British Sea Power. Machineries Of Joy. Una raccolta di musiche tra refrain di chitarre e aperture di archi

British Sea Power Machinery of Joy
history 5 minuti di lettura

A dieci anni di distanza dal loro esordio i British Sea Power, lo scorso aprile, pubblicavano il quinto disco (settimo se aggiungiamo le soundtrack) Machineries Of Joy il cui titolo è un ricordo di Ray Bradbury,  autore di Cronache marziane, Fahrenheit 451 e, appunto, della raccolta di racconti Le macchine della felicità.
Un recente sondaggio tra gli ascoltatori della BBC Radio 6 Music per stilare una classifica tra le centinaia di brani trasmesse dalla radio, colloca il brano Remember Me al nono posto (all’ottavo ci sono i Radiohead e al decimo Johnny Cash). Tanto per dare un’idea del valore della loro musica. E tanto per restare in tema Machineries Of Joy, composto tra le montagne gallesi, è stato mixato da Ken Thomas che ha già lavorato con David Bowie, Wire, Queen, PiL and Sigur Ros.


Il sestetto è composto da Yan Scott Wilkinson (voce e chitarra), Neil Hamilton Wilkinson (voce, basso e chitarra), Martin Noble (chitarra e  tastiere), Matthew Wood (percussioni), Abi Fry (viola e tastiere) e Phil Sumner (tastiere, chitarra e cornetta).

Ascoltare l’album dei British Sea Power significa incamminarsi in un sentiero che cambia costantemente direzione, una musica che a tratti sembra subire una mutazione genetica senza però che nulla si alteri, si deformi. Il loro marchio resta chiaro così come la compattezza stilistica nei rimandi ai Prefab Sprout, al post-punk, al rock degli anni duemila, a sonorità beatlesiane. E questo, indipendentemente dai giudizi di merito, compare nei resoconti di alcune recensioni che troverete qui di seguito.

Il giudizio di Amendola non è esaltante: pur non essendo un disco tecnicamente scarso, anzi, non riesce a dare segni di novità, interpretazioni fuori dal solco o scarti in avanti rispetto alla loro storia musicale. Insomma, «non basta l’epica title track posta in apertura, un’ariosa cavalcata elettrica dal ritmo circolare, neppure qualche pennellata più elegante come “What You need The Most” o “Spring Has Sprungper conferire al disco il fascino a cui ci avevano abituato in tempi migliori» [1] .

Altro giudizio non proprio positivo è quello di Molisanti che sulla stessa onda del precedente non individua momenti di significativa creatività lasciando tutto sul solco di quanto già ascoltato fin dall’inizio dal «passo trionfale della traccia che dà il titolo all’intero lavoro e trova nella solennità di una propria identificazione personale, creata ormai dalle solite chitarre stratificate e dalle solite liriche sofferenti e cariche di pathos, il tratto comune di quasi tutti i brani». Tra i brani da salvare troviamo Monsters Of Sunderland [2].

Per due volte Sanna ha definito l’album notevole non incontrando mai cadute di stile tra i dieci brani. Probabilmente il culmine della loro carriera, una maturità raggiunta senza che la vena creativa abbia perso forza propulsiva e dove la “versatile voce” di Yan fa sempre bella mostra. Tra le canzoni citiamo Loving Animals in difesa degli animali «che paga il dovuto agli immancabili Beatles, nel caso, periodo “White Album» e la suggestiva When A Warm Wind Blows Through The Grass «con il suo arpeggio circolare e un’atmosfera quasi sinistra» [3].

Sono veramente marginali i momenti poco brillanti di Machineries Of Joy secondo Papitto che loda la band a dieci anni di distanza: «disco vario, che si diverte a spaziare tra universi paralleli» dove si nota «una linearità musicale sorprendente» e «la libertà compositiva e la libera interpretazione». E a proposito di altri universi si citano, a proposito del pezzo omonimo, gli Strokes e i dEUS, mentre nel ritornello di Spring Has Sprung sono i Pulp ad apparire, When A Warm Wind Blows Through The Grass ci porta verso le sonorità degli Swans e si finisce con Loving Animals fatto di «esplosioni nonsense dal carattere postpunk e dal sapore grezzo» [4].

Positiva, ma non eccellente la valutazione di Monaco che scrive di un album ben riuscito grazie proprio ai dieci di lavoro e dove lo spartito è disegnato su di un «raffinato alt-rock, debitore in parti uguali della lezione di Eels e Stereolab, per non citare i furtivi inserimenti corali di Wilco e compagni». La citazione è per What You Need Most [5].

I British Sea Power non riescono a venirne a capo con questo ultimo lavoro pur risultando “piacevole e ben ascoltabile”. Strano spiega che saliscendi, cambi di stile e i contrasti  «tra i bianchi ed i neri, l’indie da djset e le semi-ballad dreamy trasformano Machineries of Joy in un lavoro da prova sotto sforzo». Tra le eccezioni troviamo K Hole [6].

Concludiamo con l’approfondita e bella recensione di Liccardo convinto che il disco sarà apprezzato anche da coloro i quali era restii rispetto alla musica del gruppo. Hanno lavorato tanto per un questa “collezione” sonora sempre in «perfetto equilibrio tra tensione e distensione». Anche i testi percorrono molte strade e raccontano «dai monaci francescani alle bodybuilder francesi che si reinventano star del cinema erotico, fino alle brutte esperienze con la ketamina narrate nella tirata K Hole (in territorio Boxer Rebellion) e a un bizzarro lamento per una Pyrex baby in What You Need The Most (un valzer da ballare sotto un cielo plumbeo, con Yan che rincorre Richard Hawley quando emula Scott Walker) […] spazio anche per le reminiscenze beatlesiane (versante George Harrison) del brano anti-caccia Loving Animals, […] alla bucolica Hail Holy Queen, a Spring Has Sprung (i Prefab Sprout che rileggono i Velvet Underground… o viceversa) […]» [7].
Non vi curate di noi e ascoltate!
Ciro Ardiglione

[1] Enrico “Sachiel” Amendola, indiesforbunnies.com, 12 aprile 2013
[2] Giorgio Moltisanti, www.ondarock.it, 3 aprile 2013
[3] Luca Sanna, www.distorsioni.net, 1 maggio 2013
[4] Giorgio Papitto, www.rocklab.it, 1 maggio 2013
[5] Matteo Monaco, www.outsidersmusica.it, 15 aprile 2013
[6] Simona Strano, www.impattosonoro.it, 6 giugno, 2013
[7] Alessandro Liccardo, www.sentireascoltare.com, 4 aprile 2013

genere: pop-rock
British Sea Power
Machineries Of Joy
etichetta:  High Note
data di pubblicazione: 9 aprile 2013
brani: 10
durata:  42:48
cd: singolo

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