
Chiara Tortorelli, nel suo nuovo romanzo “Lilith” si spinge oltre la ricerca della ferita originaria

Che il suo linguaggio letterario in prosa fosse affine alla poesia lo sapevano i suoi lettori di “Tabù” (Homo Scrivens, 2014) e di “Noi due punto zero” (Homo Scrivens, 2018), ne avevano avvertito gli echi che già stuzzicavano languori. Le sue descrizioni erano evocative nel modo in cui soltanto la poesia sa esserlo e soltanto la poesia poteva sporgersi in quell'universo primordiale che precede la ferita originaria e da cui la mente cogitans si mantiene ben distante.
Chiara Tortorelli nel suo libro “Lilith”, in uscita per Homo Scrivens, la casa editrice napoletana con cui collabora come editor fin dall'epoca della fondazione, squarcia il velo del non detto, di quegli eventi collocati al margine di ogni testo sacro, accennati eppure sempre esclusi, come il genitore svitato e scomodo che viene mandato a dormire se ci sono ospiti importanti.
Affinché fosse assicurata la perfezione e la bellezza universale, occorreva estirpare il caos, il magma primordiale, l'istinto selvaggio e indomito, la forma che crea e che divora facendo tornare nell'indistinto l'essere umano che teme questo destino più ancora della morte.
Lilith è la creatura ancestrale che presiede alla nascita del mondo, dea, demone, donna, bestia selvatica. Nel suo dotto epilogo, la Tortorelli la rintraccia in tutte le religioni più antiche, nelle dottrine sapienziali dei Sumeri, degli Assiri, dei Babilonesi, degli Israeliti, come pure alle origini delle divinità orientali, quelle più terribili e distruttive.
Una potenza tanto spaventosa da rendere impossibile la sua collocazione nell'universo razionale dove pure trovano spazio la follia e la morte. Lilith è la potenza della massa indistinta, di quell'utero che divora di cui perfino Freud preferì non occuparsi.
Seppure ricacciata da ogni eden, da ogni pensiero logico e da ogni costruzione religiosa e scientifica, Lilith ritorna nelle notti di luna nera, ella stessa è la luna nera, la strega, la donna che corre coi lupi, la meretrice e la concubina adorata. Lilith giace in un angolo della coscienza, al suo limite, occorre uno slancio per scorgerla, uno sforzo verso l'indistinguibile dell'irrazionale. In questo protendersi verso il limite del comprensibile, la parola si spezza nella sua sintassi, nei suoi nessi logici e grammaticali. Nonostante la vasta cultura della Tortorelli e l'immenso numero di parole che lei conosce e usa, la lingua della sua poesia si mantiene allusiva, sincopata, evocatrice.
Ciò che Lilith è e racconta di sé non può essere completamente spiegato. L'autrice prova a ricostruire una trama in brevi racconti che precedono le sezioni poetiche e ci restituisce l'immagine di un Eden dominato dal pensiero maschile che schiaccia e offende la prima donna, quella che venne prima di Eva.
Nella materia narrata dalla Tortorelli, l'uomo è fatto a immagine di Dio nella sua ricerca di perfezione e dominio sulle cose, la donna sfugge alla matrice razionale e rivendica il suo legame con la terra da cui è stata tratta da un dio che viene declassificato in demiurgo. Lilith si sente affine a materie fluide e tormentate: il sangue mestruale, la melma, il fuoco.
Questa prima donna impetuosa e ribelle, refrattaria al disegno divino che la vuole soggiacente al maschio, è bandita e allontanata, costretta ad accompagnarsi ai demoni che come lei si sono ribellati a Dio. Lilith sconta la sua libertà con il sangue dei suoi figli perché della maternità conosce solo lo strazio del lutto.
La lettura di questo testo, nella sua complessità, è utile a cogliere i limiti di quella estesa forbice che separa il potere umano da quello della natura. In quest'epoca di confine in cui sembra che il pianeta vivente stia portando il conto di secoli di arroganza e dominio cieco e forsennato su Gea, la madre Terra, lanciare lo sguardo verso il caos, verso quell'indistinto che viene prima della vita e quindi del ciclo vita/morte – come citava altrove la Tortorelli: il primo sintomo della morte è la nascita (S.J. Lec) – può ristabilire il dialogo tra le parti e rendere la consapevolezza del nostro destino mortale meno amara.
Un'ultima avvertenza prima di addentrarsi tra le pagine: la dicotomia uomo/donna su cui sembra inerpicarsi il testo va letta in senso junghiano, tutte le donne possiedono un animus e tutti gli uomini un'anima. Riconnettersi alle forze ancestrali ricuce le nostre innumerevoli anime dolenti e può indicarci una via di uscita rispetto al panico generato dalla natura quando la natura si ribella. Lilith spaventa e divora soltanto chi non si riconosce simile a lei, parte di lei, suo figlio.
Stefania Squillante
Chiara Tortorelli
Lilith
Homo Scrivens, 2021
Pagine208
€ 15,00
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