
La prima delle buone notizie che arriva dall'Europa è quella dell'approvazione definitiva il 14 febbraio – da parte del Parlamento europeo– dell'accordo sul taglio del 100% delle emissioni di CO₂ – rispetto al 2021 – sulle auto e i veicoli commerciali leggeri. Questa decisione comporta che, dal 2035, sarà vietata la vendita su tutto il territorio comunitario di auto e furgoni nuovi a motore termico, alimentati a benzina, diesel e anche ibridi.
Il provvedimento sulle emissioni zero si inserisce nel panorama delle attività per contrastare il cambiamento climatico da parte della Commissione e contenute nel pacchetto “Pronti per il 55%” presentato il 14 luglio 2021. Il provvedimento votato, per essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, dovrà essere formalmente approvato dal Consiglio UE.
Prima di dettagliare alcuni aspetti del provvedimento approvato è bene restituire il senso della votazione che è avvenuta con una maggioranza ristretta: 340 voti favorevoli, 279 voti contrari e 21 astensioni. Una dimostrazione pratica, da una parte, di quanto siano ancora refrattari molti esponenti politici europei e dall'altra della capacità di lobbying dei costruttori di autoveicoli. Questi ultimi hanno avuto decenni per organizzare modelli dii produzione e consumo diversi, ma manager strapagati e proprietà avide di profitti hanno pensato ad altro. L'Acea, l'Associazione delle imprese europee di produttori auto, con il suo presidente, Luca De Meo ha sottolineato i rischi e le ricadute sull'occupazione con il divieto di vendita in Europa dei motori endotermici.
A far passare la legge sono stati i partiti e movimenti di sinistra europei, buona parte dei liberali di Renew, e una trentina circa di rappresentanti del Ppe. Il governo Meloni ha votato contro. Da tempo la Meloni e in particolare Salvini si erano dichiarati contrari. Salvini aveva definito le misure «suicidio economico e sociale» e un regalo all'industria cinese.
La normativa approvata presenta una serie di misure e correzioni a cominciare da quelli di monitoraggio per cui “entro dicembre 2026, la Commissione monitorerà il divario tra i valori limite di emissione e i dati reali sul consumo di carburante ed energia. Inoltre, la Commissione presenterà una metodologia per l'adeguamento delle emissioni di CO₂ specifiche per i costruttori”. Tra le correzioni, la cosiddetta norma “salva Ferrari”, in base alla quale “i costruttori con un volume annuo di produzione limitato (da 1.000 a 10.000 nuove autovetture o da 1.000 a 22.000 nuovi furgoni) possono avvalersi di una deroga fino alla fine del 2035”. Mentre è “prevista un'esenzione totale per chi produce meno di 1.000 nuovi veicoli l'anno”. E poi “l'attuale meccanismo di incentivazione di veicoli a zero e a basse emissioni (ZLEV) sarà adattato per rispondere all'andamento previsto delle vendite” [1].
In concomitanza con l'approvazione della la nuova normativa, la Commissione europea sembra aver elaborato un nuova proposta, frutto anche questa di lunghe mediazioni, attinente agli autobus cittadini che dovrebbero azzerare le emissioni dal 2030 e agli altri mezzi pesanti per i quali il taglio sarebbe del 90% al 2040 per i nuovi mezzi. Sempre secondo il testo i mezzi pesanti nuovi dovranno ridurre le emissioni di CO₂ del 45% nel 2030, del 65% al 2030.
L'altra buona notizia è sul fronte delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) e cioè dei composti chimici utilizzati per rendere impermeabili all'acqua e ai grassi diversi prodotti commerciali dal rivestimento di contenitori per il cibo, agli impermeabilizzanti per i tessuti, ai detersivi.
«In Europa, i danni alla salute pubblica causati da tali sostanze sono stati stimati tra i 52 e gli 84 miliardi di euro, ogni anno, secondo quanto riportato nell'ultimo report [il report è stato pubblicato il 12 dicembre 2019, ndr] dell'Agenzia Europea per l'Ambiente. Incalcolabili le conseguenze ambientali, a fronte di oltre 100mila siti potenzialmente contaminati. Questi i costi dell'immobilità delle istituzioni, calcolati dal dossier del Nordic Council of Ministers, che ha valutato fino a 11 miliardi l'anno i danni ambientali per i soli Paesi del Nord Europa» [1].
Sia pur con il grave ritardo (le si usa da molti decenni), l'Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) ha presentato per la prima volta una proposta per proibire l'uso di queste sostanze definite anche “inquinanti eterni” per la loro «capacità di restare estremamente a lungo nell'ambiente, contaminando anche suoli e falde acquifere, e ponendo seri rischi per la salute umana».
L'ECHA «immagina due scenari in questo senso: nel primo caso, si tratterebbe di concedere alle aziende un massimo di 18 mesi di tempo per abbandonare tali sostanze chimiche. In alternativa, si potrebbero immaginare fasi di transizione in funzione dell'uso e della disponibilità di prodotti alternativi» [2].
Speriamo che tutte questi nuovi provvedimenti che sono tardivi facciano in tempo a farci fermare sulla soglia del baratro verso cui stiamo andando velocemente.
[1] Rosy Battaglia, Pfas: i veleni chimici che ci rendono più deboli contro i virus, 15 maggio 2020
[2] Andrea Barolini, PFAS, prima proposta di vietare gli “inquinanti eterni” in Europa, 14 febbraio 2023
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