
Lasciamo l'Italia con un volo decollato da Verona alle 13:30 sotto un cielo carico di nubi oscure che preannunciano rovesci abbondanti e dopo sei ore atterriamo nel piccolo aeroporto di Boa Vista, isola dell'arcipelago di Capo Verde. Il sole caldo del primo pomeriggio ci abbaglia e ci accoglie nella terra del “take is easy, no stress!”. Un avviso in tre lingue ci da il benvenuto alle porte dell'Africa occidentale e ci ricorda di vivere in pieno relax il nostro soggiorno. E al disbrigo delle pratiche alla dogana iniziamo a comprenderne il motivo, sorridenti giovani impiegati affrontano interminabili file di turisti con un grande sorriso e ascoltando Césaria Evora, cantante capoverdiana conosciuta come “la diva scalza” per le sue esibizioni a piedi nudi. Welcome to Boa Vista! Il loro saluto è il preludio di uno stile di vita completamente opposto al nostro, tanto da essermi sentita protagonista di una delle puntate della serie “Delitti in Paradiso”, che mi fanno compagnia durante i lunghi pomeriggi domenicali invernali. A darne conferma anche la presenza di un asinello fuori dall'aeroporto che con fare rilassato fa passare un tipico taxi azzurro cielo metallizzato e giallo per poi attraversare la strada asfaltata e continuare a brucare le acacie nel terreno sul retro.

Boa Vista è una terra pianeggiante, battuta da venti che portano sabbia finissima dal deserto del Sahara e dal Sahel, donando all'isola una lunga costa di dune di sabbia bianchissima che degradano maestosamente verso l'oceano Atlantico. È una delle isole della Repubblica di Capo Verde, un piccolo paradiso emerso dalle acque dell'Oceano Atlantico, alle porte dell'Africa continentale, costituito dalle IIlas do Barlavento o Isole del sopravvento a nord e dalle Ilas do Sotavento o Isole sottovento a sud. Quattro le fertili Ilhas do Barlavento: Santo Antao, Sao Vicente, Santa Luzia e Sao Nicolau. Due quelle desertiche: Sal e Boa Vista. L'arcipelago d'origine vulcanica, si estende per 4.033 kmq e ha 965 km di coste al largo dell'Africa nord occidentale e gode di un clima temperato con estati calde e secche e piogge rare.
Osservo il paesaggio durante il trasferimento al resort che ci ospiterà per una settimana e resto ammaliata dalla luce morbida e dal cielo sereno che contrasta fortemente con alcuni cantieri abbandonati che deturpano il territorio. Chiedo di chi sia la proprietà e l'autista che comprende l'italiano, ci risponde che sono di proprietà di europei che hanno investito nell'isola per poi fallire. Il paesaggio è desertico, lunare in alcuni tratti d'origine lavica. Poi all'improvviso mi si offre lo spettacolo di incommensurabile bellezza: la natura incontaminata, la vista dell'oceano, il silenzio, la sabbia soffice delle dune. Un'oasi di quiete e opulenza all'interno del lussuoso resort dove alloggiamo.
Qualche tempo prima della partenza ho fatto qualche ricerca su internet relativamente a Capo Verde e l'arcipelago è descritto come un paradiso in terra per il turista. Non credo che lo sia anche per una buona parte degli abitanti anche se, secondo l'Ibrahim Index of Governance in Africa (IIAG) – che si basa su più di 80 indicatori classificati in quattro sottocategorie: “sicurezza e stato di diritto” , “partecipazione, diritti e inclusione” , “sviluppo umano” e “fondamenti delle opportunità economiche” – tra i cinque paesi africani con i migliori risultati in termini di governance riporta Capo Verde oltre a Mauritius, le Seychelles, la Tunisia, e Botswana.
Capo verde ha debito pubblico ed estero molto elevato, ha passività delle finanze pubbliche ed elevata dipendenza dal turismo. Il 25% del PIL di Capo Verde riguarda il turismo, gli arrivi turistici sono cresciuti del 39% nella prima metà del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022. L'agricoltura e la pesca un tempo fiorenti, sono poco praticati così come la raccolta del sale e dei datteri. I pascoli rappresentano il 6% sono troppo sfruttati. Quasi la metà della popolazione attiva si dedica all'agricoltura di sussistenza, ma la natura del suolo, impervio e vulcanico, consente la coltivazione quasi esclusivamente nelle vallate; l'arativo non raggiunge nemmeno il 10% della superficie territoriale, che è incolta e improduttiva per oltre l'80%. Il mare pescoso è solo un ricordo del passato, oggi è impoverito da tecniche di pesca scellerate che non rispettano i periodi di riposo per il ripopolamento delle acque.
E Boa Vista non differisce dalle altre isole dell'arcipelago, con 14.000 abitanti di cui la maggior parte nel capoluogo Sal Rei, l'isola accoglie anche una comunità di senegalesi, che vivono nelle baracas, ossia baraccopoli ad est della città. Il governo non è stato in grado di gestire la crescente presenza di migranti occupati nelle attività alberghiere della costa. Migranti che anche in questa lontana parte del mondo si avventurano con mezzi di fortuna, affrontando le acque impetuose dell'Oceano Atlantico e rischiando la vita, così come è accaduto ad agosto scorso quando una piroga partita dal Senegal ha fatto naufragio con 58 vittime, secondo i dati dell'ONU.

Raggiungo Sal Rei l'indomani dell'arrivo dopo aver contrattato con l'autista l'uscita verso le baraccopoli dopo la visita al centro del capoluogo capoverdiano. L'ospitalità e la gentilezza degli abitanti di Boa Vista è semplicemente sorprendente. Una bimba con graziose treccine mi abbraccia e i suoi occhi scurissimi mi conducono nell'anima più sincera del posto. Ma ad attrarre la mia attenzione è una mamma con una neonata, ferma sull'uscio di una casa. Saluto e chiacchiero con la giovane donna. Anita madre di cinque figli che con semplicità mi fa entrare in casa. Povertà assoluta, pareti umide, una piccola finestra, senz'acqua e nessun servizio. Una stanzetta con solo un letto e un divano sporco.

Per mobilio un armadio piccolissimo, qualche vaschetta di plastica e nemmeno un tavolo. Una cucina da campeggio e degrado. Per pavimento solo il cemento, su cui poggia una ciotola di plastica azzurra con dentro un po' di cibo freddo e un po' d'acqua in un bicchiere. Altri particolari non li descrivo. Mi racconta con dignità che suo marito è al lavoro e i bambini a scuola fino alle 16. Torneranno in taxi perché il governo permette agli studenti di utilizzare i taxi per raggiungere la scuola. Anita mi fa guardare Joyce, l'ultima arrivata. Piccolissima e con la pelle ambrata, dorme serena tra le braccia della madre.
Usciamo dalla stanza in silenzio mentre in lontananza una comitiva di turisti chiassosi invade la via. Domande ronzano nella mia testa, dove finiscono i soldi che arrivano con il turismo? Perché tanta indigenza? Sull'isola ci sono tre grandi strutture alberghiere di proprietà spagnola, una quella dove alloggio è stata acquisita da qualche mese da una proprietà italiana. Pochi i b&b o le stanze in affitto dai privati mi racconta un'operatrice turistica del luogo. Le domande restano latenti mentre mi avvio a piedi al mercato nel centro del paese. Sal Rei ha circa 9.000 abitanti e fu fondata nel XIX secolo dai coloni portoghesi che qui vi rimasero per importare il sale, fulcro dell'economia dell'isola. La popolazione è cristiana e festeggia il 4 luglio Santa Isabel patrona della città. Purtroppo sia la chiesa dedicata alla santa che la piazza principale sono completamente distrutte e come ci raccontano gli abitanti, i lavori di rifacimento sono ormai bloccati da anni. Un cantiere a cielo aperto deturpa il luogo e dopo la visita al mercato mi avvio verso il porto, dove numerose donne lavorano alla pulizia del pesce. Lungo la strada solo case disastrate e alcune donne accompagnate dai bambini, nei loro abiti colorati vendono souvenir, sedute all'ombra. Al porto di Sal Rei un senegalese ci offre dell'hashish da comprare. Ci allontaniamo. Lungo le strade poca gente e tra le case abbandonate numerosi giovani. Nelle baracas invece i bimbi festosi ci vengono incontro aspettandosi un dono. Proviamo ad accontentarli. I genitori vigilano attentamente. Alcune donne ci mostrano i neonati cullati dietro la loro schiena nei tradizionali marsupi africani. Qui c'è grande dignità.
Purtroppo il governo non ha saputo gestire i relativi problemi di sovraffollamento e

l'approvvigionamento viveri che avviene solo via mare. Lo smaltimento rifiuti sembra non avere soluzioni: a Sal Rei c'è solo una discarica a cielo aperto. Ma anche l'assenza di infrastrutture sanitarie incide sulla qualità della vita, a Boa Vista non c'è l'ospedale e per le emergenze bisogna prendere l'aereo e volare nell' Ilha do Sal a circa 30 minuti. Un imprenditore italiano che vive qui da anni mi ha raccontato che le donne che devono partorire se la situazione si complica, muoiono. Il governo prevede l'assistenza sanitaria gratuita per i bambini fino a sette anni, così come le vaccinazioni poi si accede alle prestazioni sanitarie con il pagamento di un ticket. Gratuite restano gli accessi d'emergenza, le cure prenatali, la prevenzione di malattie infettive quali la malaria, la tubercolosi e l'HIV. Il 40% dei capoverdiani beneficia inoltra di assicurazione sanitaria sociale concessa dai loro datori di lavoro.
Il mattino seguente lo dedichiamo alla riserva naturale Morro de Areia, Undici chilometri di spiaggia dorata, quella di Santa Monica, una natura selvaggia, tra granchi e falchetti marittimi e l'azzurro verde delle acque atlantiche. Su queste dune nidificano le tartarughe marine caretta caretta, simbolo di Capo Verde e protette dallo Stato. Le balene che si riproducono tra febbraio e maggio attraversano questo incantato scorcio oceanico su cui si staglia il faro di Morro Negro, punto più alto di Boa Vista.
A nord invece il paesaggio è impervio, rocce vulcaniche e acacie sparse offrono riparo alle capre solitarie o a muli che in branco si spostano alla ricerca di ombra e cibo. Non è raro che gli animali attraversino tranquillamente la strada assolata e deserta. Gli alisei portano la voce di Mama Africa, e soffiano mitigando il caldo dell'isola. Percorrendo la “Route 66”, una via lastricata di sampietrini, così chiamata perché ricorda la più famosa americana, la magia del luogo è soprannaturale. La caldera dell'antico vulcano accoglie nel silenzio, le coltivazioni degli agricoltori dei paesi di Jao Galego, Fundo das Figueiras e Cabeca dos Tarafes. Ci ospitano lungo vie acciottolate e casette tinteggiate d'azzurro cielo, arancio brillante, giallo limone e rosso amaranto, retaggio dell'architettura coloniale portoghese. I fiori e le piante addobbano i marciapiedi lungo i quali razzolano gallinelle e la gente ti viene incontro sorridente. Al rientro campi di terra rossa appaiono improvvisamente mutando il paesaggio arido. Cavalli liberi corrono lontano dai pick up, che consentono di arrivare nei posti più reconditi dell'isola non senza porci domande quanto dovesse essere possibile. La polvere rossa si alza ad avvolgere ogni cosa rendendo la situazione irreale, come se fossi su un altro pianeta, Marte.

L'isola mi affascina ogni giorno di più. Continuo il mio soggiorno tra mare, buona cucina locale e chiacchiere con Maria la ragazza senegalese che aiuta Aida, sua madre in spiaggia a fare treccine ai turisti e sognare un amore europeo. Boa Vista, l'isola delle dune desertiche, della caldera rovente, dell'oceano possente e verde resta nel cuore e negli occhi, la sua musica nella notte africana è un tripudio di stili. La Morna patrimonio culturale dell'umanità si avvicenda alla Coladeira, alla sensuale Kizomba, alla Funanà, alla Valsa, al Batuko. I ballerini danzano lievi al suono del djembe, i piedi nudi nella sabbia, intorno al fuoco sacro di Mama Africa. Saudade per chi scrive a pochi giorni dal rientro.
Cinzia Santoro
Parlamento: Governo promete continuar a trabalhar para eliminar a pobreza e fazer de Cabo Verde um país inclusivo, 10 novembre 2023
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