La Cina si rivolge alla SCO alla vigilia della nuova presidenza degli Stati Uniti

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Cina Grande Muraglia

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All'indomani della vittoria di Biden nelle elezioni statunitensi, durante il summit annuale della Pechino si rivolge all'organizzazione per contrastare le “interferenze straniere”.

I presidenti delle otto nazioni che insieme coprono circa metà della popolazione mondiale e un quarto del PIL globale, si sono incontrati via telematica il 10 novembre 2020. Occasione del meeting è stato l'annuale summit della Shanghai Cooperation Organisation (SCO), di cui fanno parte Cina, Russia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan, Uzbekistan, India e Pakistan. Fondata nel 2001 per colmare il vuoto lasciato dalla caduta dell'URSS in Asia centrale, questa organizzazione multilaterale a guida russo-cinese, si pone come obbiettivo principale quello di difendere i suoi componenti da quelli che vengono definiti nella dialettica cinese “i tre mali” di terrorismo, separatismo ed estremismo.

La SCO è stata spesso considerata in posizione di contro bilanciamento alle potenze occidentali, in particolare agli USA e alla loro presenza in Asia centrale e orientale. Non sorprende dunque la dichiarazione rilasciata durante il summit da , che ha messo in guardia gli altri stati membri dalle “interferenze straniere” nell'area. Nel primo discorso a livello internazionale tenuto dal presidente cinese dopo le elezioni americane e prima dell'invio di congratulazioni ufficiali al neoeletto presidente, la Cina si rivolge indirettamente proprio a loro: e gli Stati Uniti d'America. La presenza statunitense in Asia è ben nota, ancor di più nel vicino medio-oriente.

Gli Stati Uniti interpretano come interesse nazionale anche quello che succede fuori dai propri confini territoriali e questo li ha portati ad essere sempre più coinvolti nelle vicende dei paesi che circondano la SCO, come per esempio l'Afghanistan. Inoltre, gli Stati Uniti godono delle forti alleanze con Giappone, Corea del Sud, Filippine e Australia. Alleanze che hanno dimostrato la loro durevolezza e resistenza anche durante l'amministrazione Trump, che le aveva messe a dura prova, come dimostra uno studio del The Diplomat. Non bisogna poi dimenticare il sostegno degli Stati Uniti a Taiwan e agli interessi dell' – Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico – nel conflitto nel Mar Cinese Meridionale. Quest'ultimo infatti è il vero teatro dello scontro diretto e armato tra Stati Uniti e Cina che ha visto una turbolenta escalation negli ultimi quattro anni di presidenza Trump. Il presidente uscente si è infatti mostrato più deciso, e in certi casi imprevedibile, di chi lo aveva preceduto alla Casa Bianca.

Ed ecco che all'indomani dell'esito delle ultime elezioni americane, la Cina rinnova il suo ormai ben noto desiderio di multilateralismo all'interno di un'organizzazione di cui è la vera leader e che si trova ad essere circondata dagli Stati Uniti. Xi Jinping nel suo discorso, come riportato dal South China Morning Post, rinnova dunque le alleanze all'interno della SCO in chiave anti-americana.

Joe Biden rappresenta una nuova sfida per Pechino e per gli equilibri – o, dis-equilibri – esistenti in Asia. Di fronte all'incertezza di come si muoverà Biden nell'area, Xi Jinping ha probabilmente ritenuto opportuno solidificare e rinnovare le alleanze utili a controbilanciare le possibili azioni, militari o diplomatiche, americane in Asia.

Risuona a questo punto più forte che mai l'allarme lanciato da Henry Kissinger – stratega americano e fautore dello storico incontro tra Nixon e Mao nel 1972 – il quale parla di una vera e propria catastrofe se Cina e Stati Uniti non dovessero trovare un'effettiva modalità di cooperazione. “Il rischio è che il mondo scivoli in una catastrofe comparabile alla Prima Guerra Mondiale” ha ammonito. Quindi non rimane che osservare attentamente tutte le azioni che verranno portate avanti da ambo i versanti e interrogarci su quali saranno le prossime mosse degli attori in scena.
Alessia Paolillo

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