
Parlando di disastri e rischi sistemici che il mondo vede aumentare con le crisi come quella climatica e pandemica, nell’ultimo rapporto dell’ONU si lasciano aperte le porte a qualche speranza perché “non è inevitabile che il rischio continui a crescere. La migliore difesa contro il rischio sistemico è trasformare i sistemi per renderli più resilienti”. Come lo leggete, qui il primo periodo anche nel rapporto è in grassetto ed evidenziato. Ma il resto del report è un grido d’allarme che continua ad avere pochi ascoltatori.
Il rapporto di cui stiamo parlando e di cui daremo conto è la sesta edizione del Global Assessment Report on Disaster Risk Reduction 2022 (GAR 2022), pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio dei disastri (Undrr) che analizza i fenomeni e come e se i governi e le comunità contrastano le catastrofi che stanno avvenendo in maniera sempre più frequente.
Che cos’è un disastro?
Lo stesso report lo definisce come “una grave perturbazione del funzionamento di una comunità o di una società dovuta a eventi pericolosi che interagiscono con le condizioni di esposizione, vulnerabilità e capacità di risposta, portando a una o più delle seguenti conseguenze: perdite e impatti umani, materiali, economici e ambientali“.
Secondo il rapporto in assenza di un’inversione di tendenza, che non si riscontra, il numero di disastri annuali sul Pianeta si sposterà dai circa 400 del 2015 a 560 all’anno entro il 2030. E il 2030 è dietro l’angolo aggiungiamo noi con la consapevolezza che se non si cambia sistema e approccio sarà decisamente peggio.
La colpevole inazione a livello globale la si legge bene osservando il grafico sottostante che mostra una serie storica che parte dagli anni Settanta del ‘900. Mi sembra che non ci sia bisogno di commenti per dire quanto tempo abbiamo perso colpevolmente per provare ad evitare i disastri.
Su GAR 2022 si legge tra l’altro che “anche il numero di eventi termici estremi all’anno è in aumento e, in base alle tendenze attuali, quasi triplicherà tra il 2001 e il 2030”. Non solo ma, spiega ancora il rapporto, “queste linee di tendenza non tengono conto degli impatti futuri dei cambiamenti climatici, che stanno accelerando il ritmo e la gravità degli eventi pericolosi, né del fatto che le scelte attuali significano che il mondo è destinato a superare l’obiettivo di aumento della temperatura massima media globale dell’accordo di Parigi di 1,5°C all’inizio degli anni ’30 (IPCC, 2021)”.
I disastri hanno un impatto negativo sulla biodiversità e sulla sostenibilità ambientale, anzi “niente mina lo sviluppo sostenibile come i disastri. Possono distruggere decenni di progresso in un istante. Comprendere e gestire il rischio di catastrofi è essenziale per raggiungere la sostenibilità ambientale”.
Ed è anche chiaro come siano le persone e le comunità più povere e meno attrezzate a subire le peggiori conseguenze. GAR2022 riferisce anche di studi secondo cui la violenza contro le donne e le ragazze aumenta all’indomani dei disastri.
Un’analisi presente nel rapporto spiega che gli scenari più ottimistici sulla diffusione della povertà prevedono che, rispetto al 2020, un ulteriore 37,6 milioni di persone vivranno in condizioni di estrema povertà a causa degli impatti del cambiamento climatico entro il 2030; mentre nel caso peggiore o di totale inqaion3 nel fronteggiare la crisi climatica saranno altre 100,7 milioni di persone in povertà entro il 2030. Il rapporto tra povertà e rischio è aggravato dalla crescente urbanizzazione che si contiua a verificare a livello planetario.
Con la pandemia da Covid-19 si è verificato il primo aumento della povertà globale dal 1998. La Banca Mondiale stimava che ad ottobre 2020 la pandemia avesse arretrato gli obiettivi per la sconfitta della povertà sul Pianeta di 6-7 anni.
Eppure nonostante i disastri e le crisi anche recenti a livello planetario come la pandemia da Covid-19 e grandi eventi meteorologici che provocano danni alle catene di approvvigionamento e “ nonostante gli impegni per costruire la resilienza, affrontare cambiamento climatico e creare uno sviluppo sostenibile, i percorsi sociali, politici ed economici includono scelte che vanno in direzione contraria”.
I disastri comportano e comporteranno perdite economiche porteranno con sé anche immense perdite economiche. L’andamento osservato di queste ultime evidenzia un +145% negli ultimi tre decenni fino a raggiungere i 170 miliardi di dollari nello scorso decennio.
Che fare?
Secondo GAR 2022 innanzitutto bisogna misurare bene i fenomeni con metriche che siano in grado, anche nel lungo periodo, di capire lo stato di salute ambientale, economica e sociale del Pianeta. Quello di guardare lontano è una necessità dettata dal fatto che noi umani spesso guardiamo fino alla punta del nostro naso e siamo incapaci di percepire rischi sistemici. Ma vediamo qualche specifica in più.
Misurare di più e meglio. I bilanci ignorano le variabili chiave, in particolare sottovalutano il rischio del cambiamento climatico, i costi per gli ecosistemi ei benefici sociali positivi della riduzione del rischio. Per farlo occorre:
- Rielaborare i sistemi finanziari per tenere conto dei costi reali del rischio, in particolare i rischi a lungo termine, e rielaborare i sistemi di investimento e assicurativi per incentivare la riduzione del rischi.
- Adeguare la pianificazione fiscale nazionale e il finanziamento del rischio per considerare il rischio e l’incertezza
Progettare sistemi che tengano conto del modo in cui le menti umane prendono decisioni sul rischio. Per farlo occorre:
- Riconoscere il ruolo della percezione del rischio e dei pregiudizi da parte delle persone per colmare il divario tra intenzione e azione nella riduzione del rischio. L’adeguamento del modo in cui i prodotti assicurativi vengono commercializzati può avere un impatto trasformativo sulla garanzia di investimenti resilienti al rischio. Migliorare i codici e gli standard, e anche la comunicazione sul motivo per cui sono necessari questi investimenti come accade in Cile, dopo il terremoto e lo tsunami del 2010, dove il governo contribuì a incentivare la costruzione sicura fornendo fondi alle famiglie povere.
- Riconoscere il valore dell’analisi del rischio come strumento ma non come panacea. Gli strumenti di modellazione possono aiutare le persone a pensare alle cose in un modo migliore, ma non possono prevedere il futuro con precisione granulare. I governi possono e dovrebbero investire nell’analisi dei dati, ma solo se i modelli di qualità e l’uso dei big data sono combinati con metodi per attingere alla conoscenza locale, al feedback della comunità e all’opinione di esperti.
Riconfigurare la governance e i sistemi finanziari che non stanno ancora adottando approcci multidisciplinari e tendono ad adottare approcci dall’alto verso il basso consultando anche le persone coinvolte. Per farlo occorre:
- Abbracciare un nuovo “linguaggio del rischio” che attraversi più discipline, creare terminologie comuni e fornire dati ed accesso aperto in tutte le discipline per creare conoscenze condivise, incoraggiare la collaborazione laterale e accelerare il ritmo dell’apprendimento.
- Rafforzare la partecipazione, la trasparenza e il dialogo con i cittadini nel processo decisionale in materia di rischio per accelerare l’apprendimento e gli adeguamenti necessari
- Migliorare la gestione del rischio multiscala evitando spaccature tra i livelli nazionale e locale come accaduto in molte giurisdizioni durante la crisi da Covid-19. L’autonomia per l’azione a livello locale è essenziale.
Pasquale Esposito
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