
Si è avuta contezza nel passato che nel corso di sperimentazioni, oppure di usi farmacologici indirizzati verso una determinata finalità, si incorresse in svolte, per la molecola studiata, che poi avrebbero generato soluzioni completamente diverse, se non complementari, rispetto a quelle inizialmente ipotizzate. Sarà nel futuro anche la storia del disulfiram, nato come farmaco per aiutare i soggetti dipendenti dall'alcoolismo e ora anche ipotizzato per migliorare la vista a soggetti affetti da degenerazione della macula e da retinite pigmentosa?
Esempi e paralleli sui percorsi di farmaci ve ne sono molteplici, alcuni pure da effetti soddisfacenti per un certo peso “sociale” generato, ed in modo che da essi siano scaturite soddisfazioni per pazienti e per i profitti dei produttori. Si tratta di preparati detti off-label, cioè impiegati per uso diverso da quello previsto in etichetta, che nella storia della farmacologia ha avuto anche esempi che hanno definito le fortune misurabili in notorietà e profitti sonanti per le case produttrici.
Si sbaglia poco se si cita il Viagra (Sidenafil) come esempio tra i più noti. Nato per curare l'angina pectoris – dolore al torace per temporaneo scarso apporto di ossigeno al miocardio – viene invece prescritto regolarmente nel mondo, e pure molto copiato, con grandi soddisfazioni positive riportate da chi ne sperimenta l'utilizzo nel trattamento dell'insufficienza erettile del maschio. Ne sono anche state magnificati alcuni aspetti indubbi nel ruolo sociale di questo trattamento terapeutico che ha indotto, sempre la stessa azienda produttrice per la soluzione maschile, di generarne una al “femminile” con l'intento di compensare la perdita del desiderio sessuale nelle donne che ne avessero avuto necessità.
Non è stato solo questo l'uso off-label più noto. Basta tornare al 1998 – legge 94- con l'utilizzo della somatostatina che entrava a furor di popolo nei protocolli Di Bella. La somatostatina è sostanza polipeptidica, potente inibitore di prolattina e della secrezione del GH – ormone della crescita, detto somatotropina, secreto dall'ipofisi anteriore- utilizzato per curare ulcere emorragiche e problemi gastrointestinali e finito per essere utilizzato nei protocolli contro i tumori solidi proposti da Luigi Di Bella.
L'elenco dei farmaci dalla doppia vita farmaceutica sarebbe corposo con altri esempi importanti come l'acido acetilsalicilico che ebbe utilizzi nella prima epidemia di spagnola e poi un futuro come antidolorifico, come potente antinfiammatorio e come antiaggregante che svolgeva attività quindi con uso cardiovascolare documentato, si narra, da una corposa letteratura scientifica di oltre 3.000 pubblicazioni. Altro esempio l'antidepressivo Prozac diventato utile nell'uso terapeutico per l'occhio pigro; il Valium per uso ostetrico quale facilitatore del parto oppure il molto chiacchierato, all'epoca, Minoxidil: antipertensivo utile nella ricrescita dei capelli.
Tutto questo per dire che le ipotesi che ci raggiungono dal Medical Center dell'Università di Rochester sull'utilizzo del disulfiram, potrebbero dare sollievo inaspettato per patologie sulle quali non era previsto agire e che comunque potrebbero rispondere alla messa in scena di copioni con andamento parallelo. [1]
Durante i loro studi i ricercatori della Università dello Stato di New York hanno stabilito che una certa perdita della capacità visiva a causa della degenerazione maculare e della retinite pigmentosa poteva essere recuperata utilizzando il disulfiram, tetraetiltiuram disolfato, nome commerciale Antabuse Dispergettes o Etiltox, commercializzato da Aurobindo Pharma Italia di Saronno e prodotto da Kemwell AB Björkgatan Uppsala Svezia.
La retinite pigmentosa, malattia su base genetica che è caratterizzata da degenerazione del tessuto della retina, e la degenerazione della macula legata all'età, la principale causa della cecità, hanno decorso grave ed invalidante per una progressiva perdita della capacità visiva dei soggetti che vi incorrono. I ricercatori sono partiti dalla constatazione che il disulfiram, un inibitore dell'aldeide deidrogenasi, comporta per gli assuntori del farmaco un accumulo di acetaldeide che, procurando sintomi molto spiacevoli, dissuadono l'alcolista dal continuare a bere. L'alcol nell'organismo viene metabolizzato nel fegato grazie all'alcool deidrogenasi che lo trasforma in acetaldeide che per via dell'azione dell'acetaldeide deidrogenasi diventa acido acetico. Il meccanismo attraverso il quale disulfiram agisce ha incuriosito i ricercatori che sapevano che la cecità degenerativa godeva di un percorso iperattivo simile a quello utilizzato dal farmaco inibitore dell'aldeide deidrogenasi.
L'osservazione sui topi li ha anche portati ad andare oltre i risultati attesi nel verificare che il disulfiram ha riportato un poco di vista eliminando il rumore sensoriale derivante dalla morte dei fotorecettori della retina, nella retinite pigmentosa, oppure nella macula degenerativa. Insomma se i topi con il farmaco mostrano di vedere meglio di quelli che non ne fanno uso, sarà pure un risultato utile che ne farà apprezzare l'intuizione e che merita sicuramente di essere sviluppato per studiarne l'eventuale uso umano? Si fanno quindi altre ipotesi di lavoro per una sperimentazione clinica con pazienti con retinite pigmentosa avanzata che, se sottoposti a terapie con disulfiram, incorrerebbero nei noti effetti collaterali assumendo alcool ma potrebbero ottenere benefici visivi se viene confermato quanto dimostrato nei topi.
Si lavora anche su farmaci sperimentali aventi sigla BM493, inibitore dell'ac. retinoico, ed anche su terapie geniche per curare il recettore.
Emidio Maria Di Loreto
Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi necessità sul proprio stato di salute, su modifiche della propria cura o regime alimentare, si consiglia di rivolgersi al proprio medico o dietologo.
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