
Daniele Ciprì, maestro regista, direttore della fotografia le do del tu o del lei? No – risponde serafico – tranquilla. Inizia così la nostra amichevole conversazione.
Chi è Daniele Ciprì?
Sono un malato, di cinema ovviamente, e di tutto quello che gli gira attorno, la curiosità mi appartiene. Sono nato e cresciuto in una famiglia di artigiani. Papà riparava macchine fotografiche ed ho incontrato nel tempo persone che mi hanno aiutato a conoscere meglio il cinema. Poi l’incontro con Maresco consacrando una scuola personale molto importante, venivamo dall’amore per il cinema americano.
Gli dico che Cinico Tv (Rai3 1992-1996) mi era piaciuto molto, uno straordinario contenitore impregnato di metafore. Post moderno.
Erano corti girati nello squallore e nella degradazione, anche politica di quei tempi, gli anni ‘90 – ma che sarebbe adattissimo nel periodo storico di adesso
Trascrivo in passione – continua – sul possibile futuro quel cinema che non c’è più cercando di lavorare anche con i giovani.
Parlando di cinema contemporaneo, quale archetipo per una fotografia cinematografica?
È tutto legato al film che mi piace fare, sono il servitore dell’immaginario altrui, del regista – servendolo in maniera assoluta, ambientazioni, luci, …
Per Il Cattivo Poeta – l’ultimo film che ha come regista l’esordiente Gianluca Jodice – hai vinto il Nastro d’argento per la fotografia, me ne parli?
Racconto per immagini un grande artista – c’è un grande lavoro di squadra nella casa vera di Dannunzio, il vittoriale. Costumi, scenografia, un lavoro di ricerca del colore fatto insieme all’autore. Mi sono immedesimato nella mente di Gabriele D’Annunzio ricreando quella luce/ombra che era nella casa –un uomo racchiuso nel suo castello – così lo immaginavo.
Daniele, come è cambiata la fotografia nel cinema negli ultimi decenni?
Radicalmente, è cambiato il modo di guardare. Dico sempre ai giovani che le immagini devono essere raccolte da un’ idea ben precisa e dare l’attenzione alla la prima immagine fotografica che sono gli attori e smetterla di pensare che l’immagine sia padrona del cinema. Il film lo fa l’attore. I registi –oggi – pensano solo alle macchine da presa – alla tecnica e non pensano alla drammaturgia. Purtroppo siamo diventati ignoranti –si è dimenticato il vero cinema che fu di Pasolini – Antonioni –
Fellini e tanti altri. In pratica – le avanguardie. C’è troppa attenzione all’immagine e non all’anima. Il cinema di Fellini raccontava la bugia – l’immaginario. Le piattaforme stanno rovinando – già in crisi – il cinema.
E per consolidare il suo pensiero aggiunge Le immagini sono il film in sé.
E l’emozione più grande come direttore della fotografia?
Lavorare con il maestro Marco Bellocchio è stata l’emozione più grande della mia vita, mio maestro anche di vita con il quale collaboro. Ecco Bellocchio è uno che ha l’esigenza di raccontare il film!
Sei direttore artistico di Corto Dorico, Festival Internazionale che si tiene ad Ancona.
Con questo Festival cerco di salvare il cinema europeo attraverso la ricerca di nuovi talenti con l’esigenza di scrivere. Sono film brevi e di talenti e come ovunque, ce ne sono di bravi e meno bravi.
Una anteprima di progetti?
Con l’amico Mimmo Cuticchio e i suoi pupi siciliani. E poi ci sono alcuni lavori in corso con Ficarra e Picone. Non mi fermo, non mi fermo, ce ne sono di progetti.
Daniele Ciprì, grazie per il tempo che mi hai dedicato
Un abbraccio e a presto – mi risponde
A presto, Maestro, nella magia dello stupore e della fascinazione
Maria Grazia Galatà
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