
Nel nostro peregrinare tra le periferie avevo conosciuto Francesco dopo l'intervista per il suo progetto fotografico a Giambellino, Milano. Nel corso della nostra chiacchierata mi aveva accennato a Conserva.Mi, l'associazione no profit di cui fa parte e della quale avrei voluto approfondire. Mi suggerì di parlarne con una delle fondatrici, Ginevra Zanoli. L'associazione ripara e insegna a riparare oggetti e strumenti evitando l'usa e getta e contribuendo a dare una mano alle persone che hanno bisogno. E come dice Francesco, alla fine della giornata chiacchierando fra noi sorridiamo dicendo che forse aiutiamo le persone anche a riparare le loro anime. Conserva.Mi svolge la sua attività in periferia, a Giambellino. Per ora.
A proposito di persone e di anime da riparare mi accennava della festa che qualche giorno fa è stata organizzata per Jon Cosmin, per tutti Giovanni Rana per via di un suo tatuaggio, un volontario e amico che dà una mano nell'associazione. Giovanni vive in strada e da qualche tempo è riuscito a mettersi l'alcol alle spalle. E sentendo la nostra fiducia ha cominciato ad aiutarci aiutandosi a sua volta. L'emozione, la commozione ma anche l'imbarazzo per la festa che nessuno, in Italia, gli aveva mai organizzata sono stati evidenti da confonderlo e lasciargli delle espressioni che sarebbe complicato descrivere perché in relazione diretta con il suo animo e i suoi pensieri. Il prossimo passo sarà quello di trovare una casa.

“Quindi semmai dovesse capitare di attraversare quello che sembra un nulla cosmico, il Giambellino, potreste imbattervi nella nostra officina popolare e entrare per riparare o imparare qualcosa ,oppure semplicemente per bere un caffè o per fare due chiacchere come ormai fanno in molti. Capita spesso nella bella stagione, di mettere le sedie fuori e le persone della piazza ma non solo, vengono e ci raccontano storie, fatti o accadimenti del quartiere, oppure vogliono semplicemente solo parlare e trovare dell'ascolto. Spesso vogliono solo compagnia e le chiacchere sono bandite”. In questo mese di agosto Conserva.Mi è rimasta aperta – principalmente grazie a Giovanni e Walter – un risultato non inimmaginabile fino a poco tempo fa, l'officina popolare diventa, come dice Ginevra, veramente di tutti.
Eccoci a Ginevra.

Chi è Ginevra Zanoli? Quando e perché decidi di lavorare nel volontariato?
Romana di nascita, torinese di adozione e ora milanese. Da dieci anni lavoro nel terzo settore in diverse associazioni, cooperative anche all'interno del sistema di accoglienza migranti. Adesso lavoro in una Onlus che si occupa di inserimenti socio-lavorativi di persone con fragilità, a rischio emarginazione.
Come è nata l'idea di “Conserva.Mi – attrezzeria Milano”? Siete due donne ad averla fondata, come vi siete conosciute e come siete organizzate?
Si io e la mia amica Annalisa Di Benedetto, l'altra fondatrice di Conserva.Mi, a cui si è aggiunto Alessandro Forti al momento della costituzione dell'Associazione. Insieme ad Annalisa ragionavamo da un po' di tempo su come fare qualcosa per la comunità, per il territorio mettendo insieme le nostre esperienze nei progetti di volontariato. Facevamo particolare attenzione alla questione ambientale ed in particolare al paradigma dell'acquisto uso e getto, una filiera viziosa e che diciamo chiaramente ci ha sempre fatto un po' schifo. E così intorno a questa idea abbiamo pensato ad uno spazio per lavorare in questa direzione. Tra l'altro Annalisa è una bravissima sarta.

L'associazione con quali risorse riesce a svolgere le sue attività? Quanti sono i volontari che vi lavorano? Avete difficoltà a trovare volontari e competenze? Come funziona la formazione per insegnare a riparare oggetti?
Conserva.Mi nasce da un bando del Comune di Milano e quindi banalmente le prime risorse arrivano da lì. Nessuno è stipendiato, cerchiamo di acquistare il meno possibile, anche utilizzando se possibile, materiali di scarto. Tornando alle risorse continuiamo a ricorrere ai bandi comunali e regionali e poi ci sono le donazioni dei privati. Un esempio? Quando arriva all'officina di Conserva.Mi una persona con il frullatore rotto, un nostro tutor come Simone Renna prende in carico la richiesta e poi, insieme alla persona, apre il frullatore e valuta il problema e poi eventualmente esegue la riparazione insieme al proprietario che oltre ad osservare può anche provare metterci le mani imparando qualcosa. Se il lavoro è più complesso il frullatore viene lasciato in officina. Alla persona viene chiesto di tesserarsi al costo di 10 euro anno (inclusa un'assicurazione per l'utilizzo di spazi e attrezzature) e a riparazione avvenuta si chiede anche una donazione.
Tra le risorse di cui possiamo disporre potrebbero esserci anche quelle di aziende che possono donare oggetti o denari.
Quella di Giambellino è la prima e l'unica sede? E perché la scelta di Giambellino?
Giambellino è la prima sede ma non sarà l'unica. Nel 2023 abbiamo in programma di aprire in altri due quartieri: Barona e zona viale Padova, parco Trotter proprio perché per noi è importante che la attrezzeria popolare diventi un luogo di prossimità, quindi le persone devono avercela nel quartiere dove poter velocemente riparare senza dover attraversare Milano. Detto questo abbiamo scelto Giambellino semplicemente perché il bando della scuola dei quartieri di cui ti dicevo riguardava Giambellino e Lorenteggio – Corvetto, quartieri oggetto di enorme riqualificazione da parte del Comune di Milano.
Allungare la vita di molteplici oggetti di uso quotidiano è sempre più necessario. Sono convinto da tempo che non basta più solo riciclare ma bisogna riparare e riusare. Il Pianeta ne otterrebbe un grande vantaggio. Voi insegnate a riparare e riparate: cosa e come?
Esattamente è quello che facciamo. Riusciamo a fare anche qualcos'altro per evitare che oggetti finiscano tra i rifiuti. Abbiamo una stampante 3d e qualche volta ci è capitato di stampare piccoli pezzi, ingranaggi che non si trovano in commercio perché non convengono all'industria produttrice che servono per riparare ad esempio uno spremiagrumi. Uno uso intelligente della tecnologia. Ricorderei inoltre in tempi di risparmi energetici necessari che riparare non vuol dire solo meno rifiuti in discarica e meno inquinamento ma anche comprare meno e produrre meno consumando materie prime ed energia.

Al di là delle periferie dove il disagio e la sofferenza sono maggiori, se dovessi dare un'idea per un programma politico che aiuti ad affrontare la povertà a cosa penseresti?
Guardando a Giambellino e alla mia esperienza un problema enorme che vedo anche lavorativamente, quindi non solo come Conserva.Mi, è il tema degli spazi, in particolare delle abitazioni di edilizia popolare. Il sistema di accesso alle case popolari sta diventando sempre più complicato, le liste di attesa sempre più lunghe e spesso le abitazioni non sono adatte all'utenza. All'interno di Conserva.Mi abbiamo diversi volontari che sono stati avvicinati nella piazza, loro dormivano o dormono tuttora in strada e vivevano nella piazza magari ingannando il tempo con una lattina di birra acquistata al supermercato. L'emarginazione, la solitudine, creano il disagio che tutti noi conosciamo, ma sentire di non aver neppure diritto a quattro mura fa spesso cadere queste persone in un vortice di depressione. “come mi rialzo senza un tetto sulla testa” dicono, ed è vero. L'emergenza abitativa dovrebbe essere parte di un programma politico serio, a livello nazionale e non lasciato in mano a Comuni e Regioni, che troppo spesso si rimpallano il problema.
Pasquale Esposito
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