
Quarto appuntamento della rassegna “Bimbi Belli – Esordi nel cinema italiano”: Nessuno mi può giudicare di Massimiliano Bruno. Siamo al Quarticciolo, un quartiere di periferia di Roma dove immigrati, piccoli imprenditori, disoccupati vivono in un clima di solidarietà e fratellanza. Nel centro della capitale invece ci sono appartamenti lussuosi in cui le escort accolgono ricchi ipocriti, depravati e politici (nel film la parola politico equivale ad un aggettivo qualificativo di significato negativo). Il mondo dei ricchi depravati e dei poveri buoni è unito dalle escort che, costrette a prostituirsi per condizioni disagiate, si trasformano in una sorta di Robin Hood: sottraggono ai ricchi per aiutare i poveri. Questo schematico e riduttivo impianto ideologico fa da struttura ad un film abitato da patetiche storie d’amore e da un susseguirsi di battute a volte genuinamente divertenti, altre volte ai limiti della facile e forzata gag (“forzata” nel senso che si costruiscono certe scene solo per metterci dentro la gag).
Nel dibattito che ha seguito la proiezione, Massimiliano Bruno ha detto di aver voluto raccontare un’Italia diversa rispetto a quella in cui delle escort si dà un’immagine esclusivamente negativa e dei quartieri di periferia si raccontano solo episodi di violenza e non i momenti di integrazione che si stanno delineando. Il film è quindi anche una denuncia contro l’Italia razzista. Chi scrive ritiene che il razzismo e tutte le forme di violenza ideologica, nascano innanzitutto dagli schemi esemplificativi con cui si guarda alla realtà. Anche se si sta ritraendo una realtà in cui gli immigrati non sono violenti e le escort non sono volgari mignotte ma sia gli uni che gli altri sono persone solidali alla ricerca di una vita serena, nel momento in cui si esemplifica, si schematizza, si generalizza, il risultato è quello di utilizzare gli stessi schemi mentali di chi è razzista e violento ideologicamente. E non può essere una giustificazione o una scorciatoia il fatto che si stia facendo una commedia dai toni leggeri, anzi è un’aggravante perché è proprio attraverso il riso che si scardinano gli schemi, e quindi non si può usare il riso per sostituire schemi ad altri schemi.
Le prove attoriali rimangono confinate nel macchiettismo con cui sono stati scritti i personaggi, fa eccezione Valerio Aprea che, pur dovendo interpretare un ruolo monocorde, riesce a rendere credibile un personaggio che sulla carta non lo è affatto.
Stasera, ore 21.30, quinto film in rassegna, Into Paradiso di Paola Randi.
Rocco Silano
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