
A conclusione del mese sulla sensibilizzazione all'autismo, lunedì 30 aprile, col patrocinio del comune di Orbetello, alle 21, Piazza del Duomo, Operalive porta in scena il suo Jesus Christ Superstar. Stavolta però, essendo in collaborazione con l'associazione genitori Iron Mamme di Grosseto, lo spettacolo vede protagonisti anche alcuni ragazzi autistici. In attesa dell'evento, dialoghiamo col dottor Ettore Caterino, il neuropsichiatria infantile presso l'UFSMIA zona Amiata, responsabile della rete aziendale, musicista e promotore di vari progetti tra cui questo di Operalive.
Quando si dice spettro autistico si intende inglobare all'interno di una vasta area tutte le specificità dei sintomi di un disturbo che coinvolge un numero sempre crescente di bambini i quali, una volta adulti, manterranno questi disagi cercando di barcamenarsi in una società mossa da canoni comunicativi, ritmi e competenze molto distanti dalle loro attitudini. Se non si volesse ragionare solo in termini puramente medici, ma rubare anche dalla filosofia e dalla sociologia, potremmo dire che le difficoltà dei soggetti affetti da autismo sono difficoltà che riguardano soprattutto un problema di linguaggio? Potremmo dire che entrare in comunicazione e quindi in relazione con una persona autistica significa anche imparare la sua lingua? È per questo che la musica diventa -come nel caso di questo spettacolo- un canale comune in cui lo stigma del disturbo sparisce in favore di divertimento e vitalità comuni a tutti?
Intanto rivolgo un saluto ed un augurio alle persone (bambini ed adulti) con DSAut e tutte le loro famiglie. Le difficoltà delle persone autistiche sono tante, non solamente linguistiche o di comunicazione, ma anche di regolazione ed adeguamento dei propri stati emotivi nelle relazioni, di elaborazione sensoriale (sentono gli stimoli luminosi, tattili, uditivi, gustativi ed olfattivi in maniera diversa dai soggetti neurotipici anche con profondo disagio), e di iperfocalizzazione su interessi personali molto particolari -a volte esclusivi ed assorbenti- che tendono a renderli isolati o difficilmente comprensibili agli altri. Lo stigma è dovuto al difficile punto di incontro tra una società che esalta valori di superficiale estetismo, di ricchezza, di potere, di prevaricazione scotomizzando ancora le neurodiversità – collocandole per esempio nel calderone dell'handicap- e le persone con DSAut, che si sentono troppo spesso dei veri e propri “marziani” non compresi e non sufficientemente aiutati. Il vero punto di incontro è nello sviluppo di una cultura dell'esaltazione delle differenze di cui queste persone sono portatori e dei loro talenti, indipendentemente dal loro livello cognitivo o dalle performance scolastiche e di adattamento che vengono registrate nelle valutazioni dagli specialisti: anche ragazzi con un basso funzionamento sono in grado di elicitare nei coetanei sentimenti e risorse fondamentali nella nostra società come la capacità di avere tolleranza, di collocarsi adeguatamente e con amore nella relazione di aiuto, di coltivare una affettività più matura e meno egoistica. La relazione con persone DSAut può nutrirsi di molteplici canali, l'arte pittorica, il teatro, la musica, forme di comunicazione alternative al linguaggio parlato convenzionale ed in cui questi ragazzi sono spesso estremamente competenti e talentuosi.
Lo spettacolo che insieme a Operalive sta portando da tempo in scena nelle piazze toscane è una riproduzione fedele delle musiche, dei costumi e dei colori del celebre Jesus Christ Superstar. Anni 70, periodo in cui vengono messi in discussione canoni politici, economici, sociali proprio con la musica stessa. In questa storia, nella fattispecie, si pone all'attenzione la lotta interiore del protagonista, una lotta prima ancora che verso gli altri, verso soprattutto l'ostinazione a vedere realizzato un proprio disegno che, sebbene ricco di profondi valori, resta un'ossessione che lo distoglie anche dalla paura d'essere ucciso, lo allontana dagli affetti, dai legami. Chi potrà essere presente allo spettacolo, percepirà in modo chiaro dai gesti e dalle espressioni dell'attore, lei appunto, quanto sia in effetti questo l'argomento celato sotto una lingua non italiana e non solo verbale, ma soprattutto musicale. Possiamo dire che questi sono alcuni dei motivi della scelta del musical? E' anche per questo che si concilia con il tema della serata, i legami, le relazioni?
Jesus Christ Superstar è un opera a cui sono sempre stato molto legato, fin da ragazzo; è con quest'opera che sono cresciuti i miei figli, Beatrice che interpreta Maria Maddalena e Federico che è un ragazzo affetto da Autismo che ci ascolta da tanti anni con passione. È dall'amore che Federico ha per queste musiche che nasce il mio desiderio di proporre ciclicamente in forma completa tutto il musical, quasi per reificare un rituale che renda sospeso -per noi come famiglia e credo per tutti gli ascoltatori ed amanti del genere- il trascorrere del tempo, creando quindi un piccolo/grande incantesimo. Questo è quello che forse lei chiamava prima ostinazione: sì, ostinazione a non arrendersi mai.
Lei è responsabile e fautore del Progetto Margherita in cui sono coinvolti 21 istituti, 39 ragazzi affetti da spettro autistico nell'attuare laboratori del fare condiviso. Finalmente le istituzioni (ASL, scuola) proteggono e impreziosiscono la nascita di un linguaggio tra sfere comunicative, tra intersoggettività difficili. La sensibilizzazione verso l'autismo -che rende fruibili alcuni metodi per facilitare la vita dei ragazzi e delle loro famiglie, che rintraccia nel colore blu il simbolo di questi disturbi, che esce quindi da una dimensione puramente marginale del problema ponendolo così al centro- è un inizio per educare non tanto gli autistici e basta, quanto la società tutta ad essere più empatica. E' d'accordo con questa affermazione?
Certamente. La nostra linea è quella di destigmatizzare il problema dell'autismo come malattia che necessita di cure. Indubbiamente sono indispensabili terapie logopediche, psicomotorie e metodi specifici per potenziare abilità comunicative e linguistiche deficitarie dei soggetti DSAut, ma a mio avviso il vero obiettivo è quello di creare uno spazio per loro nel mondo che renda giustizia a diritti spesso schiacciati con sofferenze inenarrabili per questi ragazzi e le loro famiglie.
Il “Margherita” parte proprio dal miglioramento delle relazioni in classe, si propone di valorizzare i talenti dei ragazzi DSAut a scuola costruendo per loro una didattica volta alla inclusione, che valorizzi il rapporto con i coetanei e tutti i docenti, e che li prepari, gradualmente ed in maniera rispettosa delle loro vere abilità, alle scelte della vita adulta.
Senza un adeguato contenitore di relazioni ed un profondo e radicale cambiamento nel modo di sentire l'autismo e di approcciarsi alle neurodiversità tutto diventa più difficile, quindi il nostro obiettivo è proprio il cambiamento dei sistemi valutativi nella scuola, da quelli unicamente centrati sulle performance e sui programmi, a quelli che si prepongono di potenziare anche la capacità empatica e di gestione degli affetti di tutti gli studenti.
Adelaide Roscini
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