“Buon anno, ragazzi”: quanto è difficile parlarsi

buon anno ragazzi francesco brandi
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Una pièce che, con ironia e leggerezza, porta in scena la nostra difficoltà cronica e spesso autoimposta di comunicare le nostre emozioni e preoccupazioni anche agli affetti più intimi.

Giacomo è uno scrittore. Un insegnante, a dirla tutta, ma con un desiderio irrealizzato di fare delle parole su carta il suo unico lavoro. Uno scrittore mancato, potremmo dire, uno scrittore in potenza. Il suo amico e vicino di casa Bobby, tranviere per professione e spacciatore per passione (riprendendo un simpatico parallelismo con la passione per la scrittura del protagonista lanciato dagli attori all’inizio della performance), sembra essere l’unico ad appoggiarlo e a sostenerlo, seppur rumorosamente e goffamente, nella sua monotona quotidianità. E monotona sembra essere infatti anche la serata di Capodanno di Giacomo il quale, dopo aver fatto addormentare la sua bambina e aver declinato un invito ai festeggiamenti di Bobby, rimane sconvolto dall’ingresso repentino nella sua semplice abitazione della compagna Silvia, teatrante che ha lasciato l’ormai infelice vita familiare per dedicarsi pienamente all’arte itinerante. Un abbraccio confuso e un silenzio cripticamente eloquente condito da una buona dose di represso rammarico è tutto ciò che la coppia è in grado di esprimere prima che Silvia si ritiri nella stanza della figlia. Così Giacomo ritorna nella sua postazione di partenza, digitando freneticamente e quasi disperatamente parole su un computer che, suo complice, dovrebbe portare alla luce il capolavoro della sua vita, ma che invece lo tradisce rigettando sullo schermo frasi mediocri di un’esistenza mediocre a cui nessuno forse s’interesserebbe mai. D’altronde l’evolversi della serata non favorisce la concentrazione del protagonista poiché il campanello di casa inizia a suonare senza sosta costringendolo ad accogliere prima la madre, poi il padre, infine Bobby. Inizia dunque un’escalation di divertenti litigi tra i due genitori, conditi da incomprensioni e maldestri tentativi di riappacificazione, in cui Giacomo si trova ad essere volente o nolente mediatore partecipe. Un’apparente ordinaria disputa familiare, insomma, di quelle che travolgono senza stravolgere e passano senza risolvere, la quale però rischia di trasformarsi in tragedia quando Silvia prende in ostaggio i familiari e il vicino dopo aver confessato di far parte di una banda criminale denominata “la Banda dei Parrucchieri”.

Loris Fabiani e Francesco Brandi in Buon anno ragazzi
Loris Fabiani e Francesco Brandi in Buon anno ragazzi regia Raphael Tobia. Vogel. Foto Noemi Ardesi

I cinque personaggi, costretti nelle mura di casa (Giacomo infatti si definisce fin da subito “prigioniero politico” nella sua stessa abitazione) si trovano obbligati a fare i conti con i loro attriti, i loro problemi, le loro scuse, il loro costante rimandare quella necessità in verità impellente di ascoltarsi, di parlarsi, di esserci profondamente l’uno per l’altro e al contempo di ritagliare degli spazi intimi in cui trovarsi soli con se stessi. Ciò che emerge, grazie alla ben riuscita caratterizzazione dei soggetti e alla grande capacità degli attori di stimolare il pensiero con la sola forza dell’umorismo, è lo spaccato di una realtà particolare così usuale da poter essere addotta a esemplificazione universale delle relazioni quotidiane di ciascun spettatore, in cui ignorare è sempre più facile che dialogare e affrontare. Così come Giacomo sente profondamente di non avere le capacità di diventare un buono scrittore, allo stesso modo noi infatti troppo spesso sentiamo di essere incapaci di esprimere i nostri sentimenti e i nostri veri pensieri utilizzando le parole, i tempi, gli spazi, i silenzi che riterremmo adeguati; e perciò, come Giacomo, pensiamo talmente forte la nostra mediocrità da diventare mediocri e rinunciamo a parlare a squarciagola e senza filtri d’amore e di odio, coprendo noi e i nostri affetti di veli spessi come antichi drappi fatti di insicurezze e parole, rendendoli così i pilastri portanti e al contempo i demolitori dei nostri luoghi emotivi sicuri. In una società come appare la nostra, tutta racchiusa tra le mura di quella fantastica quarta parete che dà vita alla scena teatrale, la fragilità più grande è forse proprio questa cronica “patologia dell’Inetto”, in cui troppo spesso ci si sente banali prima di esserlo, e in cui ciascuno si rifugia nelle proprie false certezze rendendole corazza di carta pesta e, riprendendo una significativa battuta del dialogo teatrale, rischiando di diventare niente proprio perché non si esprime niente di ciò che si vorrebbe. Un quadro psicologico molto simile a quello del grande inetto della letteratura Zeno di Italo Svevo che grazie al testo di Francesco Brandi e alla regia di Raphael Tobia Vogel si fa quadro commoventemente sociale, mai attuale quanto oggi in cui lockdown e restrizioni hanno acuito la percezione dei singoli di essere degli inetti dalle scarse capacità di relazione e dalla voglia ambigua di ritrovare una spontanea socialità perduta, ambigua proprio perché a metà tra il desiderio di rinnovarsi e la paura di farlo.

Avvertenza: le prossime righe svelano il finale della pièce teatrale.

Buon anno, ragazzi“, dunque, fa forse riflettere lo spettatore sulla forza prorompente dei pensieri e soprattutto dello scarto che sussiste tra questi e l’azione che, spesso viziata dalla paura di errare e dal pregiudizio verso se stessi, rischia di trasformare una potenziale e dirompente forza creatrice di legami in immobilità e insoddisfazione sociale. Questo messaggio, ad avviso di chi scrive, non sarebbe potuto essere trasmesso più efficacemente se non con la scena finale della performance: Giacomo, sereno perché tutti i conflitti sono stati sanati grazie al dialogo, una volta usciti tutti gli altri personaggi dalla scena ritorna alla scrittura. La scena però allora cambia e diventa chiaro che la pace con Silvia e la lite dei genitori risolta nel rinnovo del loro patto amore altro non sono altro che fantasia che il protagonista traspone sul suo computer di scrittore.
Il pensiero, purtroppo, anche in quel nuovo anno avrà vinto sull’azione e la parola.
Carola Diligenti

Teatro Franco Parenti
4 – 11 Luglio 2021

Buon anno, ragazzi
durata 1h40min
di Francesco Brandi
con Francesco Brandi, Loris Fabiani, Miro Landoni, Silvia Giulia Mendola, Daniela Piperno
regia Raphael Tobia Vogel
scene Francesca Pedrotti e Alice De Bortoli
luci Luigi Biondi | musiche Andrea Farri
produzione Teatro Franco Parenti
premio Franco Enriquez 2018, a Francesco Brandi per la drammaturgia e a Raphael Tobia Vogel per la regia

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