
Domenica scorsa i boliviani sono stati chiamati ad esprimersi, attraverso un referendum confermativo, sulla nuova Costituzione che cambierà l’organizzazione del paese.
Come riconosciuto dalle Nazioni Unite, dalla UE e dagli USA tutto si è svolto nella piena regolarità e in un clima tranquillo.
Le dichiarazioni rese dal Dipartimento di Stato americano secondo Pablo Solón, rappresentante boliviano all’ONU, lasciano intravedere un segnale positivo per un rilancio delle relazioni tra USA e il suo paese [1].
Naturalmente sono giunte, tra le prime, le congratulazioni dalle organizzazioni indigene di Guatemala ed Ecuador.
La vittoria del si è netta. La nuova legge fondamentale è stata approvata con il 62% circa dei voti a favore quando erano state scrutinate il 95% delle schede. Una media di più del 90% dei quasi 3,9 milioni degli aventi diritto si sono recati ai seggi – con un minimo registratosi nella regione di Pando con l’82,77% ed un massimo nella regione di La Paz con il 92,33%[2]. Questi dati così elevati sono una dimostrazione di quanto i cittadini, per motivi fortemente contrapposti, abbiano voluto esprimere la propria opinione con una posta in gioco così rilevante. E al di là di tutte le considerazioni che spesso si leggono e si sentono sui media sull’atteggiamento populista e a tratti autoritario di Morales è un bel esercizio di democrazia.
Le contrapposizioni anche violente all’interno del paese lasciavano presagire quanto poi si può capire da un’analisi del voto su base regionale. Infatti se già dalla affluenza alle urne con in testa le regioni del si probabilmente perché maggiore è la compattezza dei seguaci della linea del presidente sono i risultati finali a chiarire quante divisioni siano presenti nel paese.
Nei dipartimenti di Santa Cruz, Beni, Pando e Tarija ha prevalso nettamente il “no” con punte superiori al 66% come a Santa Cruz. Nel dipartimento di Chuquisaca il si ha ottenuto un risicato 51,54%. Nel dipartimento della capitale, il più popoloso, il si ha invece superato il 78% che è il secondo miglior risultato dopo Potosi con oltre l’80%.
Le regioni del “no” sono quelle dove si è più contrastato il progetto di Evo Morales e di tutto il Mas e dove le spinte separatiste avevano portato alla convocazione di referendum locali che avrebbe dovuto autorizzare il passaggio di poteri in varie materie (per esempio energia, lavoro, telecomunicazioni…) dallo Stato centrale alla periferia. Nella sostanza si tratta di mantenere il controllo delle grandi risorse naturali di quelle aree e difendere l’economia liberista. Il fatto poi che il testo costituzionale affermi con forza la laicità dello stato, nel rispetto totale della libertà religiosa (art. 4), ha provocato posizioni contrarie da parte della gerarchia cattolica, così come la disposizione per cui i componenti del potere giudiziario siano eletti ha spostato verso il “no” buona parte della categoria.
Le divisioni potrebbero complicare i processi di attuazione delle disposizioni contenute nei 411 articoli della nuova Costituzione anche se il presidente ha espresso l’intenzione di lavorare con tutti <<ammettendo che per questo sarà necessaria un’intesa con i prefetti oppositori e anticipando la volontà di creare un “consiglio per le autonomie”>> [3].
Divisioni che probabilmente ci sono anche tra campagna e città. In queste ultime ha prevalso spesso il no <<battere sul fatto che la nuova costituzione avrebbe comportato un “razzismo al contrario” ha convinto molti “meticci” a fare quadrato>> [4]
Una Costituzione che se qualcuno ha definito quasi utopica e che la sua applicazione comporterà un allontanamento dalla democrazia [5] è in effetti un quadro normativo che innanzitutto, nella unitarietà dello Stato, riconosce le 36 nazioni indigene che erano già presenti al tempo dell’invasione coloniale. Questo riconoscimento significa per esempio autogoverno (l’articolo 11 consente forme di rappresentanza tipiche della tradizione comunitaria indigena), pari dignità delle lingue indigene rispetto al castigliano, validità della giustizia comunitaria.
La Bolivia diventa uno stato dal <<pluralismo politico, economico, giuridico, culturale e linguistico>> (art. 1), pacifista e vieta la presenza di basi militari straniere sul territorio (art. 10), considera come diritti fondamentali oltre all’alimentazione (art. 16), all’educazione gratuita (art.17), alla salute (art. 18) ha diritto all’accesso all’acqua, all’energia, al gas a domicilio e al servizio postale e alle telecomunicazioni (art. 20). La proprietà privata che deve adempiere a finalità sociali e non sarà possibile alienare le risorse naturali. Questi temi danno un’impronta egualitaria, socialista con lo scopo di rendere la vita dignitosa per tutti.
I boliviani alle urne hanno anche votato per imporre il limite di 5.000 ettari alla proprietà fondiaria e questo potrebbe essere un primo passo per un’economia diversa.
Qualche dubbio sull’impronta costituzionale è stato espresso oltre che da coloro i quali hanno tutto l’interesse a conservare condizioni di privilegio e a controllare le attività produttive connesse allo sfruttamento delle risorse naturali, gas in testa, ma anche da alcuni esponenti dell’area vicina a Morales.
Il politologo Jorge Lazarte, eletto all’Assemblea costituente, sostiene che il testo costituzionale discrimina i cittadini in base alla loro origine e non assicura l’uguaglianza davanti alla legge. Lodola Guzman anch’egli eletto all’Assemblea nelle fila del Mas ha preso posizione per il no perché la carta divide i boliviani [6].
La carta avrà bisogno di essere attuata e potrebbe essere facilitata dalla rielezione di Morales alla presidenza, ora consentita, ma bisognerà fare i conti con un’economia che sconterà il calo del prezzo delle materie prime e degli introiti per gli investimenti necessari a migliorare le condizioni generali del popolo andino.
Pasquale Esposito
[1] “ONU, Estados Unitos y Unión Europea felicitana Bolivia por el referéndum democrático y pacifico”, www.bolpress.com ,
[2] I dati qui riportati sono quelli ufficiali della Corte nazionale elettorale con uno scrutinio del 95% delle schede, www.cne.org.bo
[3] “Bolivia, sì alla nuova costituzione «indigenista»”, www.ilsole24ore.com, 26 gennaio 2008
[4] Pablo Stefanoni, “Bolivia, vince Evo la costituzione passa con il 50%“, Il Manifesto, 27 gennaio 2008, pag. 20
[5] “A passport to Utopia”, www.economist.com, 22 gennaio 2009
[6] Paulo A. Paranagua, “Evo Morales transforme en plébiscite le référendum sur la Constitution“, www.lemonde.fr, 23 gennaio 2009
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie