
Contro i borghi è un libro che nasce nell'ambito dei progetti dell'Associazione Riabitare l'Italia che promuove ricerche, seminari, incontri e dibattiti per una nuova rappresentazione del nostro paese.
Contro i borghi è un volume curato da Filippo Barbera, Domenico Cersosimo e Antonio De Rossi; una raccolta di saggi che offre tante diverse chiavi di interpretazione sul futuro del Belpaese, dei suoi mille borghi e sull'idea del “turismo petrolio d'Italia“.
I borghi, in tema di rappresentazione e di narrazione dei luoghi e delle prospettive ad essi connesse, hanno nell'ultimo decennio invaso la scena pubblica come un nuovo “prodotto” su cui concentrare le attenzioni, se non le speranze per un domani più vero e vivibile.
Il volume, che comprende contributi di studiosi di diversa provenienza culturale e disciplinare, intende ripercorrere il successo dell'idea stessa di borgo – successo enfatizzato anche grazie ad un forte impatto mediatico – che ha finito con il sostituirsi ad altre idee, attraverso le quali pensare un'identità locale, che non sembravano in grado di essere altrettanto attrattive.
Partendo proprio dall'inizio – e non solo del volume – seguiamo quello che i curatori – Filippo Barbera, Domenico Cersosimo e Antonio De Rossi – scrivono nell'introduzione: Un paese di poeti, santi e navigatori. Ma anche di borghi. Da qualche anno, e in coincidenza con l'esplosione e la crisi del modello urbano e metropolitano va di moda la «riscoperta dei borghi». Messa alle strette, la metrofilia in crisi di identità riscopre il piccolo, e si rifugia nell'esaltazione del – presunto – nucleo urbano originario, assurto a modello e paradigma dell'autenticità.
Un tempo si sarebbe parlato del mito della campagna e di una vita serena sottratta allo stress della vita cittadina; negli ultimi anni l'idea dei borghi come luoghi privilegiati si è fatta penetrante e pervasiva perché è sembrata anche capace di rilanciare e promuovere ogni piccola realtà sociale.
L'idea stessa di borgo – l'uso di questo termine viene indagato nel volume con un'attenzione che ne mostra tutti i limiti e le forzature storiche, ideologiche e consumistiche – smembra più che unire, cristallizza più che storicizzare, umilia più che esaltare. Paese, con la sua lunga carica di significati (patria – paese, paesano, paisà e così via), sembra essere relegato sullo sfondo di un'epoca meno attraente e meno capace di evolversi. Il borgo, il piccolo borgo con qualche sua caratteristica mostrata come peculiare, con la retorica della sua particolarità, con le sue mitologie eno-gastronomiche si presta davvero meglio ad essere mostrato come uno scrigno da aprire per evidenziarne le ricchezze: un piccolo tesoro a disposizione dei borghesi di città pronti ad adottarlo, curarlo e così via secondo lo slogan: piccolo è bello.
Piccolo è bello; piccolo è speciale; piccolo è disponibile ad essere in qualche modo “invaso” perché non può da solo emergere e proporre un proprio modo d'essere. L'immagine del borgo più bello d'Italia, l'idea della bellezza da ritrovare blandisce un largo pubblico che ama immaginarsi come speciale. Un vasto pubblico che vuole pensare sé stesso come capace, quindi, di apprezzare cose e luoghi speciali. Si crea così un pericoloso corto circuito fra quello che viene narrato come uno spazio limitato e capace di produrre (ad esempio) prodotti di nicchia, e un pubblico, sempre più largo. Una massa di persone è convinta a muoversi per scoprire luoghi che, mentre si concedono come bene di consumo, negano sé stessi, la propria identità e la propria possibilità di essere.
Il borgo diventa il “bene rifugio” per cittadini annoiati e spaventati che si assicurano una vita da pensionato, un fine settimana o una domenica per uscire dallo spazio urbano iper-popolato in cui hanno scelto di vivere; il piccolo borgo non sembra avere una vita propria o un'idea di sé da proporre al futuro: esso corre il rischio di trasformarsi in un piccolo deserto che si popola per qualche giorno o per qualche mese.
Con le ondate di Covid si è poi consolidata un'ulteriore patina retorica, legata anche all'idea del lavoro da remoto, che ha visto nei borghi l'ideale luogo di residenza per tutti quelli che avevano compreso l'importanza di un modello di vita più soft, più verde e, perché no, più congeniale ad una vera transizione ecologica. Una nazione complessa e ricca di storia e trasformazioni non è fatta soltanto di piccoli borghi da esaltare con concorsi o con l'idea di luoghi eccellenti da finanziare così come accade per alcuni aspetti dello stesso PNRR (Bando borghi).
Tanti sono i centri medi o piccoli che possono essere definiti come, pur con tutto il rispetto per la loro storia, “brutti” e figli di una crescita che ne ha snaturato la struttura. Lungo la ferrovia, lungo importanti arterie stradali si sono sviluppati centri anche densamente popolati che hanno bisogno, per essere davvero vissuti con la piena dignità che meritano, di servizi, di scuole, di biblioteche e di tutto quello che rende migliore la vita dei residenti. Non tutti i luoghi sono belli e non tutti i borghi sono speciali.
Possiamo immaginarli: come paesi, come luoghi vissuti dai residenti; come piccole realtà capaci di fare rete, di condividere servizi; come luoghi che fanno i conti con il calo demografico e con l'invecchiamento della popolazione; come realtà dotate di servizi che vanno dalle connessioni ai servizi sanitari: un piccolo elenco, fra i tanti fattori analizzati in Contro i borghi, di possibili visioni alternative che garantiscano un vero futuro ai piccoli borghi, ai paesi delle aree interne e montane, a quei centri che ancora oggi attirano non pochi residenti. Al momento prevale una visione che serve a vendere una sorta di “prodotto” che corre il rischio o di essere sfruttato fino al punto di distruggerne gli elementi che lo rendevano speciale e accogliente o di essere trasformato in una sorta di “museo” a disposizione di visitatori più o meno occasionali.
Non appare immune da questi rischi anche l'idea – portata avanti in alcuni comuni già da qualche anno – di vendere case a prezzi simbolici (un euro) per attrarre residenti. Sono del tutto convincenti queste scelte? Quale trasformazione possono indurre? Quale destino per chi è residente in questi luoghi che sono presentati come piccoli paradisi da scoprire? Potranno tutti vivere davvero di turismo? Secondo quale modello di sviluppo e coesistenza fra passato e futuro?
Tante voci per un volume corale che costringe a guardare con attenzione alle politiche che anche tante amministrazioni locali portano avanti, spesso probabilmente in buona fede, quasi abbagliate da una “moda” che potrebbe rivelarsi sul lungo periodo davvero fatale. I saggi raccolti in questo importante volume possono essere, quindi, un utile monito per ripensare il modello di sviluppo di un intero paese.
Antonio Fresa
Contro i borghi
Il Belpaese che dimentica i paesi
A cura di Filippo Barbera, Domenico Cersosimo e Antonio De Rossi
Donzelli, 2022
Pagine 182
€ 18,00
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