
Alan Sorrenti, nato a Napoli nel 1950 da padre napoletano e madre gallese, ha conosciuto un periodo di grande popolarità e successo commerciale alla fine degli anni 70.
I suoi brani Figli delle stelle, tratto dall'album omonimo, e Tu sei l'unica donna per me, tratto dall'album L.A.&N.Y. e singolo più venduto in Italia dell'anno 1979, sono conosciuti da tutti (amati o disprezzati) e caratterizzano in modo emblematico una fase della musica leggera italiana, segnata dal troppo rapido tramonto del genere c.d. progressive, con le sue complesse e impegnate costruzioni musicali e testuali, e dal sempre più travolgente affermarsi della disco music e del disimpegno.
Pochi sanno o ricordano che Alan Sorrenti, prima di convertirsi alla facile canzonetta e di sottomettersi alle remunerative leggi del pop commerciale, è stato un geniale precursore e innovatore e ha regalato alla musica italiana un disco unico, originale, di eccezionale qualità e densità, abbagliante e sorprendente.
Inciso tra Roma, Parigi e Nizza, Aria viene pubblicato nel giugno 1972 dalla Harvest Records (etichetta discografica per la quale incidevano, all'epoca, Pink Floyd e Deep Purple) e conosce un insperato buon successo di pubblico, portando alla ribalta l'allora debuttante Alan Sorrenti e il suo inconsueto e personalissimo modo di cantare (occorre ricordare che il primo disco degli Area, Arbeit macht frei, uscirà solo nel 1973 e che i virtuosismi vocali e le diplofonie di Demetrio Stratos sono ancora sconosciute al pubblico e allo stesso Sorrenti).
Se proprio vogliamo ricercare una fonte di ispirazione e un modello di riferimento per l'approccio canoro di Alan Sorrenti possiamo forse identificarli in Peter Hammill, cantante e autore di testi visionari e immaginifici dei Van der Graaf Generator, gruppo inglese molto amato dal giovane cantautore napoletano e che, proprio l'anno prima della pubblicazione di Aria, aveva avuto un grande successo in Europa e, in particolar modo, proprio in Italia con il quarto album Pawn Hearts.
Ma il canto di Sorrenti in realtà non ha precedenti: le sue sillabe ora distese e allungate, ora contratte ai limiti dell'inintelligibilità, le sue vocali prolungate fino allo spasimo, fluttuanti e strascicate, i suoi improvvisi cambi di registro, i fonemi e i sospiri fanno della sua voce e del suo utilizzo un vero e proprio strumento musicale che, di volta in volta, ci ammalia, ci seduce, ci commuove, ci scuote, ci strapazza, ci violenta.
Anche dal punto di vista strettamente musicale Aria si qualifica come un'assoluta novità nel panorama sonoro dell'epoca. Su una matrice di chiara derivazione folk, ottenuta dalla sovrapposizione della chitarra classica e del basso di Vittorio Nazzaro e delle percussioni di Tony Esposito alla chitarra dello stesso Sorrenti, si innestano le tastiere di Albert Prince e, a tratti, i fiati (trombone e tromba) di Jean Costa e di André Lajdli oltre, nella lunga suite che dà il titolo all'album, al prestigioso violino di Jean Luc Ponty, reduce da una proficua collaborazione con Frank Zappa.
Ecco così che il folk si arricchisce di venature rock e di sprazzi jazzistici, di ritmi incalzanti e travolgenti, di atmosfere oniriche e di sperimentazioni elettroniche e psichedeliche.
Aria è un brano di circa 20 minuti che occupa l'intera facciata A del disco: un lungo, accorato, sognante e straziante inno d'amore, platonico e romantico nel momento della ricerca (Aria, in ogni angolo della mia stanza io ti sto cercando. Aria, nei labirinti della mia mente io ti sto inseguendo…), suadente e ammaliante nel momento della conquista (Portami nei grandi campi di neve dove il sole non c'è, prendi tutto di me; le tue vene sono fiumi tra le rocce, le tue mani pallidi monti nella notte…), fisico, sensuale ed erotico nel momento del possesso (Aria, il mio corpo sul tuo corpo si muove lentamente. Aria, il mio corpo sul tuo corpo sprofonda dolcemente…… Sono entrato nel tuo corpo, sono io l'universo. Sono io il tuo corpo, sono io l'universo. Nel tuo fiume sto scivolando, Aria, sto impazzendo…).
La musica segue i vari momenti del viaggio in un continuo fluttuare e li sottolinea con vibrante dolcezza così come con frenetica ed orgiastica violenza sonora, sempre puntuale, funzionale, mai gratuita o inutilmente effettistica, splendida colonna sonora per quello che è stato forse solo un sogno, un'illusoria proiezione della mente (Aria, sull'asfalto bagnato della mia strada io ti sto inseguendo e tu ti stai sciogliendo. Aria, io sento che… ti sto già perdendo).
La facciata B del disco si apre con la melodica e malinconica ballata di Vorrei incontrarti, un brano più facilmente accessibile dopo il vertiginoso viaggio sulle montagne russe di Aria. Sorrenti è ancora alla ricerca della donna ideale, del grande amore romantico sempre vagheggiato e mai raggiunto (Vorrei trovarti mentre dormi in un mare d'erba e poi portarti nella mia casa sulla scogliera, mostrarti i ricordi di quello che io sono stato, mostrarti la statua di quello che io sono adesso. Vorrei conoscerti ma non so come chiamarti, vorrei seguirti ma la gente ti sommerge; io ti aspettavo quando di fuori pioveva e la mia stanza era piena di silenzio per te). Il suono di una struggente fisarmonica accompagna la voce di Sorrenti in questo breve momento di disincantata e rassegnata serenità.
Ma ecco che nel brano seguente, La mia mente, il disagio, la frustrazione, la confusione, l'impossibilità di adagiarsi nella supposta normalità, il guizzo di una follia sempre in agguato sembrano impadronirsi del cantautore napoletano (La mia mente è piena di cose, piena di viti, cacciaviti, piena di chiodi, piena di cose arrugginite e sacre, e questo treno le muove e scatena…). La musica diventa violenta, convulsa e sfocia in una sorta di free jazz grazie al piano elettrico acido, dissonante e frenetico di Albert Prince.
E si arriva così al pezzo finale, Un fiume tranquillo, un brano che io considero il capolavoro assoluto dell'album. Dopo l'estenuante e faticosa ricerca di un momento di pace e serenità Sorrenti sembra finalmente aver trovato un approdo felice (… un fiume tranquillo che mi salva da una violenta cascata, che sa dov'è la mia casa… ). Sorretto da un arrangiamento sontuoso nel quale spicca il suono estremamente evocativo della tromba di André Lajdli, l'artista napoletano può finalmente lasciarsi andare a una romantica e sentita dichiarazione d'amore (Amore ti voglio, non voglio morire. Amore ti amo, non voglio dormire. Amo la notte con il tuo cuscino, amo le sue stelle con il tuo sorriso. Amo i fiori del nostro giardino).
Aria è davvero un disco straordinario, è una gemma rara e preziosa che ancora oggi irradia una luce abbagliante per chi voglia e sappia avvicinarsi a lei con la mente libera da preconcetti e pregiudizi. Io lo ascolto da più di 50 anni con la stessa rapita emozione e spero che questo mio scritto possa spingere tutti coloro che non lo conoscono o che l'hanno (ingiustamente) trascurato a recuperarne l'ascolto.
GianLuigi Bozzi
Alan Sorrenti
Aria
data di pubblicazione: 8 giugno 1972
etichetta: Harvest Records
durata: minuti 40.31
testo e musica: Alan Sorrenti
arrangiamenti: Albert Prince, Alan Sorrenti
tecnico del suono: Franco Patrignani
missaggio: Giulio Spelta
produttori: Corrado Bacchelli, Bruno Tibaldi
registrato negli studi: SONIC – Roma, EUROPA SONOR – Parigi, S.E.E.D. – Vallauris (Nizza), RCA – Roma
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie