
Sono nato a Spoleto e sono cresciuto ascoltando – perlopiù dalla voce della mia nonna paterna, che si chiamava Sara e visse tutta la vita nel borgo di Giano dell'Umbria – molte canzoni di quella terra, che ricordo ancora benissimo: da Sant'Antolin de legno ad Arrizzete compa' [1]. Senza dimenticare Caserio [2], dedicata all'anarchico italiano condannato a morte per l'omicidio del presidente francese Carnot; una canzone che era interpretata con compassione da questa donna (che anarchica non era), toccata comunque dal dolore della madre di Caserio per l'approssimarsi dell'esecuzione del figlio. A lei debbo anche molti racconti popolari – fiabe, in primo luogo – che recitava senza risparmiarsi con pazienza ed arguzia: come quello della Sora Petronilla (“tutta pomposa”), che scoprii – molti anni dopo – essere tratto direttamente dal Decameron [3] (con diverse varianti e le censure del caso che potevano renderlo adatto ad un uditorio infantile). Da allora, ho la ferma convinzione che le genti dell'Umbria siano assai propense alla narrazione e al canto. Così, quando ho ricevuto un invito per assistere allo spettacolo Storie da cantastorie, benché viva a Roma oramai da più di mezzo secolo, ho coinvolto amici e famiglia e sono andato – per una sera – a Calvi dell'Umbria, ad ascoltare Ljuba Scudieri e Sergio Santalucia, i due artisti in scena.
Calvi dell'Umbria è appena fuori dal Lazio, a sud di Terni. Di origine medioevale, come altri paesi in quella zona, negli anni '70 ricevette la visita di Alessandro Portelli e Valentino Paparelli, i quali – da soli o sotto le insegne del Circolo Gianni Bosio [4] – andavano raccogliendo in giro per l'Italia le testimonianze di gente figlia di un paese e di una cultura che erano già allora sulla strada del dissolvimento. Ne nacquero studi, raccolte e archivi di grande interesse (come la fondamentale pubblicazione L'Umbria cantata. Musica e rito di una cultura popolare) [5], che oggi testimoniano in maniera particolare – attraverso la storia orale e il canto popolare – l'Italia contadina scomparsa [6].

A Calvi dell'Umbria, i ricercatori raccolsero molti materiali dalla voce di Fausto Pace – detto “Fausto du Poggiolu” o “Faustaccio”, secondo alcune testimonianze – che di mestiere faceva proprio questo: il cantastorie. Proprio in apertura dello spettacolo è stato proposto un brano – registrato nel 1976 – con la sua voce, così da dare ai presenti, proprio attraverso l'ascolto, un assaggio di quel mondo e di quella gente. Poi, una luce ha illuminato il palco e i due artisti hanno cominciano a raccontare e cantare: voce, oggetti, strumenti e musica. I racconti di Ljuba Scudieri – intervallati dalle canzoni eseguite e accompagnate da Sergio Santalucia, ora alla fisarmonica o all'organetto, ora alla chitarra – affabulano a partire dalle piccole grandi storie di Calvi e della sua gente: personaggi entrati col tempo nella leggenda della narrazione, come la storica levatrice (la levatrice: un mestiere anch'esso scomparso, non solo per il crollo demografico). Ma si allargano al mito (come la storia legata alla piuma dell'uccello grifone) per poi perdere un po' le radici locali, lasciando l'Umbria e la Sabina verso altre tradizioni orali e canore dell'Italia del Sud o del Messico.
Ho assistito allo spettacolo nel suggestivo spazio multimediale del Teatro degli Occhi, in precedenza chiesa dedicata a santa Lucia e così chiamato per via di due occhi incisi nel marmo del portale da un anonimo scalpellino, in onore della santa [7]. I due artisti – si legge nelle loro note biografiche – non sono umbri. Ljuba Scudieri è napoletana, anche se vive da tempo a Calvi ed ha coinvolto Sergio Santalucia – polistrumentista lucano (di Montemurro) con il quale collabora da circa un ventennio – per essere accompagnata in questa esplorazione, tra storia e mito. Tra le colline umbre e quelle lucane – Napoli è più o meno nel mezzo – corrono molti chilometri e tutto si contamina (come nel fuori programma finale, quando viene proposta una divertente esecuzione della canzone partenopea Genoveffa, del 1924).
È trascorso quasi mezzo secolo da quando vennero raccolte le storie di Fausto Pace e forse le distanze – quella temporale (di noi, che ascoltiamo, dalle storie raccontate); ma anche quella geografica (degli artisti che ci hanno proposto questo spettacolo dalla terra che lo ha generato ed ospitato) – non mi hanno del tutto reso persuaso sull'esito della serata, pure gradevole. Nondimeno – pur senza chiamare necessariamente in causa la rivoluzione antropologica del nostro Paese, di cui parlava Pasolini – una strana nostalgia mi accompagna da allora, per quel mondo evocato, definitivamente scomparso eppure ancora così potentemente presente nei miei ricordi.
Paolo Sassi
[1] Una bella presentazione di queste (ed altre) canzoni popolari umbre è contenuta nel disco (lp) Canto e ricanto e lu mi' amor nun zente, realizzato nel 1976 dal gruppo musicale L'altra Spoleto, edizioni Warner Music Italia Srl; alcune delle canzoni furono raccolte dai ricercatori proprio a Giano dell'Umbria. L'album è ora disponibile anche in formato digitale, pubblicato nel 2012 e distribuito da Heristal Entertainment. La ricca introduzione alla raccolta di Tullio Seppilli è ora riprodotta in http://heristalsrl.it/laltraspoleto_relazione.htm.
[2] Si tratta della storia dell'anarchico italiano Sante Caserio che il 24 giugno 1894 uccise in un attentato a Lione il presidente francese Sadi Carnot e che per questo fu ghigliottinato il 16 agosto dello stesso anno. Ne esistono numerosissime interpretazioni; segnalo tra tutte quella presente nell'archivio ilDeposito, https://www.ildeposito.org/canti/le-ultime-ore-e-la-decapitazione-di-sante-caserio.
[3] Cfr. Giovanni Boccaccio, Decameron, 2, VII. La protagonista della novella si chiama Peronella; anche Pasolini includerà questa storia nel suo Decameron.
[4] Cfr. http://www.circologiannibosio.it/.
[5] Si tratta di un volume – frutto soprattutto del lavoro di Valentino Paparelli, accompagnato da 4 CD – pubblicato nel 2009 per le edizioni squi[libri]: https://www.squilibri.it/catalogo/sinestesie/valentino-paparelli-l-umbria-cantata.html.
[6] Cfr. la sezione dedicata all'Umbria nell'Archivio Sonoro “La rete”: http://www.archiviosonoro.org/archivio-sonoro/archivio-sonoro-umbria.html
[7] Cfr. https://teatrodegliocchi.com/
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