
Il disco ha un titolo che non sembra avere legami con il suo significato immediato. In The Future è nella stessa scia del primo e soprattutto continua a guardare al passato glorioso del rock anni settanta.
E, come si legge da più parti, vengono scomodati molti dei numi tutelari di quegli anni.
La continuità e univocità del suono sono un sigillo dei Black Mountain sebbene tuttii componenti della band siano dediti anche ad altri progetti musicali con altri “marchi”[1]. Quattro di loro lavoravano e, ogni tanto lo fanno tuttora, in un centro di assistenza e recupero dalla droga e questo potrebbe aver sostenuto l’energia e la disperazione per quello che producono [2].
Nello scambio di email tra Sideri e il bassista Matthew Camirand quest’ultimo enfatizza il ruolo del collettivo per cui <<tutti bene o male ci mettiamo lo zampino>>, ci spiega che la band tiene da parte le individualità (non ci sono foto dei membri sulle copertine, ndr) e abbandonano le menti <<a quello di cui ha bisogno la canzone per essere completa>>. E con orgoglio sostiene il rimando al passato tanto da <<capire su che dischi mi sono consumato in un determinato periodo dalle canzoni che finisco per scrivere>>. Non ama fare riferimenti ma se proprio deve indicare un paio di nomi di oggi qualche affinità la trova nei Sadies e negli Unintended[3].
Di tenore diverso sembra il commento di McBean quando, nell’intervista fatta da Pasini, da meno rilevanza al tema del collettivo. Inoltre attenua il peso dei riferimenti al passato dicendo che <<non c’è nessun tentativo consapevole di suonare come un qualche gruppo del passato, come per esempio i Black Sabbath o i Led Zeppelin>>. Qui si pone l’accento sui testi che abbandano di figure angeliche e demoniache e di sangue che si spiegano con un’influenza negativa che esercita il presente. Gli piace che la sua musica possa essere definita psichedelica perché vicina all’arte che ama e perché ha a che fare con con la <<libertà di spirito>>. I gruppi che cita tra quelli più vicini ci sono gli Oneida [4].
Passando alle recensioni, Bertoncelli ritiene che l’attenzione ricevuta dalla band per questo e per il precedente lavoro non sia del tutto meritata proprio per la scelta di riappropriarsi di sonorità passate. Un po’ tutti i brani <<sono fragili>> sia pur con un’atmosfera <<avvincente>> e solo per Night Walks trova parole di peso perché la cantante Amber Webber <<riesce a essere Grace Slick, Sandy Denny e Björk, tutto nello spazio di una canzone sola>> [5].
Il giudizio si fa ancora più severo con Giancarlo Turra il quale, dopo aver analizzato il percorso musicale di Stephen McBean evidenziandone i buoni risultati nell’altro suo gruppo – i Pink Mountaintops -, scrive un articolo in cui stronca “In The Future” indicandolo come prevedibile e incapace di sviluppare sonorità nuove nel contesto della tradizione rock di fine anni sessanta e inizi settanta. E’ buona l’esecuzione e se ne prevede un discreto successo <Stormy High, a ballate becere come Angels e Stay Free, al progressive che esonda ovunque e irrita, a tutti i sabbathismi, cosmicismi e glamismi di seconda mano che lo costellano>> [6]. Nemmeno Nunziata è convinto della bontà del disco così come non lo era per il precedente. Lo ritiene spesso vagante senza meta tra i generi a cui prova a rifarsi confezionando alcuni inutili dejà vu. Per Bright Lights scrive che <<vuole a tutti i costi gettare un ponte tra i Pink Floyd più gotici e classicheggianti e il prog psichedelico più abusato, senza avere dalla sua quella capacità di sintesi necessaria al grande passo>>. A Night Walks Ë affidata la palma del brano capolavoro e da ricordare [7]. Fatte le premesse sulla sua predilezione per il rock dei Led Zeppelin, dei Black Sabbath, dei Cream, degli Hawkwind, dei Blue Cheer e per coloro che possono evocarne i suoni con rinnovata maestria, Pascale non si risparmia nelle lodi per In The Future pur ammettendo che <<non inventa assolutamente nulla>>. Di fatto non ha dubbi su nessuno dei dieci brani compresi i sedici minuti di <<raffinatissimo heavy progressive steso tra Pink Floyd, Hawkwins e gli ultimi Black Sabbath (beninteso tenendo conto del periodo Osbourne)>> di Bright Lights [8].
Nemmeno Sideri si tira indietro nell’esaltare il disco giudicato di grande equilibrio tra le componenti sonore, dove nulla è superfluo e scrittura, arrangiamenti, melodia e potenza si amalgamano. <<Le voci maschile e femminile aggiungono una dimensione ulteriore al gioco dei suoni, arrivando in Wucan a completarsi alla perfezione>> [9].
Giudizio altrettanto entusiastico anche per Di Salvo che lo annota come il primo grande album dell’anno. Proseguendo sulla scia del primo, i Black Mountain riescono a recuperare <<un suono hard-rock e psichedelico figlio da una parte dei Black Sabbath e, dall’altro di un certo folk bucolico dei ’70>> producendo ottime soluzioni dai <<muscoli di Stormy High al folk acustico misto a reminescenze Jefferson Airplane di Tyrants fino a Queens Will Play, ottimo brano in cui la voce di Amber Webber trova la sua espressione migliore>> [10].
Non vi curate di noi e ascoltate.
Ciro Ardiglione
genere: rock
Black Mountain
In The Future
etichetta: Jagjaguwar
data di pubblicazione: gennaio 2008
brani: 10
durata: 57:20
cd: singolo
[1]Stephen McBean è Pink Mountaintops, Jeremy Schmidt si presenta come Sinoia Caves, Joshua Wells e Amber Webber sono dentro i Lighting Dust, Matthew Camirand insieme a Wells fanno parte dei Blood Meridian.
[2]”Cime tempestose” intervista di Aurelio Pausini – Il Mucchio febbraio 2008 – pagg. 16
[3]”Punk’s not born” intervista di Marco Sideri – BLOW UP. gennaio 2008 – pag. 48-51
[4]”Cime tempestose” intervista di Aurelio Pausini – Il Mucchio febbraio 2008 – pagg. 14-17
[5]Riccardo bertoncelli – delrock.it, 15 febbraio 2008
[6]Giancarlo Turra, “Sthephen Mcbean The New, the Old and the Hard”, Sentireascoltare gennaio 2008, pagg.11-13
[7]Francesco Nunziata – ondarock.it
[8]Alessandro Pascale – storiadella musica.it, 1 gennaio 2008
[9]Marco Sideri – BLOW UP. gennaio 2008 – pag. 91
[10]Philip Di Salvo – liverock.it, febbraio 2008
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie