
Ci sono persone che hanno i denti dannatamente rovinati dal fumo. Ci sono altri che hanno i denti incredibilmente bianchi, e quasi illuminano il mondo quando sorridono. Perché ciò accada, non mi è dato sapere. Fattori genetici o alimentari potrebbero forse aiutare a comprendere un fenomeno di tale portata.
Sono certo che recenti studi di qualche università Usa – si scoprirà un giorno finanziata da qualche azienda leader nel settore dei dentifrici – dimostrano che tutto dipende dal modo in cui si spazzolano i denti. E’ una questione di movimento circolare o ondulatorio: la cosa migliore sta forse nel combinare i due modi. Saggezza è prendere il meglio dalle diverse esperienze che si fanno. Saggezza è tirare fuori un insegnamento dalle situazioni che si vivono.
In questo senso non sono mai stato molto saggio e neanche lungimirante: ho fatto troppi errori per non pagarle tutte in un solo colpo. E il mio colpo si chiamava Ferrara, uno che prestava i soldi nella sala dove seguivamo le corse dei cavalli. Ferrara aveva i denti bianchissimi e lucenti.
Mi aveva sorriso Ferrara; in fondo gli avevo sempre restituito tutto e, devo ammettere, mi trattava come un buon cliente. Non si era scomposto quando gli avevo detto la cifra, alta rispetto alle mie abitudini; alta, anche rispetto al mio coraggio, ma quello doveva essere il colpaccio decisivo, quello della svolta. Non avevo mai giocato così brutalmente. Mi accontentavo di piccole puntate per guadagnare o perdere senza troppi scossoni. Questa era l’occasione ghiotta.
Ferrara aveva sganciato senza troppe remore. Aveva aggiunto una frase su quello che ci avrei rimesso in caso di mancata restituzione, sorridendo con i suoi bianchissimi denti. E che voleva dire? Ormai non potevo tirarmi indietro e avevo accettato.
Dentro di me avevo realizzato di aver fatto una cazzata grossa. La somma era troppo alta e sarebbe stato un casino in caso di sconfitta.
La sala era quasi buia adesso ed ero in prima fila a seguire gli schermi. Girando un poco la testa potevo scorgere una macchia bianca che seguiva i miei movimenti. Erano i denti bianchi di Ferrara: mi seguivano, con una sorta di ghigno bianchissimo.
Ero pieno di speranza; poi iniziai a sudare quando sul rettilineo il mio cavallo aveva già un buon ritardo. E quei denti bianchissimi che sorridevano dietro di me e mi seguivano come l’ombra della morte e della cattiveria.
La macchia bianca sembrava sorridere sempre più contenta di sé e del suo potere sulla mia vita. La corsa era persa, l’avrebbe capito anche un bambino che un recupero era da escludere. Dovevo essere veloce, pensare veloce, agire veloce. Osservai la macchia bianca e presi mentalmente la mira con il coltello che portavo sempre con me. Quando si gioca, non si sa mai come finisce. Osservai ancora quel bianco nel buio della sala e mi girai di scatto. Il lancio fu perfetto e lo trafisse alla gola.
Finalmente chiuse la bocca per sempre e i suoi denti non si videro più.
Il racconto è tratto da
Antonio Fresa
Delitti esemplari nel Bel Paese
L’Erudita, 2016
pagg. 124
€ 13,00
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