
Con Stefania Aurigemma, psicologa del lavoro e formatrice, abbiamo discusso di Autenticità, il volume da lei curato per Pensa Editore: un tema complesso che chiama in causa molte discipline e mette in discussione non poche delle nostre convinzioni.
Per aiutare i lettori chiediamo, in genere, ai nostri interlocutori di presentarsi brevemente. Può farlo per noi?
Sono esperta nello sviluppo dei comportamenti efficaci e ho collaborato con numerose aziende e master post-universitari per quanto concerne lo sviluppo delle competenze trasversali delle Risorse Umane. Recentemente ho indirizzato i miei interessi verso la psicologia ad orientamento junghiano che sento molto affine e utile guida per una profonda riflessione personale di cui sentivo e sento la necessità.
I contributi che possiamo trovare nel volume da lei curato provengono da autori con competenze specifiche e diversificate. Uno dei punti di forza del lavoro mi sembra risiedere proprio nell'accettare che un discorso sull'autenticità deve fare i conti con linguaggi che non possono essere sempre coincidenti. Per aiutare i nostri lettori le proporrei di partire dal titolo stesso: Autenticità, ovvero di che cosa siamo chiamati ad occuparci?
L'autenticità che caratterizza ciascuno di noi nell'infanzia si perde molto presto per le pressioni più o meno evidenti a cui siamo sottoposti dalla famiglia, dalla società sin dai primi contatti con l'esterno. Avere un'attenzione al nostro vero sé è importante perché allontanarsene può rivelarsi causa di malessere, finanche di nevrosi.
Nel campo della riflessione filosofica – ci riferiamo qui a Karl Jaspers e Martin Heidegger e al motto socratico Conosci te stesso che sono trattati nel saggio di Luigi Anzalone – l'autenticità ha un rimando all'identità e, quindi, alla libertà. La ricerca di una vita autentica si lega, però, anche al campo proprio della psicologia e della relazione. Come possiamo gestire questi temi?
Credo che una consapevolezza maggiore delle pressioni a cui siamo sottoposti possa già costituire una difesa e una strada per ritrovare la nostra vera essenza, quel daimon che James Hillman chiarisce molto bene nei suoi libri, primo tra tutti “Il codice dell'anima”, che ci indirizza a compiere il disegno che la nostra anima sente di “dover” realizzare, quel nocciolo duro della nostra esistenza, quella vocazione che, se non ascoltata, rimossa, offesa, porta dolore e sofferenza.
Autentico, allargando i contesti, d'uso passa per la filosofia, la psicologia, la comunicazione e così via. Quali sono i termini che possiamo usare per definire un quadro di autenticità che tenga insieme la prospettiva del singolo con la sua appartenenza ad una società complessa e organizzata?
Rispetto, ascolto, verità, benessere. Oserei dire felicità, quantomeno serenità.
Lei, oltre alla cura del volume, propone un saggio che ci apre ad una riflessione su campi apparentemente lontani rispetto a quelli trattati fin qui. Ci può aiutare ad inquadrare il suo discorso?
Per poter trattenere “i talenti” nelle organizzazioni – ovvero le Risorse Umane di maggior pregio, molto appetibili dal mercato del lavoro – la comunicazione organizzativa dovrebbe virare con coraggio verso una maggiore autenticità, essere meno omologata, rappresentare in maniera trasparente quelle che sono le reali possibilità di carriera. Molto spesso le promesse che le aziende fanno in fase di recruitment non sono poi mantenute e ciò demotiva e spinge i neoassunti a rivolgersi altrove con dispendio di energie e di motivazione anche a scapito di coloro che, meno talentuosi, restano nell'organizzazione ma percepiscono quel contesto come rifiutato dai colleghi talentuosi e quindi svalutato.
La riflessione sui talenti ritorna in non pochi passaggi del volume e ci dice di problemi educativi, formativi e organizzativi. Che cosa lega il talento all'autenticità?
Il talento non di rado rischia di essere frenato da scelte sbagliate assunte, seppur in buona fede, in famiglia. Caratteristico è, ad esempio, orientare i propri figli verso percorsi scolastici ritenuti preferibili rispetto ad altri reputati meno profittevoli ma che potrebbero meglio corrispondere alle inclinazioni naturali. Valori radicati vengono percepiti ed assorbili, anche inconsciamente, dai bambini nel tessuto familiare, organizzativo, sociale. Il talento non ascoltato porta sofferenza ma la buona notizia è che, prima o poi, trova il modo di esprimersi. Allora, perché non ascoltarlo prima evitando le sofferenze che porta soffocarlo?
Noi viviamo in un'epoca in cui è molto difficile trovare criteri di distinzione per quanto riguarda l'autenticità dell'informazione. Come possiamo essere sicuri di ciò che apprendiamo?
Questo è un tema tecnico a cui non saprei rispondere, se non cercando di affidarci a fonti accreditate che nel tempo hanno dato prova di serietà e affidabilità.
I temi dei singoli saggi, per avviarci verso la conclusione di questa nostra chiacchierata, mi sembrano concentrici e interconnessi: dal singolo alla ricerca di sé stesso alla comunicazione; dalla sfera privata a quella pubblica; dalla prospettiva artistica a quella della dimensione politica. Leggendo i contributi raccolti, si è portati a vedere la riflessione sul tema dell'autenticità come una importante occasione per affrontare i mutamenti in atto nella nostra cultura. Le sembra una pretesa troppo azzardata?
No, non mi sembra troppo azzardata. Credo che il malessere che si percepisce ai vari livelli della società possa trovare una risposta in un ritorno all'autenticità come strada del vivere bene in comunità. Troppo tempo ed energie si disperdono in giri inutili, convenzioni, rituali di una formalità vuota e povera di sostanza. Spero sia tornato il tempo del vero.
Antonio Fresa
Stefania Aurigemma (a cura di)
Autenticità
Pensa Editore 2021
Pagine 174; euro 14,00
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