vento favonio. Solo la penombra ristoratrice delle brezze serali foggiane. Il vero intervento edilizio-urbanistico di queste aree è quello di re-interpretare. Non l'inverso. Così tante città contadine dell'intera Capitanata.
L'Architettura mediterranea è allora un sistema antico per unire l'uomo alla natura e viceversa. La salvezza dell'umanità in pericolo sta in certi ritorni sapienti, sia pure guardando avanti.
Architettura mediterranea come Dieta mediterranea. Due aspetti da assaporare in tutti i sensi, significato massimo di stare in luoghi reali, sia pure assimilandoli al domani.
Eustacchio Franco Antonucci
Bibliografia navigante.
Paesaggi d'Architettura mediterranea – Agorà Edizioni – unicam.it
Architettura del Mediterraneo – Roberto Gamba – docente.unife.it
Architettura mediterranea contemporanea – Immagini
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