
Il Codice rosso, ossia il ddl sulla tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, è stato approvato in via definitiva dalle camere, con 197 si e 47 astensioni, e diventerà legge con la pubblicazione in gazzetta ufficiale.
Ad una prima lettura si percepisce quale importante passo in avanti si sia fatto verso la tutela delle donne che subiscono violenza, perché si interviene sui tempi di reazione alla denuncia, sulla tempestività e la qualità dei provvedimenti e sull’inasprimento delle pene.
La condizione di urgenza viene infatti presunta comportando sia una riduzione della durata massima per le indagini preliminari che l’immediata comunicazione della notizia di reato al magistrato, il quale dovrà poi ascoltare la vittima entro massimo 3 giorni e, in caso, dare immediato avvio alle indagini della polizia giudiziaria. Ad allungarsi sono invece i tempi consentiti ad una vittima per fare denuncia della violenza subita, che passano dai 6 ai 12 mesi. Le forze dell’ordine che la raccolgono sono inoltre tenute a frequentare corsi di prevenzione e perseguimento dei reati di violenza domestica e di genere.
Le pene vengo aumentate nella maggior parte dei casi, fino all’ergastolo in caso di omicidio aggravato.
Per i maltrattamenti e gli atti persecutori verso familiari e conviventi si passa dagli attuali “da 2 a 6 anni” a “da 3 ai 7 anni”, “da 4 ai 9” in presenza di lesione personale grave, “da 7 a 15 anni” se lesione gravissima e “da 12 a 24” in caso di morte della vittima. La pena aumenta sino alla metà se l’atto è commesso in presenza o verso minore, donna in stato di gravidanza o persona disabile.
La Legge di Bilancio prevede a sostegno degli orfani del femminicidio anche un finanziamento di 7 milioni di euro a partire dal 2020.
Lo stalking passa “da 6 mesi a 5 anni” a “da 1 a 6 anni e 6 mesi” di reclusione.
La violenza sessuale è punita con il carcere “da 6 a 12 anni”, aggravata se a subirla è un minore di 14 anni e dietro compenso o promessa di denaro, “da 12 a 24” se il minore è di età inferiore ai 10 anni.
I condannati per reati sessuali potranno accedere a corsi di recupero specifici e, in caso di violenza su minore, a trattamenti psicologici con finalità di sostegno e recupero che potranno consentire l’accesso a benefici penitenziari o sospensione della pena.
Per la prima volta diventano reato anche la deformazione o sfregio del viso, tanto di moda negli ultimi anni e che in quanto lesione permanente personale gravissima prevede la reclusione “da 8 a 14 anni” e il Revenge Porn, fenomeno dell’era digitale e social. Chi realizza immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona rappresentata è punito anche se non li condivide. Nel caso di diffusione o pubblicazione on line è prevista reclusione “da 1 a 6 anni” e una multa da 5 a 15mila euro, pene aggravate se il reato è commesso dal partner, anche se ex, e se la vittima è disabile o donna in stato di gravidanza.
Altra novità introdotta dal Codice rosso è il riconoscimento del delitto di costrizione o induzione al matrimonio, violenza che colpisce soprattutto donne in stato di vulnerabilità o inferiorità psichica e che sono spinte con maltrattamenti o minacce a contrarre vincoli matrimoniali. Il reato è punito con il carcere “da 1 a 5 anni” e “da 2 a 7” se la violenza è a danno di un minore di 14 anni. Le pene vengono applicate anche se l’abuso è commesso da straniero residente in Italia o da cittadino italiano all’estero e va a contrastare l’ignobile fenomeno delle cosiddette Spose Bambine.
Rafforzate anche le pene per chi viola i provvedimenti dell’autorità giudiziaria di allontanamento dalla casa familiare e dai luoghi frequentati dalla vittima. La reclusione va “da 6 mesi a 3 anni”.
Ma c’è un MA che lascia perplessi perché un aspetto fondamentale è stato tralasciato. Non si può credere che il solo inasprimento delle pene sia un deterrente sufficiente ad evitare che un uomo usi quella violenza che gli è comunque legittimata da una distorta tradizione storica e da una società che continua ad essere patriarcale, nell’accezione negativa del termine.
Per arginare un fenomeno occorre investire nella sua prevenzione sia attraverso la formazione delle forze dell’ordine, che deve essere finanziata e non semplicemente obbligatoria, sia sovvenzionando i centri anti-violenza che intervenendo in una corretta educazione sui ruoli di genere già in tenera età. Quando un uomo è colpito da un raptus perché quella “cosa” è sua o deve essere sua, non si ferma a pensare alle conseguenze. La strada giusta è evitare che lui venga colto da quell’impulso e che si senta giustificato dalla convinzione di essere migliore e padrone.
Legge non abbastanza coraggiosa insomma perché si poteva fare di più e meglio, perché al solito ci si deve accontentare del “meglio poco che niente”. Perché il coraggio di camminare in una strada poco illuminata, di lasciare un uomo che non si ama più, di dire no a chi pretende quello che non vogliamo dare resta tutto a carico nostro. La legge ci tutela solo dopo che ci hanno picchiate o violentate e il codice diventa rosso non tanto per l’urgenza quanto per il sangue che ci deve sgorgare per essere ascoltate.
Federica Crociani
-----------------------------
-----------------------------
Se sei giunto fin qui vuol dire che l'articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l'articolo.
Condividi la cultura.
Grazie