Democrazia e informazione

Strasburgo Parlamento d'Europa
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è un concetto ed una organizzazione della comunità inventata nella Grecia di Pericle in cui lo stato coincideva con l'aggregato urbano: la .
E fondava sulla del cittadino alle assemblee in cui si decidevano le scelte fondamentali della comunità.
E la stessa partecipazione era ritenuta non solo un valore sociale ma anche dovere del cittadino; coloro che non partecipavano alle assemblee e, magari impiegavano il tempo solo a curare gli affari privati, erano appellati idioti.
ἰδιώτης dalla semplice constatazione di non partecipante alla vita cittadina passò gradatamente a significare “individuo privato, senza cariche pubbliche; inabile, rozzo“, fino alla moderna qualifica che nessuno gradirebbe.
Evidentemente partecipare alla vita sociale, interessarsi delle faccende pubbliche era ritenuto un requisito essenziale per consentire al termine democrazia la sostanza di un governo in cui i cittadini esercitassero attraverso la partecipazione alle decisioni.
Questo processo avveniva nelle assemblee ove lo scambio di idee, anche feroce, consentiva una partecipazione consapevole del , acquisita durante la discussione.
Certo anche allora vi erano parolai di professione ed anche artisti della parola ma non pare che godessero di particolare stima ed apprezzamento per questa sola qualità.

Dopo migliaia di anni, dominati dal prepotere militare ed autocratico e con un processo storico contrassegnato da aspri conflitti sociali, oggi in larga parte del mondo vigono poteri pubblici cosiddetti democratici in cui il popolo attraverso il sceglie i governanti sulla scorta di una proposta di governo.
In linea di principio il voto rappresenta la partecipazione all'assemblea della polis greca.
Il problema della società moderna, di dimensioni incomparabili con la polis greca, è come il popolo, o il cittadino, acquista conoscenza tale che gli consenta di votare per questa o quella proposta e di scegliere questo o quel governante.
Conoscere è il requisito indispensabile per consentire al cittadino la stessa possibilità di partecipare.
Ed è evidente che solo una pluralista, dialettica, ed anche  contrapposta consente al cittadino una necessaria conoscenza per una consapevole partecipazione.
Ieri la stampa, ed oggi tutti i mezzi di comunicazione, era definita quarto potere proprio per la capacità di indirizzare e condizionare la partecipazione; e, in buona sostanza esercitare davvero un potere di governo, magari non in via diretta.
Nelle moderne società, soprattutto ove è più forte il conflitto sociale, vi è una particolare cura nel controllare la comunicazione per condizionare la partecipazione; i regimi autoritari vietano ogni informazione di contrasto e la comunicazione si caratterizza come stampella del potere politico.
In quelli cosiddetti democratici il processo è più complesso ma non meno importante.

Da questo punto di vista appare estremamente emblematica la storia del nostro paese in cui la comunicazione di massa è stata sempre controllata dal potere politico ed economico.
Fino agli anni sessanta padronali o riferiti ai partiti politici sono stati i mezzi di comunicazione naturalmente condizionati dalla opzione politica; anche se occorre evidenziare che in una condizione di estremo conflitto sociale e politico la comunicazione proveniente da diverse e contrapposte fonti forniva nella sua complessità una conoscenza dialettica e pluralista.
La nascita delle , controllata da potere politico, produsse un cambiamento importante: l'informazione televisiva gradatamente si estese a milioni di telespettatori sempre in aumento mentre  calava l'acquisto e la lettura dei giornali, già in dimensioni ridotte anche per l'arretratezza di larghe masse.
Leggere un giornale includeva tempo e capacità di lettura; quella televisiva prescindeva dalla capacità di lettura, ti invadeva mentre eri a cena e, pur se prestavi l'attenzione che volevi, la sua ripetitività quotidiana si insinuava fino trasformarsi in una sorta di comune sentire cui era difficile resistere se non ricorrendo ad altre fonti di informazione, essenzialmente episodiche ed intermittenti.
Per una gran massa di italiani comprare il giornale era abitudine solo domenicale.
Va ulteriormente detto che una informazione pluralista era altresì l'effetto di un fattore molto importante costituito dai con decine di migliaia di luoghi sparsi i tutto il territorio nazionale, dalla grandi città ai piccoli comuni: le sezioni locali ove si tenevano frequentissime riunioni che invogliavano alla partecipazione ed a dibattito fornendo una conoscenza che raggiungeva milioni di cittadini.
Un progressivo decadimento del partito di massa e della trasformazione dei dirigenti in ceto politico professionale, il controllo governativo sulla televisione pubblica e la nascita delle televisioni private hanno inferto il colpo di grazia alla informazione pluralista, trasformandola in mera funzione di servizio del potere.
Roma Sala consiliare Giulio CesareFino al totale disfacimento quando il privato detentore delle televisioni private è diventato uomo di governo assumendo il controllo totale di tutta la informazione in circolazione; con il conseguente potere di eliminare ogni operatore non in linea con gli interesse politici ed economici del controllore dei mezzi di informazione.
Ed oggi, da alcuni decenni, ogni altra informazione non coerente agli interessi politici dei governanti è residuale, emarginata fino a stravolgere anche i valori della più “alta” cultura con taluni scrittori emarginati dal controllo privatistico delle maggiori case editrici e tal'altri autori con cataste di libri esposte nelle librerie.
Questa condizione di controllo strumentale della informazione ha di fatto svilito ogni valore e sostanza di democrazia riducendola alla semplice formalità quinquennale del voto senza alcuna possibilità di effettiva partecipazione.

E non sarà un caso che ad ogni tornata elettorale si registra un aumento dei non votanti.
In tali condizioni un regime autoritario non ha certo bisogno del manganello ma è sufficiente inchiodare il cittadino davanti al televisore, senza alcuna possibilità di obbiettare,  e sciorinargli una sequela di parolai imbonitori.
Angelo Cutolo

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