Bachi da Pietra. Quarzo. Suoni primordiali nelle profondità

Bachi da poetra copertina album Quarzo
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Sono più di due mesi che è stato pubblicato. E questo resoconto arriva in ritardo, ma la loro musica non necessita di tempi stretti. Viene da lontano e forse andrà lontano. Il tempo che gli ingranaggi della copertina ricordano. Presente futuro. Il titolo è di materiale
che deve durare ed emette impulsi, trasporta tecnologia.
Il duo Bruno Dorella e Giovanni Succi, ovvero i Bachi da Pietra, ci hanno consegnato il loro quarto lavoro in studio a due anni di distanza da Tarlo Terzo. Qualche orma lasciata qua e là sembra far propendere verso un processo evolutivo delle loro sonorità: primarie, essenziali, scarnificate si attenuano. Un tema che ricorre in più di una recensione.


. Concerto Parco San Sebastiano. Roma, 12 luglio 2011.
Foto Mario Barricella

Pollice verso per Nunziata che sulla scia delle sue precedenti valutazioni ci invita a lasciar perdere. Un album che continua a mantenere atmosfere minacciose e liriche ermetiche. I tentativi di superamento delle sonorità non conducono da nessuna parte e l'album <<si adagia lentamente su se stesso, comunicando una sensazione di stanchezza>>.  Si possono salvare alcuni spunti in Orologeria, Fine Pena, Muta e nel Tom Waits vampiro di Notte delle Blatte. [1].

Invece secondo Pasini questo disco risponde ai rischi della loro impronta, fatta di <<blues scarnificato e nerissimo>>, di infilarsi nell'<<autoreferenzialità>> e  nell'incomunicabilità. Nella sostanza si aprono varchi verso nuove direzioni rappresentate dal  pianoforte, dalla <<chiarezza della voce>>  in Dragamine, dalle <<manipolazioni elettroniche>> di Zuppa di Pietre o il trip-hop di Orologeria [2].

Anche Pifferi scrive che pur giocando sempre in casa si notano elementi di diversità sia nella musica che nelle liriche. Per la prima il loro piacere della <<sperimentazione>> la intuiamo nel  <<rumorismo di matrice technoide>> di Pietra per Pane, in Zuppa di Pietre, in Non È Vero Quel Che Dicono e nel <<frammento hayesiano reso famoso da Tricky e Portishead>> di Orologeria. Anche la scrittura presenta qualche innovazione per esempio verso l'ironia e il sarcasmo. Insomma un bel passo in avanti [3].

Panzeri  definisce Quarzo un concept album <<minimale e suntuoso>> che dispiega il suo significato al meglio quando lo si ascolta nella sua totalità. Canzoni dolorose, ma che gratificano l'ascoltatore tra versi e sonorità che si susseguono e provano a significare l'esistenza nella sua stasi.
Tra i brani citati ricordiamo Pietra della Gogna (il loro <<marchio di fabbrica>>), Bignami, Dragamine, Morse e Non È Vero Quel Che Dicono che <<insinua il Dubbio come vana speranza>> [4].

Di incubi, di dubbi, sensazioni profonde accompagnate da chitarre e batteria senza troppi fronzoli parla nella sua recensione Curelli. Una recensione che tesse le lodi della poetica e del <<blues minimale che sa graffiare con gli artigli di una chitarra, suonata come una percussione, che sa aprire orizzonti quasi desertici con gli arpeggi, per poi stridere e farti cadere nell'abisso dove una batteria, semplice e scarna, sa essere primordiale e catastrofica>> [5].
Non vi curate di noi e ascoltate!
Ciro Ardiglione

genere: post-rock
Bachi da Pietra
Quarzo
etichetta: Wallace Records
data di pubblicazione: 14 ottobre 2010
brani: 12
durata: 49:18
cd: singolo

[1] Francesco Nunziata, www.ondarock.it, 13 ottobre 2010
[2] Aurelio Pasini, Il Mucchio 676
[3] Stefano Pifferi, www.sentireascoltare.com, 3 dicembre 2010
[4] Mario Panzeri , www.rockit.it, 3 dicembre 2010
[5] Enzo Curelli, www.impattosonoro.it,  1 novembre  2010

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