
Ha ragione Alessandro Zan che, commentando quanto avvenuto sul Ddl che porta il suo nome, dice: «tutte le critiche sono legittime ma è grave quando uno Stato estero contesta una legge che non è in vigore ma che è in iter». La Conferenza episcopale italiana (Cei) è intervenuta pesantemente sull'approvazione del Ddl Zan, sostenendo che «limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l'esercizio di critica e di dissenso». Quella della limitazione della libertà personale è un falso. Come spiega Federico Tulli su Left, “quel che non vogliono la Cei e i suoi sodali è che i crimini d'odio o le aggravanti fondate su ragioni di odio debbano valere anche quando il bersaglio sono persone Lgbt e disabili. Dire dunque che questa equiparazione rischi di punire penalmente la propaganda a favore della famiglia cosiddetta tradizionale è dire il falso e farlo consapevolmente”.
Non solo, la Santa Sede ritiene che alcuni articoli del testo siano una violazione del Concordato con lo Stato italiano il 1929 e aggiornato nel 1984.
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