
Bob Dylan è l'artista che, più di chiunque altro, con le sue canzoni (forse potremmo meglio dire con le sue poesie in musica) ha contribuito a comporre la colonna sonora degli ultimi sessant'anni.
Dal 1962, anno della sua prima incisione discografica, a oggi, attraverso la pubblicazione di una quarantina di album, Dylan ha ridefinito la figura del cantautore; ha operato una sorta di fusione tra il folk tradizionale e il rock and roll, inventando un nuovo genere musicale, il folk-rock, che ha influenzato e ispirato decine di altri artisti; ha venduto 130 milioni di dischi in tutto il mondo; si è aggiudicato un'impressionante serie di premi e riconoscimenti tra i quali non possiamo non ricordare almeno il Premio Pulitzer nel 2008 (“Per il suo profondo impatto sulla musica popolare e sulla cultura americana, caratterizzato da liriche dalla straordinaria forza poetica”) e il Premio Nobel per la letteratura nel 2016 (“Per aver creato nuove espressioni poetiche nell'ambito della grande tradizione della canzone americana”).

La sua attività musicale e letteraria e l'importanza della stessa in termini anche storico e sociale sono universalmente riconosciute. Ma Dylan, artista davvero poliedrico ed eclettico, si è sempre dedicato, con uguale impegno e passione, anche alle arti visive. E questa sua attività di pittore e scultore è certamente molto meno conosciuta dal grande pubblico e perfino da parte dei suoi stessi fans.
La bellissima mostra Bob Dylan Restrospectrum, approdata al museo MAXXI di Roma, prima tappa europea dopo il passaggio al MAM di Shanghai e al Patricia & Phillip Frost Art Museum di Miami, consente di scoprire e ammirare, grazie all'esposizione di oltre cento opere tra disegni, dipinti e sculture in metallo, le sorprendenti e inaspettate capacità espressive di un artista davvero geniale.
La mostra è suddivisa in 8 sezioni. Si inizia con Le prime opere su carta, una selezione di schizzi e bozzetti realizzati con tecnica mista su fogli di carta di circa 26×18 centimetri. Si tratta di disegni semplici, senza pretese, dai pochi tratti nervosi e decisi, quasi degli appunti grafici, già in grado però di testimoniare l'esigenza di Dylan di esprimersi con una modalità differente e aggiuntiva rispetto al mondo sonoro della canzone. Significativa, a questo proposito, una dichiarazione dello stesso artista: «Che cosa disegnavo? Beh, credo di aver iniziato con ciò che avevo a portata di mano. Mi sedevo al tavolo, prendevo carta e matita e disegnavo la macchina da scrivere, un crocifisso, una rosa, matite, coltelli, spilli, pacchetti di sigarette vuoti. Perdevo completamente la cognizione del tempo [….] Non che pensassi di essere un grande disegnatore, ma sentivo che stavo mettendo ordine nel caos che avevo intorno».
Segue The Drawn Blank Series, una (purtroppo) ridotta selezione di quadri che coprono il periodo dal 2007 al 2017, realizzati con acrilico su tela o con tecnica mista su carta, che ci mostrano alcuni dei motivi ricorrenti nella pittura di Dylan: paesaggi desolati, rotaie di treni che si perdono all'orizzonte, angoli di cortili e giardini, balconi oltre i quali gettare lo sguardo, figure solitarie e assorte nei propri pensieri.
La terza sezione, Revisionist Art, serve solo a documentare la curiosità e l'anticonformismo di Dylan che qui si misura con la rivisitazione delle copertine di alcune celebri riviste, trasformandone grafica e contenuti. Una pratica revisionista utilizzata da svariati artisti più o meno famosi e influenti (Andy Wharol su tutti) con migliori e più incisivi risultati.
Si passa quindi subito a The New Orleans Series, una pregevole selezione di quadri realizzati nel biennio 2011-2012 e dedicati alla città di New Orleans. È lo stesso Dylan a motivare la scelta del soggetto: “i posti che mi piacciono sono tanti, ma fra tutti preferisco New Orleans, una città che offre sempre mille punti di vista. In qualsiasi momento puoi imbatterti in un rituale che celebra una queen vagamente nota o in qualche pezzo grosso o nobile titolato che, come un pazzo ubriaco, s'accascia contro un muro o si trascina nei bassifondi. [….] La città è un'unica, lunghissima poesia. Giardini pieni di viole, petunie rosa, oppiacei. Reliquiari ricoperti di fiori, mirti bianchi, buganvillee e oleandri viola stimolano i sensi, donano calma e lucidità. [….] Tutto a New Orleans è una buona idea».
La quinta sezione è riservata alle Opere in ferro. Si tratta di sculture, prevalentemente cancelli, fatte di utensili e oggetti di scarto di vario tipo (chiavi inglesi, pinze, chiodi, catene, ruote dentate) assemblati e saldati a formare un intreccio astratto ed evocativo. Risultano essere al contempo testimonianza della dimestichezza di Dylan a trattare i materiali ferrosi (ha trascorso la propria giovinezza a Hibbing, nel Minnesota, dove si trova una delle più grandi miniere di ferro a cielo aperto del mondo) e della sua poetica concezione dei cancelli. Ecco le sue parole in proposito: «ho avuto a che fare col ferro fin da quando ero piccolo. Sono nato e cresciuto in una terra in cui il ferro lo annusavi e lo respiravi ogni giorno. [….] Sono attratto dai cancelli perché creano uno spazio negativo. Possono essere chiusi ma allo stesso tempo permettono alle stagioni e alle brezze di entrare e di fluire. Possono chiudere fuori o chiudere dentro. E per certi versi non c'è nessuna differenza».
Bob Dylan, Endless Highway 2, 2015-2016
Acrilico su tela / acrylic on canvas
Con The Beaten Path entriamo nella sezione pittoricamente più affascinante ed emozionante della mostra. Disegni a matita, acquarelli e imponenti acrilici su tela coprono il periodo 2015-2020 e ci restituiscono le immagini e i paesaggi d'America che sono da sempre nel nostro immaginario, che si sono formati scorrendo le pagine di Kerouak e di Bukowski o guardando gli innumerevoli film on the road del cinema hollywoodiano: angoli di strade deserte o intensamente trafficate, autostrade che si snodano in mezzo a sterminate pianure, motel abbandonati e in rovina, cartelloni pubblicitari erosi dal tempo, zone periferiche invase da tralicci e rovine industriali, grattacieli che incombono minacciosi e opprimenti, romantici tramonti e inquietanti e solitarie visioni notturne. La sezione è dominata da due imponenti trittici di una bellezza mozzafiato: Elevator Train, del 2020, composto da tre pannelli accostati di 183×92 centimetri ciascuno e Sunset, Monument Valley, del 2019, composto da tre pannelli accostati di 275×125 centimetri ciascuno; rispettivamente un panorama urbano illuminato dalla vivida luce dell'alba e uno strepitoso tramonto che dipinge di rosso le montagne che hanno fatto da sfondo a così tanti film del nostro più o meno recente passato da essere ormai parte dei nostri ricordi pur non avendole mai viste dal vero.
La sezione Mondo Scripto è senza dubbio la più insolita e sorprendente. Dylan ha scritto a mano, con una scrittura minuta ed estremamente accurata che forma una sorta di ricamo sul foglio, il testo di alcune tra le sue canzoni più famose e celebrate affiancando a ciascuna di esse un disegno a grafite che illustra, in stile fumettistico, quanto espresso e narrato con le parole.
La mostra si conclude con la sezione Deep Focus, una selezione di dipinti recentissimi (2020-2022) con i quali Dylan cattura immagini da vari film, volutamente non identificati con precisione, e le trasforma in quadri che diventano così un singolo fotogramma, un attimo fermato nel tempo, un momento di immobilità nel flusso della vita, con tutta la potenza evocativa che ne consegue.
A proposito di Deep Focus Dylan commenta: “Tutte queste immagini provengono dai film. Le uso per cercare di mettere in evidenza le diverse situazioni in cui si trovano le persone. Che si tratti di James Cagney o di Margaret Rutherford, i sogni e gli schemi sono gli stessi: è la vita che ti viene incontro in tutte le sue forme.”
Bob Dylan Retrospectrum è un'imperdibile occasione per entrare nel mondo tanto ricco e complesso di un artista sempre capace di colpirci e sorprenderci con i contenuti della sua arte. E sorprende davvero constatare che anche quando si dedica alla pittura o alla scultura Dylan mostra, oltre a un'impeccabile competenza tecnica, una profonda ispirazione e una costante e coerente capacità espressiva che ne confermano l'iconica personalità.
GianLuigi Bozzi
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