
Questa riflessione nasce da una profonda sensazione di disagio personale, causato dalla lettura di varie notizie correlate al Ddl Zan, dal confronto dialettico con persone a me care e dalle confidenze di amici che hanno paura di rivelare la loro omosessualità o il loro essere “genderfluid” per il timore di non essere accettati .
Ho ancora nel cuore la sofferenza per il ragazzo trans ucciso nell'incidente provocato dal fratello della fidanzata, del ragazzo picchiato perché in metropolitana baciava il suo fidanzato e ancora leggo di madri che ripudiano le figlie lesbiche per una distorta visione del “senso dell'onore”. Quanti figli devono scappare da casa? Quanti devono vivere ancora come dei reietti per paura delle conseguenze del loro amore? Ci meravigliamo, ci indigniamo perché nei paesi islamici l'omosessualità è punita con la pena di morte, ma non vogliamo che essa sia considerata un'aggravante quando un omosessuale viene aggredito, malmenato solo ed esclusivamente per il suo orientamento sessuale. E proprio questo è lo scopo del Ddl Zan: far sì che le aggravanti in caso di aggressione siano tenute in maggior conto rispetto alle attenuanti, cosa che per molti ancora non è chiaro: se lo sono lo stato di ubriachezza o la droga, perché non dovrebbe esserlo anche l'omofobia?
Sebbene viviamo in peno ventunesimo secolo, abbiamo grandi mezzi per informarci su quanto avviene intorno a noi e tutte le possibilità per aprire la mente e il cuore, temo che in realtà, ciò non avverrà mai, vista la costante insensibilità nei confronti dei deboli degli ultimi, credo che davvero meritiamo l'estinzione.
Un post di Andrea Scanzi del 12 maggio scorso, una notizia a dir poco raccapricciante: Alireza Fazeli – Monfared, un ragazzo iraniano di soli vent'anni è stato barbaramente ucciso e decapitato dal fratellastro e alcuni suoi amici, perché in quanto omosessuale era stato scartato al servizio militare…qualcuno dirà “sì ma che c'entra, noi non siamo in Iran”; vorrei poter aggiungere per fortuna, ma temo che a furia di chiudere gli occhi, di girare la testa dall'altra parte per far finta di nulla e vivere in pace, prima o poi finiremo molto peggio.
Tutti noi che abbiamo studiato storia non dobbiamo dimenticare che nei lager voluti da Hitler e nei gulag di Stalin venivano internati anche gli omosessuali, e anche Mussolini ha contribuito a questo scempio; dobbiamo tornare a questo perché le coscienze si risveglino?
Mentre scrivo ho davanti agli occhi l'ultima scena del film “Una giornata particolare” di Ettore Scola: Gabriele (Marcello Mastroianni) lascia la casa, scortato da due poliziotti in borghese, diretto al confino o in carcere: un omosessuale non può certo lavorare alla radio nazionale; è vero siamo nel 1938, ma non credo di essere lontana dal vero se penso che ancora oggi gli omosessuali siano discriminati sul posto di lavoro, forse meno di un tempo ma in parte sì.
Inserisco un altro esempio, Alan Turing, il più prestigioso matematico inglese, colui senza il quale gli Alleati non avrebbero probabilmente sconfitto i Tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, costretto al suicidio a soli quarantuno anni, nel 1954, perché omosessuale e solo nel 2009 Gordon Brown si è pubblicamente scusato a nome del governo inglese “per il modo spaventoso in cui è stato trattato”. La regina Elisabetta II ha concesso a Turing una grazia postuma nel 2013 e infine nel 2017 è stata varata in Inghilterra la cosiddetta “Legge Turing” con cui sono stati perdonati retroattivamente tutti gli omosessuali condannati dalla legge storica che metteva al bando gli atti omosessuali.
Mi auguro tanto che qui in Italia si possa giungere al decreto Zan prima di arrivare a questo scempio anche se sono molto scettica.
Roberta Caputo
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