
Dalla scorsa estate in Australia un argomento del dibattito politico è il referendum che il primo ministro laburista Anthony Albanese vuole indire per dare voce nelle istituzioni del paese agli aborigeni. Da poco arrivato alla guida del governo Albanese ha avviato un processo con una proposta, Voce degli Aborigeni e delle Isole dello Stretto di Torres, per un referendum che, se approvato, vedrebbe gli aborigeni permanentemente rappresentati nel governo attraverso un cambio della Costituzione prevedendo un organismo di consulenza al governo sulle questioni indigene. Gli emendamenti alla Costituzione in Australia devono essere approvati con un referendum popolare. E la storia dice che sono poche le norme approvate con voto popolare: 8 su 44 proposte avanzate in 19 referendum [1]. Senza un sostegno politico ampio i referendum non superano il vaglio degli elettori australiani che dovranno esprimere la maggioranza degli aventi diritto e degli stati che compongono l'Australia.
Del resto nonostante del riconoscimento e della rappresentanza degli aborigeni se ne discuta da tempo, i due precedenti primi ministri conservatori si sono opposti ad un referendum e non più di qualche giorno fa l'ex primo ministro australiano Tony Abbott, in una conferenza politica dei conservatori, ha affermato che la proposta dal governo laburista avrebbe “istituzionalizzato la discriminazione” [2]. Ma non solo “mentre i gesti simbolici che riconoscono i popoli aborigeni sono comuni in Australia, gran parte della popolazione è riluttante a fare di più. L'anno scorso [2021, ndr], una proposta per includere più storia indigena nei programmi scolastici è stata criticata dal ministro dell'Istruzione dell'epoca in quanto promuoveva una «visione eccessivamente negativa dell'Australia»“[3].
Il Primo ministro ha anche chiesto all'ex star della NBA Shaquille O'Neal di supportarlo e dalla fine di settembre è partita una campagna pubblicitaria volta a incoraggiare il sì al referendum (dovrebbe tenersi tra il 2023 e il 2024) e rivolto agli australiani di diversi ceti sociali [4].
A fine settembre si è insediato il gruppo di lavoro referendario, co-presieduto dalla ministra Linda Burney e dall'inviato speciale Patrick Dodson, e che include rappresentanti delle comunità delle Prime Nazioni in tutta l'Australia.
Alle radici dell'iniziativa c'è anche un processo avviato all'interno delle comunità indigene nel 2017 e che produsse un documento – Uluru Statement From the Heart – con tre aree di richieste: Voce, Trattato e Verità. La prima indica la rappresentanza effettiva delle comunità nei processi decisionali, la seconda la richiesta di un trattato che deve riparare le acquisizioni illegali a danno degli aborigeni e la terza è la verità tutta su quanto hanno dovuto subire in oltre duecento anni di storia.
Quella dei contenuti e del funzionamento della nuova legge è una problematica importante anche per garantire il pieno appoggio al referendum. La senatrice aborigena e portavoce dei Verdi australiani, Lidia Thorpe, aveva espresso in precedenza delle critiche perché lei puntava ad un trattato e alla verità sugli aborigeni ma in questi giorni ha chiarito che non sosterrà una campagna per il “no” [5].
Gli aborigeni sono – tra le popolazioni indigene – quelli che hanno subito le maggiori violenze. Dopo poco più di un secolo dalla scoperta del capitano della corona britannica James Cook (1770) e soprattutto dallo sbarco del capitano A. Philipp con un gruppo di coloni gli aborigeni a causa dei massacri e delle malattie contratte, da circa un milione divennero circa sessantamila. Nel XX secolo continuando di fatto ad annientarli e a sottrargli territori e risorse, si adottò una politica di sottrazione sistematica di bambini aborigeni dalle loro famiglia per affidarli quelle bianche o a istituzioni religiose con il compito di eliminare la loro lingue e la loro cultura.
Secondo l'ufficio di statistica australiano al 30 giugno 2021 c'erano 984.000 aborigeni e isolani dello Stretto di Torres, che rappresentavano il 3,8% della popolazione totale.

“Gli indigeni australiani scontano ancora oggi tassi sproporzionatamente elevati di povertà, reclusione, violenza domestica e disoccupazione. I problemi sono persistiti nonostante anni di promesse e politiche del governo statale e federale” [6]. Al 2018 gli aborigeni e gli abitanti delle isole dello Stretto di Torres erano ampiamente sovra rappresentati nel sistema di giustizia penale australiano, con 2.481 prigionieri ogni 100.000 indigeni, 15 volte maggiore rispetto alla popolazione non indigena [7].
Solo nel 1992 venne revocata la norma che considerava terra di nessuno i territori ancestrali di una popolazione che viveva in Australia da decine di migliaia di anni. Ma a tutt'oggi non è mai stato firmato un trattato e gli aborigeni non sono riconosciuti nella Costituzione australiana.
Pasquale Esposito
[1] Alberto Galvi, Australia. Pianificato il referendum che vedrà gli indigeni permanentemente rappresentati nel governo, 8 Ottobre 2022
[2] Josh Butler, Tony Abbott tells CPAC an Indigenous voice to parliament would promote ‘discrimination', 1 ottobre 2022
[3] Yan Zhuang, Referendum Seeks to Mend the Open Wound at Australia's Heart, 28 agosto 2022
[4] Lorena Allam, First ad for yes vote on Indigenous voice asks all Australians to talk about referendum, 25 settembre 2022
[5] Sarah Martin, Lidia Thorpe says she ‘will not be campaigning no' against Indigenous voice to parliament, 11 ottobre 2022
[6] Alberto Galvi,ibidem
[7] https://www.iwgia.org/en/australia/4200-iw-2021-australia.html#_ftn2
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