Cassandra, profeta inascoltata, proietta la sua verità sull’oggi

Cecilia Lupoli in Cassandra di Christa Wolf
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La storia è risaputa. Gli achei sono entrati in città grazie all'astuzia di Ulisse e al suo cavallo. Solo Cassandra inascoltata metterà in guardia i suoi concittadini. La sua profezia cade nel vuoto. Poi sarà sangue e strage. Tutto questo e molto altro ancora è rievocato da Cecilia Lupoli nello spettacolo Cassandra, che trae spunto dall'omonimo libro di Cristha Wolf, scrittrice della Berlino est che ben poteva identificarsi nella storia di Troia assediata, della città circondata da mura.

Spettacolo raffinato quello di Cecilia Lupoli, con la regia di Carlo Cerciello. Recitazione impeccabile e fisica quella dell'attrice napoletana, accompagnata da una scena spettrale e buia. L'attrice è trattenuta da funi elastiche che fingono le corde con cui Cassandra sarà trascinata a Micene dietro al carro del vincitore. Cecilia Lupoli è da sola ma in realtà ha altri due complici nel suo presentarsi al pubblico, il gioco delle luci e gli elastici che l'aiutano a disegnare ed esprimere emozioni.

Quello che Cassandra/Lupoli attraversa è un viaggio nel terrore, in cui si mischiano contemporaneamente emozioni private ed emozioni legate al grande travaglio, alla strage che ogni guerra porta con sé. La scrittura severa di Cristha Wolf, unita alla recitazione passionale, a una regia creativa quanto essenziale pone un dubbio. Quelle in scena sono parole disegnate per l'oggi o per una storia vissuta migliaia di anni fa?

È il destino dei grandi autori quello di rendere eterne le vicende narrate, di collocare fuori dal tempo parole e scoramento che ogni volta ci sorprende nel vedere la voglia di sangue e strage che gli uomini continuano ad avere, che ogni guerra continua a perpetrare. Mai come in questo spettacolo il gioco delle luci diventa protagonista. In Cassandra non è semplicemente un disegno, è parte integrante e fondamentale di uno spettacolo che assume spessore, vivacità, dimensione onirica e tragica proprio grazie all'architettura delle luci che gioca in continuazione con i volumi, con i pieni e i vuoti, con le ombre e gli improvvisi squarci violenti che sa operare nel tessuto narrativo.

Scelta registica impegnativa quella di Carlo Cerciello, che decide di abbattere la quarta parete, di disporre il pubblico alle ali di una passatoia su cui di volta in volta fa arretrare e avanzare la Cassandra/Lupoli, che si muove in una notte buia, fitta di penombra, creata appositamente per dare risalto alla tragicità del racconto, e contemporaneamente impedire che il pubblico possa guardarsi in faccia, e perdere la concentrazione su quello che avviene teatralmente. Lo spettacolo è coraggioso, propone un testo non facile, sceglie un'ambientazione scarnificata, essenziale, dando con questo la possibilità a Cecilia Lupoli di dare il meglio, di giocare con il corpo, con la voce, e dare vita a una prova d'artista di tutto rispetto.

A sipario chiuso con Carlo Cerciello e Cecilia Lupoli. Alcune domande per te Carlo.
Perché ?
Per la visione di Cassandra. C'è un risvolto autobiografico, perché Christa Wolf, vissuta nella Berlino divisa, viene controllata dalla Stasi. Quindi comincia a vedere le forti contraddizioni della società, proprio come Cassandra. Poi c'entra molto con il clima poliziesco, con il clima della menzogna, con questo aspetto dell'affetto familiare dal quale non ti aspetti questa risposta, questa strategia menzognera che porta per la ragione di Stato a sacrificare per esempio la figlia Polissena. Ovviamente abbiamo dovuto ridurre, abbiamo dovuto a malincuore tirar via tante di quelle cose meravigliose che pure c'erano. A me interessava il rapporto con il potere, con la ragion di Stato, come una notizia diventi verità, come si trasforma la menzogna in verità, come la ragion di Stato sia capace di questo.
Inoltre, c'era il tema morale, e anche la punizione. Se tu hai sai delle verità scomode, sei punito per questo. Vedi Assange per esempio. Basta guardare Assange che ha tirato fuori la verità e la sua vita è in pericolo per questo. Quante cassandre abbiamo oggi. Per il pianeta abbiamo Greta Thunberg.
Ci sono delle verità scomode che il potere non accetta. Adesso abbiamo la guerra. Quindi ancora di più questa Cassandra lancia i suoi moniti in un messaggio in bottiglia che affida ai posteri. Noi dovremmo raccogliere questo messaggio, capire e cercare di non ripetere gli stessi errori. Purtroppo invece ci ritroviamo in questa situazione e stiamo vivendo ciò che significa la propaganda.

In tempo di Covid abbiamo assistito a tanti monologhi. Non avevate paura che proporre ancora un monologo e un testo così complicato potesse stancare il pubblico?
È sicuramente una un'esperienza non facile sia per l'attore che per il pubblico. In genere va intercettato l'interlocutore. In questo caso mi piaceva che il pubblico fosse identificato con il popolo di Micene che attorno al carro vuole sapere le verità di Cassandra, le verità che riguardano la morte di Agamennone e tutta la tragedia che si sviluppa dopo. Mi piaceva questo e poi c'era Cecilia, una brava allieva del laboratorio che abbiamo a Napoli da tanti anni, quasi trent'anni. Volevo che fosse Cecilia a interpretare la parte di Cassandra.

Quale laboratorio?
Al Teatro Elicantropo di Napoli c'è un laboratorio di autoformazione. Pensavo che fosse arrivato il momento di affrontare una prova d'attrice. E io ho detto “Se deve essere, deve essere qualcosa di molto complicato”.

Se è per questo c'è riuscito.
Se uno deve fare il passo deve essere importante.

Allora chiediamo un paio di cosa a Cecilia. La tua è una grande prova, anche fisica. Hai recitato il monologo con passione e padronanza. Non eri sola sul palco insieme a te c'erano luci di scena con cui giocavi, interpretavi, le disegnavi e loro disegnavano te. Come hai imparato a duettare con le luci?
Beh, sembra retorico e scontato ma Carlo oltre a essere il mio maestro di recitazione, è per me il maestro delle luci. Da sempre, dal primo anno di laboratorio, si fanno le quattro del mattino per fare le luci di un saggio. Questo la dice lunga.

Perché quel gioco di luci Carlo?
Drammaturgicamente la luce crea uno spostamento di realtà, di dimensione. Lavorando così vicini al pubblico c'è bisogno di creare un'altra dimensione. Il pubblico non può essere come me. Deve esserci una realtà parallela, devi creare una terza dimensione. E farlo a un metro, un metro di distanza è possibile solo abbattendo la quarta parete. Qua non c'è questa possibilità siamo vicinissimi. Allora doveva essere infilata con il gioco delle luci. Creando una sorta di muro che tra l'altro separa anche dagli altri. Anche voi siete separati da questo muro e non vi vedete tra spettatori, ma in realtà siete lì e vedete tutto. La distrazione sarebbe enorme se vi facessi vedere tra di voi, guardereste anche le facce dei vostri colleghi spettatori. Invece il gioco delle luci fa cambiare prospettiva.

Avete scelto anche la dimensione della penombra per dare risalto molto di più alla dimensione onirica.
Sì, per ottenere il gioco del pieno e del vuoto.

Ricordava una dimensione un po' punk alla Blade Runner, con i suoi replicanti. Ti sei ispirato a quello?
È un grande film, un mito.

A te Cecilia che cosa è piaciuto del testo di Christa Wolf? In che cosa ti sei riconosciuta?
Il suo uso delle parole, cioè di come esprime i concetti, di come dà delle immagini fortissime con delle parole precisissime e difficili anche da dire, che magari – se decontestualizzate – mai ti verrebbe in mente di inserirle, di metterle. Invece ci sono delle parole che mi risuonano tantissimo. C'è anche la sua capacità di questo viaggio a ritroso che lei fa. Comincia davanti alle porte di Micene e srotola i fili della vita e ritorna indietro. Questo ritornare indietro e andare avanti, questo vortice in cui alla fine cadi. Quando leggevo pensavo sempre alla nave di Agamennone, a questo carro, al percorso al viaggio verso l'ultima porta, la porta della morte.

Nei tempi attuali c'è un cavallo di Troia, Carlo? Chi lo trascina? C'è una città assediata?
Secondo me è la nostra coscienza ad essere assediata e i cavalli di Troia sono i media, l'informazione falsa, le fake news. C'è la sparizione di qualsiasi tipo di valore che superi di poco il contingente, il consumo. Quindi io credo che il cavallo di Troia prenda la nostra coscienza. Non riusciamo più a percepire le nostre verità, perché tutto è possibile, tutto può essere verità, tutto non lo è. E questa grande mistificazione ci trascina nel baratro, ci sta trascinando nel baratro culturale.
È un gioco sporco, strategico che il potere ha perpetrato nel tempo. Pasolini lo diceva ampiamente quando parlava dell'imbarbarimento del proletariato ad opera del modello borghese. Questo oggi ha consentito la sparizione dei riferimenti, anche dei riferimenti alti. Per cui, se oggi siamo arrivati ad avere in Italia un governo senza opposizione, lo dobbiamo sicuramente ad uno smarrimento, ad uno strategico sgretolamento di tutta una serie di valori e di verità.

Guardavo le tue scarpe. Sono molto solide. Sei un uomo concreto, con i piedi per terra?
In parte, ma con il teatro volo.

Cecilia con questi elastici ti senti libera di fare questo volo, di esprimerti?
No no no gli elastici sono uno slancio in più per farlo. Accanto alle luci ci sono anche loro. siamo in tre.

Il teatro è in crisi tu invece Cecilia ci punti. È una scommessa che pensi di vincere o non ti poni il problema?
Il futuro mi terrorizza. Quindi quello che faccio è stare sull'oggi, lavorare sull'oggi. Non pensavo di affrontare un testo del genere, una prova del genere. È successo dopo aver lavorato e aver fatto sbagli, dopo aver essere caduta. Voglio continuare in questo modo, un passo alla volta con l'impegno, la dedizione, con quei sacrifici che sono alla base alla fine del voler fare l'attore.

Allora merda, merda, merda e in bocca al lupo.

Gianfranco Falcone

 

Teatro Franco Parenti – Milano
30 marzo – 6 aprile 2023 | Sala Tre
Cassandra
di Christa Wolf
con Cecilia Lupoli
regia Carlo Cerciello
scene Andrea Iacopino
costumi Anna Verde
musiche Paolo Coletta
luci Cesare Accetta
consulenza movimenti Dario La Ferla
trucco Vincenzo Cucchiara
acconciatura Team Leo
aiuto regia Aniello Mallardo
foto di scena Guglielmo Verrienti
ass. regia Mariachiara Falcone
produzione Teatro Elicantropo / Elledieffe

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