
Il XX Congresso del Partito comunista cinese (Pcc) si è chiuso sabato 22 ottobre con il previsto terzo mandato alla carica di Segretario generale del partito e Presidente della Cina di Xi Jinping. Quello che ritengono molti osservatori è che Xi Jinping rimarrà a capo del partito e della nazione per molto tempo ancora, probabilmente fino al 2035 quando secondo il suo discorso all'apertura del Congresso la Cina realizzerà la “modernizzazione socialista” un traguardo importante per arrivare al centenario della fondazione della Repubblica popolare cinese (1949) con un «grande paese socialista e moderno» e con un'avanzata del “ringiovanimento della nazione cinese su tutti i fronti”. Sviluppo e modernizzazione da far avanzare attraverso una serie di interventi – come spiega Filippo Fasulo – che accrescano la
«capacità nazionale in ambito economico, scientifico e tecnologico, educativo, ambientale, di governance e di sicurezza nazionale. Proprio quest'ultimo aspetto, quello della sicurezza, intesa sia in senso militare che come sicurezza economica, rappresenta, forse, una delle maggiori innovazioni della relazione. Nelle consuete analisi sui termini più utilizzati nei discorsi ufficiali, è proprio “sicurezza” la parola che ha fatto registrare il maggior incremento rispetto alle relazioni dei Congressi precedenti, superata ora soltanto da “sviluppo”, mentre si è ridotto notevolmente il ricorso al termine “riforme”» [1].
Tornado ai temi del potere che si è ampliato e approfondito va sempre la pena di ricordare come scrive Simone Pieranni, tra i maggiori esperti di questioni cinesi «quanto opachi siano certi processi interni al Partito» [2], commentando le promozioni e le purghe come quella vista in tutto il mondo dell'allontanamento con la forza dell'ex presidente Hu Jintao dal Congresso.
Del resto non va dimenticato che il Pcc è la più grande organizzazione politica al mondo con i suoi 96,7 milioni di iscritti e al Congresso sono arrivati oltre 2.000 delegati scelti, secondo le parole del Global Times, una delle principali fonti del Pcc, «dando priorità ai membri del Partito provenienti dai luoghi di lavoro e rendendo certa che la struttura della delegazione sia ragionevole e ampiamente rappresentativa». Le donne presenti sono state solo 610 anche se 68 in più rispetto al Congresso di cinque anni fa e comunque a dimostrazione di quanto marginale sia la posizione femminile al potere, ulteriormente aggravata dall'assenza di donne nel Comitato permanente del Politburo e delle sole 11 donne tra i 205 membri del Comitato centrale. Al Congresso erano anche rappresentate le 40 minoranze etniche con 264 delegati.
Xi Jinping non solo ha costruito a sua immagine e somiglianza il Comitato permanente del Politburo (il massimo organo decisionale del partito) e il Comitato Centrale ma ha anche nominato, selezionandoli in base alla fedeltà al suo pensiero e alla sua azione molti funzionari e dirigenti in tutti i settori, «sottolineando la sua ambizione di accelerare l'ascesa della Cina come superpotenza militare e tecnologica, mantenendola sotto il controllo inflessibile del Partito Comunista» [3].
Di fatto sembra essersi assicurato a vita la leadership del paese. Ci riuscirà? In un loro articolo Chris Buckley, Keith Bradsher e Chang Che esprimono alcuni ostacoli che potrebbero presentarsi proprio per un potere così esteso e profondo. Uno di questi è l'acquiescenza dei subordinati che rischia di fornire un'idea delle realtà diversa da quelle che veramente è e impedire di prendere le decisioni corrette per affrontarla.
«La storia è piena di esempi di autocrati accecati dall'arroganza dopo essersi circondati di subordinati che avevano paura di riferire cattive notizie. Il decennio al potere di Xi ha già prodotto esempi di superamento o disastroso trascinamento dei piedi, in particolare all'inizio del 2020, quando le autorità locali inizialmente cercarono di nascondere le prove che il Covid, allora poco compreso, fosse contagioso. Alcuni studiosi sostengono che tali rischi aumenteranno ora che ha ripulito il Politburo da potenziali anticonformisti» [4].
Dubbi sul potere di Xi Jinping arrivano anche da Minxin Pei che ragiona, riprendendo quanto fatto da dal successore di Mao Deng Xiaoping, sulla pericolosità del mancato rispetto delle regole e del cambiarle per favorire i propri interessi.
«Se armeggiare con le regole e le norme istituzionali può rappresentare un beneficio per gli autocrati, non è necessariamente un bene per i loro regimi. L'esperienza del Pcc sotto la guida di Mao lo dimostra. Libero da qualsiasi limitazione istituzionale, Mao si è lanciato in purghe infinite e ha guidato il partito da un disastro all'altro, lasciandosi alle spalle un regime esausto dal punto di vista ideologico e fallito dal punto di vista economico. Deng aveva capito che un sistema basato sulle regole era essenziale per evitare che quell'esperienza disastrosa si ripetesse. I suoi interessi personali hanno però avuto la meglio sulle sue convinzioni e l'edificio istituzionale che ha costruito negli anni ottanta si è rivelato poco più che un castello di carte. La conferma di Xi prevista per questo mese non è altro che il soffio di vento che ne provocherà l'inevitabile crollo» [5].
A questi aspetti di debolezza individuati da alcuni analisti si potrebbe aggiungere anche la situazione meno rosea di quella attesa dalle promesse di Xi. Infatti, come ci ricorda Martine Bulard nella sua approfondita disamina della situazione in Cina,
«l'economia è però entrata in una fase di stagnazione: nel secondo trimestre del 2022 è stata registrata una crescita debole (0,2%), per la prima volta da trent'anni a questa parte. Questa fragilità si può spiegare in parte con il declino del commercio mondiale e con la strategia zero-covid che sta paralizzando intere città e regioni. Un'altra causa è senz'altro l'interruzione improvvisa della folle costruzione immobiliare degli ultimi decenni, conclusasi in una bolla che il governo vorrebbe far scoppiare dolcemente, senza riuscirci del tutto. […]. In generale, la disoccupazione sta aumentando pericolosamente, soprattutto tra i giovani qualificati: quasi uno su cinque (il 19,6%) non riesce a trovare lavoro. Nella terra del figlio unico, questa situazione è esplosiva. Se il contratto sociale – la promessa di un futuro migliore in cambio del monopolio del Pcc – viene minato, l'avvenire sarà compromesso. È comprensibile che i funzionari più alti e i quadri del partito, giocandosi il proprio destino personale, non seguano come un sol uomo le direttive del «presidente di tutto» …» [6].
Data l'opacità che spesso troviamo nelle faccende cinesi vedremo nelle prossime settimane e mesi, anche a fronte delle lotte geopolitiche in atto, se l'uomo solo al comando riuscirà a far muovere il paese nella direzione che ha indicato.
Pasquale Esposito
[1] Filippo Fasulo, La linea di Xi, 18 ottobre 2022
[2] Simone Pieranni, Xi prende tutto, rimossa la vecchia guardia, 23 ottobre 2022
[3] Chris Buckley, Keith Bradsher e Chang Che, China's Leader Now Wields Formidable Power. Who Will Say No to Him?, 23 ottobre 2022
[4] Chris Buckley, Keith Bradsher e Chang Che, ibidem
[5] Minxin Pei, Il potere di Xi Jinping si regge su un castello di carte, 20 ottobre 2022. Project syndicate, Stati Uniti, traduzione di Giusy Muzzopappa
[6] Martine Bulard, In Cina le fragilità di un presidente onnipotente, Le Monde Diplomatique-il Manifesto, pagg. 12 e 13, ottobre 2022
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