
Domenico Morelli. Immaginare cose non viste è la mostra curata da Chiara Stefani e Luisa Martorelli, aperta sino al 29 gennaio 2023, presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Roma Vengono presentati ed esposti 37 dipinti di Morelli, oltre a 17 dipinti e sculture, tra le altre, di Adriano Cecioni, Eduardo Dalbono, Mario Rutelli, Gioacchino Toma, Vincenzo Gemito, Francesco Paolo Michetti. Il confronto tra diversi autori ed opere mette in risalto lo stile specifico, mentre la diffusa scelta di nudi femminili e sensuali, che talvolta si abbinano a opposte rappresentazioni di suore e donne caste, fa risaltare queste scelte come tematiche d’arte di fine ‘800, primi del ‘900. Interessanti e pregevoli anche alcuni paesaggi dai colori particolari, come il quadro di Edoardo Dalbono La leggenda delle sirene, che descrive un ambiente marino ed un tramonto dai toni incantevoli.
Visti dal vivo, appaiono dei capolavori anche i bronzetti di Vincenzo Gemito che rappresentano i pescatorelli e gli acquaioli napoletani, datati 1880-1881. Altre parti della Mostra allo Gnam sono dedicate ad un gran numero di studi preparatori di Domenico Morelli, antecedenti alla stesura finale delle sue tele. Disegni a penna, schizzi, seppie, disegni acquerellati testimoniano una gran riflessione preliminare anche sulle dinamiche psicologiche delle persone rappresentate.

Per quanto riguarda il protagonista principale di questa esposizione, una piena comprensione delle sue opere non può prescindere dal considerare la sua identità composita ed articolata per la biografia personale ed artistica, i suoi interessi culturali, e, non ultimo, il suo impegno civico e politico nonché per alcuni cambiamenti e scelte fatte nel corso della sua vita.
Domenico Morelli, nato nel 1823 e morto nel 1901, viene descritto spesso come un importante pittore “storico” dell’800 italiano, in riferimento ad alcuni suoi quadri nati anche dalla conoscenza alle opere di Torquato Tasso, Dante Alighieri, Francesco Guicciardini ed altri letterati di stampo civico-politico. Adottato da bambino da una famiglia napoletana, si è distinto molto precocemente per le sue doti artistiche anche presso il Real Istituto delle Belle Arti; tra il 1844 ed il 1847-8 ha vinto dei premi e stage di formazione in alcune città italiane. Morelli ha espresso un “verismo storico“ strettamente connesso anche suo impegno civile e patriottico, del quale è testimonianza, ad esempio, la tela Torquato Tasso legge ad Eleonora d’Este la Gerusalemme liberata.
Il giovane Morelli aveva aderito ai moti del 1848, chiamati anche La primavera dei popoli, quando si verificarono insurrezioni in Sicilia, a Napoli, in Toscana, nel Regno Lombardo-Veneto, nello Stato pontificio con l’episodio della Repubblica romana, ed anche in vari altri paesi europei come Francia e Stati tedeschi. L’artista dipinse, in questo periodo, varie tele che erano anche un mezzo di divulgazione e di sostegno alle idee ed alle attività politico-insurrezionali. Aveva letto e leggeva di continuo Shakespeare, Manzoni, Mazzini, la letteratura storica antica e parte degli scritti romantici della prima metà dell’800 di Scott, Moore, Byron.
Già in queste opere ritraeva i suoi personaggi con una certa sensibilità psicologica e, in generale. Era attento ai problemi psichici sia individuali (come quelli del suo amico Vincenzo Gemito), sia sociali (come nel quadro Gli Ossessi, più tardivo, del 1873). Nel 1855 avvenne l‘incontro tra il pittore e il re Ferdinando II di Borbone, durante l’esposizione a Napoli del dipinto Gli Iconoclasti. Il Re si soffermò a guardare la scena del quadro: il monaco–pittore Lazzaro subiva l’amputazione della mano durante le persecuzioni anti-cattoliche del VIII secolo, avendo violato l’obbligo di non dipingere immagini sacre. Intuendo l’intenzione e il simbolismo critico e rivoluzionario di Morelli, Ferdinando II di Borbone gli disse: «Nun fa’ a pittura cu certe penziere a’ dinto!».
Fatto sta che più tardi, a seguito di tante vicende storiche della seconda metà dell’800, nel 1886 Domenico Morelli fu nominato Senatore per meriti civili, politici ed artistici. I cambiamenti della pittura del Morelli, connessi a vari fattori, non rendono però facile delineare non nettezza le fasi artistiche, anche se dall’analisi delle opere appare piuttosto netto il primo periodo “storico-letterario-cristiano“ collocabile all’incirca negli anni 1840-55. Verso la fine di questo arco di tempo, nel 1853, sposa Virginia Villari, sorella dello storico Pasquale Villari, suo grande amico e quindi cognato, con il quale ebbe un fitto scambio epistolare e un continuo confronto di idee.
Il successivo periodo, con ancora dei cambiamenti anche biografico-psicologici e culturali, si può datare dal 1855 circa in poi. Tra il 1856-59 curò gli affreschi della cappella neobizantina di Palazzo Nunziante a Napoli e dal 1855 effettuò dei viaggi di formazione sia in Italia che in Europa (Firenze, Venezia e Verona, Monaco, Berlino, Bruxelles, Londra, Parigi). Oltre a suggellare il suo legame con l’estero, queste visite influenzarono il suo stile pittorico che si spostò verso l’impressionismo e lo stile dei Macchiaioli per alcuni aspetti. Morelli in alcune tele variò anche il suo cromatismo (ad esempio, a volte riprese la luminosità delle tavole venete del ‘500-‘600) e si riferì a temi classicheggianti come ad esempio il Bagno pompeiano esposto a Firenze nel 1861. Nel periodo post-unitario dal 1860, acquisì sempre maggiore notorietà pubblica ed i Savoia gli conferirono alcuni incarichi per Capodimonte e per il Palazzo Reale di Napoli.
Pur mantenendo degli interessi storici, anche sulla base delle sue amicizie e delle sue letture (ad esempio, era amico e consulente di Giuseppe Verdi, ispirato dal quale dipinse varie opere come i Vespri siciliani tra il 1859 ed il 1667), Morelli frequentemente rappresentava soggetti di carattere nettamente religioso e spirituale, con una chiara preferenza verso le rappresentazioni di Santi, di episodi della vita di Cristo e della Madonna. Tra gli anni 1860 e 1870 ha dipinto quadri quali il Salve Regina e la Madonna della Scala d’oro, non solo con un intento devozionale, ma con un netto tratto intimistico-familiare.
Ho avuto l’impressione che in questi anni si sia verificata una miscela di fattori culturali, artistici, storici e individuali di natura psicologica che hanno spinto Domenico Morelli verso una dimensione evangelico- cristiana, con un interesse particolare verso la figura e le vicende di Gesù Cristo. A vedere le tele cristologiche, a volte si ha quasi un’impressione di auto-rappresentazione in tale veste. Morelli non propone opere stereotipate o edulcorate, ma presenta immagini sempre sofferte, spesso solitarie e immerse in paesaggi orientali desertici e brulli. Su questa linea, altre tele del Morelli, a mio parere molto suggestive, propongono in ambienti scuri- caravaggeschi delle scene di monaci singoli o riuniti in commemorazioni religiose. Queste ambientazioni sono di grande fascino, ed esprimono evidentemente un avvicinamento artistico molto personale all’orientalismo e una proiezione psicologica dell’interiorità dell’artista, identificata con la meditazione, la preghiera, l’ambiente, le pietre e il deserto.
Questa “scelta d’oggetto artistica”, che non è del tutto fissa ma senz’altro molto frequente, è collegata anche alla conoscenza del Morelli con Mariano Fortuny tra il 1873-74, che concorre, tra il 1880 ed il 1890, alla seduzione dell’artista per l’Oriente. Domenico Morelli legge le Sacre scritture ed il Vangelo, si documenta anche di archeologia, di storia dei paesi dell’est, di storia dell’Islam, il Corano, resoconti di viaggiatori ed esploratori di quei luoghi. Sfoglia libri, fotografie, disegni, per cui i quadri “orientaleggianti“ non sono frutto di viaggi reali nei luoghi, ma di accurate documentazioni preliminari. Intanto si avvicina, negli ultimi due decenni dell’800, come detto, ad una pittura impressionistica e con tratti dei Macchiaioli. Il Morelli, pur rispecchiando per molti versi i gusti dell’epoca, la cultura, gli avvenimenti storici, le ansie sui problemi politici, aveva sempre bisogno di libertà d’espressione delle sue idee, dei suoi sentimenti, delle sue emozioni.
Già nel 1872 scrisse a Villari che: «l’Oriente è per me come un rifugio dalla persecuzione del calcolo che ci circonda». In una lettura storico-artistica-psicologica, i suoi soggetti orientali sembrano anche contenere una critica implicita alle vicende politiche dei tempi: dal 1869 in avanti – acquisto della baia di Assab in Eritrea – quando di fatto iniziò la conquista coloniale italiana con la sua scia di violenze e morti. Continuando sempre sul piano politico, va ricordato che in modo costante il pittore ha esternato a Pasquale Villari le sue perplessità per la situazione politico-sociale italiana di quegli anni come quando in una missiva del 1895 dichiarava: «[…] Ho fatto leggere a tutti quelli che potevano spargere il tuo scritto sulle cose di Napoli, ma i soli interessati si muovono, è l’eterna sventura del nostro paese l’indifferenza, come se fosse affari di altra gente. Sono sempre pochi quelli che fanno l’Italia […]». Da socialista e colto intellettuale il Morelli coglie nel periodo postunitario delle decisioni politiche alle quali si oppone.

La mostra in corso a Roma include Le tentazioni di Sant’Antonio del 1878. Nel 1874 era stata pubblicata la versione finale del libro Le tentazioni di Sant’Antonio di Gustave Flaubert, ma va ricordato che erano state prodotte anche altre precedenti opere d’arte con il medesimo soggetto. Così come è avvenuto anche per le Tentazioni di San Francesco, ricordiamo, tra i tanti, il celebre quadro Le tentazioni di Sant’Antonio di Geronymus Bosch del 1501, la tela Tentazioni di San Francesco d’Assisi di Simon Vouet (1624) conservata oggi nella Chiesa di San Lorenzo in Lucina a Roma, i quadri di Cézanne (1874) e, successivamente, l’opera Le tentazioni di San Antonio di Salvador Dalì del 1946.
In linea di massima – e così è avvenuto anche in questa tela del Morelli del 1878 – la tentazione da parte del diavolo è incarnata da una donna seduttrice: la tentazione sessuale provoca spavento, sofferenza, tensione nella controparte. Ma un soggetto fonte d’ispirazione così “gettonato” nel corso dei secoli denota senz’altro una tematica importante e sentita dagli artisti, che comunque, come è noto, spesso interpretano anche dei contenuti diffusi e presenti nella società. Ci possono essere quindi anche altri significati, oltre la tentazione sessuale e carnale. Il diavolo può tentare l’essere umano anche per il potere, la lussuria, le ricchezze, la violenza, facendo leva sulle sue bramosie e angosce. Se riportiamo questi concetti alla nostra contemporaneità, l’elenco si allunga: la tentazione del potere attraverso la guerra, l’arricchimento, i mezzi di comunicazione, la manipolazione, e così via, in una complessità di tentazioni che seducono ed appaiono il contrario di ciò che sono.
Come afferma lo storico dell’arte Dario Durante: «[…]. La vicenda di S. Antonio si presta ad essere un soggetto trasversale senza tempo, non necessariamente legato alla storia religiosa. Le tentazioni, infatti, sono un tema universale che possono riguardare tutti gli uomini e che rappresentano un ostacolo allo svolgimento della propria vita». Questo quadro del 1878 del Morelli è emblematico quindi della prolungata scelta religioso-spirituale-mistica (S. Antonio è rappresentato in un contesto di roccia, forse un deserto eremitico), con forti componenti emotive ed intenti morali e critici. La Mostra allo Gnam esprime pienamente questa dimensione di ricerca del Morelli, attraverso suoi soggetti, le ambientazioni desertiche, le tecniche pittoriche da lui impiegate.
Maura Sgarro
Bibliografia
Canova L., Domenico Morelli: quando l’Ottocento è “ sprezzatura “,su: Avvenire (Agorà), 16 dicembre 2022
Di Benedetto, A., La storia dipinta: Domenico Morelli e il Sacco di Capua, in Mosaico. Temi e metodi di storia e critica d’arte per Gianni Carlo Sciolla, a cura di R. Cioffi e O. Scognamiglio, Napoli 2012
Di Benedetto A., Intorno al ’48: fermenti risorgimentali e resistenze accademiche, in Da sud. Le radici meridionali dell’Unità nazionale, catalogo della mostra a cura di L. Mascilli Migliorini, A. Villari, Milano 2011
Durante D., Sant’Antonio abate nell’arte contemporanea, in: www.diariodellarte.it, 16 gennaio 2021
Martorelli, L., (a cura di), Catalogo della Mostra, Domenico Morelli ed il suo tempo 1823- 1901. Dal romanticismo al simbolismo, Edizioni Electa, 2005
Morelli D., Lettere a Pasquale Villari (a cura di Anna Villari), Volume 2, dal 1860 al 1899; Edizioni Bibliopolis, 2004
Morelli D.; Lettere a Pasquale Villari (a cura di Anna Villari), vol. 1, dal 1849 al 1859, Edizioni Bibliopolis, 2004, anche in: Macry Paolo, Lettere a Pasquale Villari I, 1849-1859,
Villari P., L’ Italia e la libertà, Hoepli, 1925
Galleria Nazionale di Arte Moderna – Roma
21 novembre 2022 – 29 gennaio 2023
Domenico Morelli , Immaginare cose non viste
a cura di Chiara Stefani, Luisa Martorelli
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