
È (forse) il mito della pop art Andy Warhol ad aver inventato la felice e profetica espressione «in futuro tutti saranno famosi per 15 minuti» [1]. Adesso basta molto meno, qualche minuto sulla rete, specialmente sui social network a cominciare dall'onnipresente Facebook, e chiunque può conoscerti e magari renderti popolare da lì a poco. Ed è questa opportunità che spinge centinaia di milioni a esporsi senza troppo preoccuparsi di che fine facciano le informazioni che li riguardano. Ancora meno ci preoccupiamo quando leggiamo le notizie su Google News, consultiamo la posta elettronica, acquistiamo o semplicemente ci proviamo su Amazon, cerchiamo qualcosa su un qualunque motore di ricerca. Nei fatti tutte queste attività consentono di intercettare informazioni personali che oramai sono fondamentali per l'economia on line.
L'appetito delle aziende non si è fermato all'analisi di questi dati perché gli sviluppi si stanno spostando, oramai da qualche anno, sui progetti Big Data. L'interesse delle aziende è enorme tanto che, secondo alcune stime, negli ultimi anni hanno investito oltre 15 miliardi di dollari per finanziarie lo sviluppo di software per la gestione dei dati e per le loro analisi. La quantità di informazioni sono enormemente accresciute con la diffusione di internet e degli smartphone che hanno raggiunto i quasi 4,7 miliardi di unità nel mondo.
Quando parliamo di Big Data ci si riferisce al complesso di informazioni provenienti da qualsiasi terminale e all'insieme delle attività necessarie alla gestione, comprensione, condivisione e persino alle interfacce che ne consentano la consultazione. La complessità deriva non solo dalla mole di dati, ma dall'eterogeneità degli stessi (immagini, video, audio,…) e dalla diversità delle fonti (es.: anche il GPS) con l'ulteriore aggravante che i dati non sono strutturati.
Secondo il rapporto Framing a European Partnership for a Big Data Value Ecosystem «entro la fine del decennio, il business dei dati sarà diventato un settore chiave in Europa per lo sviluppo di prodotti e servizi basati sui dati stessi, sull'analisi dei dati, e sulle conoscenze acquisite attraverso l'analisi dei dati. Applicazioni data-driven aiuteranno le aziende a progettare prodotti migliori, a migliorare i loro business plan, e a creare nuovi modelli di business. I Big Data aiuteranno i governi ad attuare politiche più efficaci e le persone a migliorare la qualità della loro vita».
E aggiungerei soprattutto si possono orientare gusti e pensieri delle persone da una parte e, allargare il modello securitario dall'altra, aggravando ulteriormente il controllo di ogni momento dell'esistenza dei cittadini, sempre più semplici consumatori e non titolari di diritti inalienabili.
Sarà per questa fame di informazioni, in particolare per quelle di utenti sempre connessi e in mobilità, che Google sembra deciso a diventare un operatore di telefonia mobile virtuale (MVNO). Dovrebbe entrare sul mercato entro i primi mesi del 2016 attraverso accordi con Sprint e T-Mobile (rispettivamente terza e quarta compagnia telefonica degli Stati Uniti). Anzi alcune fonti giornalistiche danno per chiuso l'accordo con la prima e in corso con la seconda.
La multinazionale americana è già con un piede ben saldo nel mondo della telefonia grazie al suo sistema operativo Android presente nella stragrande maggioranza degli smartphone, al suo telefono Nexus, all'ipermercato digitale Google Play, ai suoi palloni aerostatici che consentono di avere il wifi gratuito in alcune zone rurali (Project Loon), ai suoi droni-ripetitori ad energia solare costruiti dalla Titan Aerospace, una start up acquistata lo scorso anno e alla fibra ottica (Google Fiber) che ha iniziato a connettere alcune città nordamericane. Senza voler considerare poi alle trattative con la Space Exploration Technologies Corp per realizzare un sistema di satelliti low cost per la connessione a internet attraverso lo spazio.
Il nuovo servizio dovrebbe proporre tariffe, sia a consumo che senza limiti, molto convenienti e al di sotto quelle già low cost di Sprint e T-Mobile. Il gigante del digitale sembra stia anche progettando nuove app alle quali collegare piani tariffari.
Mi sembra che con le informazioni sulle telefonate e suoi interlocutori Google possa chiudere il cerchio delle informazioni sull'attività delle persone.
Pasquale Esposito
[1] A proposito dei dubbi sulla paternità della frase cfr. Sara Pinotti, “Andy Warhol e la frase sui 15 minuti di celebrità: falso d'autore?”, www.lettera43.com, 10 Aprile 2014
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