
Da quando l’uomo discese dagli alberi per iniziare a camminare in maniera eretta uno dei problemi che gli si presentarono fu quello di contare e di calcolare. Per contare l’uso delle dita delle mani con l’indice opponibile fu cruciale, così come fu cruciale per il calcolo l’uso della scrittura. Ma la curiosità è una prerogativa del mondo animale, e fu certamente fondamentale per la conoscenza della Matematica.
Visto che noi abbiamo cinque dita per mano, dieci dita nelle due mani e venti dita contando anche quelle dei piedi, le basi 5, 10 e 20 sono state quelle più gettonate dai nostri antenati per esprimere i risultati delle operazioni di conteggio e calcolo: della base 5 sono stati trovati alcuni esempi in Sassonia, in una zona abitata dai Celti; della base 20 abbiamo un esempio notevole nella maniera che hanno adesso i Francesi di dire 80 e 90: “quatre-vingt” e “quatre-vingt dix”, cioè “quattro volte venti” e “quattro volte venti più dieci”. La base 10 la conosciamo molto bene, visto che è quella che usiamo più diffusamente nei nostri testi; in ambito informatico si sono diffuse la base binaria, ottale e esadecimale (base 2, 8 e 16), mentre nella misura degli angoli e del tempo la base sessagesimale (la base 60) è quella più comune.
Lo scopo del contare è semplice: rendere visibile in un linguaggio chiaro e immediato le quantità di ciò di cui si discute. Lo scopo del calcolare si associa subito alla somma e alla sottrazione di quantità (evidente l’utilizzo nei baratti e nei commerci): con dei sassolini si potevano aggiungere e togliere piccole quantità di oggetti e il risultato poteva essere rappresentato con la scrittura. Ma pian piano le quantità da considerare divennero sempre più grandi e occorreva un metodo per scrivere e per manipolare numeri sempre più grandi.
Arts et Metiers Pascalin, foto Wikipedia
Via via l’uomo progredì con le sue conoscenze matematiche creando strumenti che lo potessero aiutare a calcolare: ecco quindi l’Osso di Lebombo (circa 35.000 a.C.) con delle tacche incise e l’Osso di Ishango (circa 20.000 a.C.), la prima testimonianza della conoscenza umana dei numeri primi. Abbiamo poi la famosa Macchina di Anticitèra (risalente al 150-100 a.C.) con cui gli antichi pensatori ellenisti calcolavano il sorgere del Sole, le fasi lunari, i movimenti dei pianeti, gli equinozi, i mesi, i giorni della settimana e le date dei giochi olimpici.
Ma sicuramente la macchina per contare più diffusa nel mondo antico fu l’abaco. A partire dal 2000 a.C. in Cina e in Persia fino a tutto il Medioevo in Europa l’abaco fu lo strumento principe per sommare e sottrarre quantità. Intere generazioni si sono sviluppate in tutto il mondo usando l’abaco per contare e calcolare. Il libro di aritmetica europeo più usato nel Medioevo fu il “Liber Abaci” (“Libro dell’abaco”) di Leonardo Fibonacci, a testimoniare l’importanza che rivestì l’abaco nel mondo.
Nel 1632 fu inventato da William Oughtred il primo regolo calcolatore. Fu uno strumento formidabile per le moltiplicazioni e le divisioni, nonché per l’uso dei logaritmi e delle funzioni trigonometriche. Fino al 1972 non esistevano calcolatrici scientifiche tascabili, per cui nelle prime missioni sulla Luna per eseguire i calcoli necessari vennero usati i regoli calcolatori (i main frame erano troppo pesanti per essere trasportati a bordo delle navicelle spaziali). Nelle scuole di ogni ordine e grado fino agli anni Settanta del secolo scorso i regoli venivano usati per effettuare tutti i calcoli; poi la calcolatrice prese il sopravvento.
Leibnitz rechenmaschine, foto Wikipedia
Continuando il nostro excursus storico tra gli strumenti ci conteggio e calcolo, nel 1642 fu inventata dal matematico francese Blaise Pascal la pascalina, ovvero la prima calcolatrice in grado di sommare e sottrarre numeri fino a 12 cifre con i riporti automatici. Pascal la inventò per aiutare il padre nei suoi calcoli complessi, visto che lavorava come Intendente di Finanza presso la Corte del Re Sole Luigi XIV.
Nel 1672 Gottfried von Leibniz, il famoso filosofo, sulla falsariga della pascalina ideò (e nel 1694 realizzò concretamente) la “Stepped Reckoner”, ovvero la prima calcolatrice in grado di eseguire le quattro operazioni in maniera automatica.
La storia degli strumenti di calcolo continua con variazioni sul tema dell’abaco o del regolo calcolatore: in pratica fino agli anni ’60 del secolo scorso non ci sono state invenzioni degne di nota, quando l’elettronica inizia a farsi strada nel mondo scientifico e vennero sviluppati i primi circuiti integrati. La prima azienda a creare un nuovo strumento di calcolo fu la Texas Instruments che nel 1967 inventa la prima calcolatrice portatile a batterie, la Cal-Tech, che aveva come dispositivo per leggere i risultati dei calcoli un rotolo di carta. Nel 1970 la prima calcolatrice commerciale, la Pocketronic, fu inventata dalla Canon. Ma anche questa aveva la carta per visualizzare i risultati. I primi display a LED (Light Emitting Diode) furono sviluppati dalla Monsanto presso la General Electric. Nel 1973 la prima calcolatrice a LCD verdi, antesignana delle moderne calcolatrici, fu prodotta dalla Sharp.
La diffusione di computer sempre più ridotti in dimensione e peso e l’avvento degli smartphone ha quasi del tutto fatto sparire dal mercato le calcolatrici, trasformandole in programmi informatici e in applicazioni.
Oggi giorno l’abaco è rimasto come gioco per bambini, mentre del regolo calcolatore sono rimasti pochi esemplari nei musei o nelle nostre soffitte. Ma ritengo che sia una cosa molto interessante per sviluppare la curiosità dei nostri figli dare loro la possibilità di imparare ad usare questi strumenti, se li dovessimo ritrovare in qualche scatolone… L’esperienza diretta di strumenti per contare e calcolare che implica un impegno diretto e concreto in queste operazioni aiuta le persone a sviluppare quelle capacità che ognuno di noi ha, ma che spesso non sappiamo di avere o che sono addormentate dalla troppa tecnologia che ci circonda.
Poter calcolare velocemente usando uno strumento affidabile ha certamente liberato la mente delle persone curiose dalla noia di effettuare calcoli complessi per potersi dedicare a creare, capire e approfondire nuove teorie, ma ha contemporaneamente contribuito ad addormentare le menti di coloro ai quali non appartiene la curiosità di conoscere cose nuove.
Enrico Cirillo
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