
Da oggi al 13 Marzo, al cinema si potrà vedere il docu-film Diabolik sono io, che propone un inedito identikit del personaggio creato dalle sorelle Giussani, partendo dal mistero di Zarcone, il primo disegnatore di Diabolik, inspiegabilmente scomparso senza lasciare tracce dopo aver consegnato le tavole del primo albo della saga.
Scritto da Mario Gomboli e Giancarlo Soldi e diretto da quest'ultimo, l'opera si avvale di testimonianze di esperti e addetti a i lavori del mondo del fumetto, rari materiali d'archivio e partecipazioni straordinarie quali quelle di Milo Manara, Mario Gomboli, Alfredo Castelli, Tito Faraci, Gianni Bono, Giuseppe Palumbo oltre ad esperti del noir come Carlo Lucarelli e Andrea Carlo Cappi, a registi visionari come i Manetti bros., al costumista Massimo Cantini Parrini; con la partecipazione straordinaria di Stefania Casini nei panni dell'avvocato Bianca Rosselli e la presenza di Claudia Stecher, alla sua prima prova d'attrice, nelle vesti di una misteriosa ragazza.
Luciano Scarpa è Angelo Zarcone, “il tedesco”, ingaggiato nel 1962 per disegnare il primo numero del fumetto da Angela Giussani, poi sempre affiancata nella scrittura dalla sorella Luciana. Chi era Zarcone e quanto c'è di lui nel mitico personaggio, ladro, assassino, uomo dai mille travestimenti, rifugi e rocambolesche fughe?
Tanti gli interrogativi che nella storia vengono sollevati, diverse le ipotesi di risposta, alcune comprovate, altre solo supposte o immaginate.

Alla fine della visione il mistero di Diabolik resta intatto o forse addirittura più profondo: da dove nacque l'intuizione di Angela Giussani che portò alla creazione del personaggio e delle sue storie criminali, in cui con ingegnosi e futuristici piani ed evolute tecnologie, Diabolik riesce quasi sempre a raggiungere il suo scopo e a farla franca?
Da dove trassero spunto per disegnare Clerville, la sua città e poi tutto il suo mondo di personaggi tra cui spiccano sopra tutti Eva Kant, l'inseparabile bellissima e algida amante e compagna e l'ispettore Ginko, poliziotto perseverante e coraggioso, fidanzato con la nobile e bellissima Altea, leale con i suoi avversari, in eterno inseguimento e duello con loro, in un clima di stima e reciproco riconoscimento?
Da dove quelle due giovani imprenditrici della borghesia milanese degli anni ‘60, le sorelle Giussani appunto, trovarono ispirazione per i loro racconti, mai interrotti in più di 50 anni ormai, realizzati, prodotti e coltivati per anni da uno staff di sole donne per poi passare a cultori ed eredi editoriali ed artistici, testimoni e “sacerdoti” del mito?

Alcuni elementi preziosi possiamo ricavarli grazie a questo docu-film, da una loro intervista inedita riemersa dagli archivi Rai e restaurata per l'occasione, insieme ai filmati in Super8 dei loro viaggi attorno al mondo; varie curiosità trovano soddisfazione, come quella sul perché del formato tascabile degli albi di Diabolik, ideato per rispondere alle esigenze dei pendolari che le Giussani osservavano al mattino dalle proprie finestre milanesi, in zona stazione Cadorna.
Ma perché Diabolik sia a tutt'oggi un'icona assoluta del mondo del fumetto, con tirature altissime, più di 850 episodi pubblicati, quasi 150 milioni di copie, un autentico fenomeno di costume studiato da sociologi ed esperti di comunicazione, non è semplice dirlo.
Il tema è complesso da affrontare al cinema, senza intaccarne l'allure misteriosa, senza sollevare fiumi di commenti dal fitto mondo degli appassionati e senza contravvenire alla stringente normativa sui diritti d'autore.
Sono milioni le risposte, almeno tante quante i suoi appassionati lettori, ciascuno dei quali ha in mente la propria. Per quanto mi riguarda “lo spacciatore” di fumetti in famiglia era mio zio Roberto, marito di zia Lina, onnivoro, ma con delle spiccate preferenze per Tex e Diabolik, appunto. Stavo spesso a casa loro, da bambina ed ho iniziato a leggerli avidamente e in segreto; troppo da grandi le storie e troppo violente, così venivano considerate in casa. Per noi bambini c'erano Geppo e Topolino, ma la trasgressione, si sa, è anche un'ottima palestra per crescere.

In questa opera ibrida, innesto di generi che è “Diabolik sono io” Giancarlo Soldi tenta una chiave di lettura originale; lui e tutta la sua squadra muovendosi come fossero in un campo minato, provano ad inoltrarsi, con cautela più per avvicinarsi a contemplare il mistero, che a chiarirlo.
Il porre domande, tentare risposte e vie di approfondimento, infine, più che svelarci l'origine del mito del genio criminale di Clerville, si limita a tenere puntato l'occhio di bue su questo antieroe e a stuzzicare la nostra curiosità; come una sorta di rito dell'aperitivo, molto milanese, questo lavoro prepara in qualche modo la strada e “l'appetito” per un altro progetto in corso su Diabolik, quello già annunciato dai Manetti bros, che attendiamo fiduciosi di vedere presto sul grande schermo.
Sabrina Mancini
Diabolik sono io
con Luciano Scarpa – Claudia Stecher – Stefania Casini – Riccardo Mei – Manuela Parodi – Marco Vivio – Francesca Fiorentini – Paolo Buglioni
Soggetto e Sceneggiatura Mario Gomboli e Giancarlo Soldi
Fotografia Giuseppe Baresi
Montaggio Silvia Di Domenico
Musica di Teho Teardo
Scenografia e Costumi Valentina di Palma
Fotografia Giuseppe Baresi
Montaggio Silvia Di Domenico
Musica di Teho Teardo
Scenografia e Costumi Valentina Di Palma
Fonico di presa diretta Giovanni Isgrò
Aiuto regia Esmeralda Da Ru
Regia Giancarlo Soldi
Prodotto da Maite Bulgari
Una produzione Anthos Produzioni con Rai Cinema in collaborazione con Astorina, editore di Diabolik ©
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