Crisi istituzionale: ragionare su un nuovo schieramento di coscienze

Roma Palazzo Montecitorio

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La gravissima crisi istituzionale apertasi in , sicuramente la più acuta da decenni, sarà anche ricordata per aver avuto se non altro il merito di disvelare forse definitivamente alla parte più ingenua del parterre, quali sono i reali “equilibri” politici e, soprattutto, chi davvero li governa.

La spaccatura in atto in questi giorni di afoso caos sembra realmente profonda, inoltre fa zampillare quella che, almeno negli ultimi trent'anni è una vera novità da queste parti, ovvero una riflessione collettiva, che sia superficiale o più consapevole, ma comunque dibattito e dialettica.

A contrapporsi tuttavia non sono più le categorie politiche tradizionali, neanche quelle più lontane dalle ideologie classiche ereditate dal Novecento. Queste oramai sono seppellite nelle consapevolezze, anche grazie a chi, soprattutto in quella che doveva essere la parte più avanzata e “progressista”, ha posto solidissime basi per farle scomparire dalla Storia. Nella dualità dei due sentimenti prevalenti, contraddistinti entrambi dalla vena di una spudorata e dominante “conservazione”, si specchiano in realtà le due facce dello stesso sentimento borghese: da una parte il populismo xenofobo e anti sistema, dall'altra il sistema stesso, rappresentato e difeso dai più alti e parrucconi” scranni istituzionali.

A fare da sostegno, come al solito, le splendide performances dell'informazione main stream che, ad onor del vero, forse mai come in questa occasione ha facilmente fiutato l'affare della vendibilità della crisi, correndo prontamente al mercato degli schieramenti per non perdere privilegi chissà dove acquisiti. La difesa del “ristagno”, giustificata nei titoli dalle consuete paure legate alla instabilità economica ricadente sulle famiglie, cosparge le pagine di paventate, catastrofiche previsioni e va tutta nella direzione di uno status quo “istituzionale”.

All'opposto, nella comunque “edulcoratabarricata anti-sistema, arrivano le voci di una eco più o meno pseudo-popolare e tutta sbilanciata sulla, almeno apparente, difesa dei più poveri e, soprattutto, del mandato elettorale. Forte dell'assioma che il Presidente della Repubblica forzatamente negato la formazione di un governo che avrebbe goduto del sostegno di chi, il 4 Marzo, si era espresso per e Movimento Cinque Stelle. L'aspetto più apertamente contestato è la motivazione, ovvero la contrapposizione ad idee apparentemente divergenti rispetto agli impegni italiani sulle questionieuropee”. Gli accusatori, che avevano comunque convenuto sulla nomina di Giuseppe Conte, un tecnico sistemico, alla guida del nascente esecutivo, rappresentano per l'establishment l'espressione di gruppi evidentemente troppo radicali, forti, ma al contempo due enormi punti interrogativi sui patriottici destini legati ai “trattati”.

È necessaria qualche riflessione, a partire dal concetto di spaccatura sociale. Come detto, non si tratta certamente della dialettica classica di hegeliana memoria, incentrata sulla lotta tra due macrosistemi storicamente contrapposti. In realtà, come accennato, siamo di fronte allo scontro tra due tipi di oscurantismo che appartengono alla stessa matrice ideologica e che vedono il loro naturale sbocco nel conservatorismo puro. Quest'ultimo trova poi nel concetto del “terrore” la sua leva principale: da una parte la paura dello sbandamento economico-finanziario, dall'altra quella del diverso, dello straniero, nel nome di un “suprematismo” puerile a antistorico.
Il primo tipo è l'espressione politica-trasversale che vede al proprio fulcro i pronunciamenti di tutta una nomenklatura, i cui esponenti di maggiore rilievo seguono un preciso fil rouge: dal mondo accademico, a quello manageriale-aziendale. Il secondo trova spazio nel concretismo, ma anche nell'approssimazione demagogica e grossolana, classica dei populismi, che fa leva sui sentimenti collettivi dell'egoismo e dell'invidia da privazione, attualmente predominanti.

Gli appelli e le denunce di entrambe le parti, che si spingono a tirare per la giacca la Costituzione e suoi dettami, appare del tutto fuori luogo, se non addirittura oltraggioso dal momento che la nostra Carta è vilipese e ignorata ormai costantemente. Ad esempio sui recenti provvedimenti legislativi anticostituzionali e anti-umani, discriminanti ai danni degli immigrati, esempio di “interpretazioni” sofistiche e funzionali, rappresentanti del nutrimento da dare in pasto al pubblico dell'arena per far andare avanti il consenso o comunque per controllarlo.
Per entrambi gli schieramenti, anche in vista delle inevitabili prossime elezioni, andrebbe invece posto un argine culturale. Inutile far finta che non esistano oggi quelle differenze antropologiche che si concretizzano in differenti visioni della vita e della società. Non occorre pertanto creare o alimentare una “terza via”, un “terzo spazio”, bensì ragionare fattivamente su un nuovo schieramento di coscienze che sia alternativo a una e all'altra posizione.
Cristiano Roccheggiani

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