Donatella Di Cesare, Il complotto al potere

Donatella Di Cesare Il complotto al potere

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Avevo da poco terminato di leggere il breve saggio Il complotto al potere della filosofa Donatella Di Cesare quando mi sono ritornate alla mente le parole di un mio amico sul fascismo. Lui è uno storico della politica novecentesca ed imprescindibile interlocutore quando devo approcciare questioni rilevanti del secolo scorso (come il fascismo appunto), questioni che purtroppo in forme diverse stanno imputridendo la politica, e non solo, di questi anni.
Quando il fascismo prese piede, non se ne colse la tragica modernità. Era un fenomeno nuovo ma, soprattutto a sinistra, fu scambiato per una manifestazione tradizionale della reazione, con il risultato di sottovalutarne la pericolosità”.

Ecco, uno dei pregi del saggio di è sicuramente quello di chiarire bene il fenomeno del complottismo – con le sue relazioni/interconnessioni con il populismo – senza banalizzarlo, ricondurlo solo a fenomeni già osservati e vissuti. Anzi esso è figlio della contemporaneità, di un mondo complesso, un mondo che, come scrive, “appare illeggibile. La sua grammatica è astrusa, la sintassi sfuggente. […]. Non è più la natura ad essere impenetrabile, ma è la storia umana a divenire enigmatica. Ciò accade proprio nell'apice della globalizzazione, quando il mondo conquistato, antropizzato, tecnicizzato, è disponibile, a portata di mano”. Un mondo spesso dominato dalla precarietà, da un'insufficiente solidarietà, dalla sistematica diffusione della paura tipiche della “governance neoliberale”.

Per dire quanta attenzione vada posta nel valutarlo correttamente, Di Cesare non si preoccupa di tirare in ballo anche un nume tutelare della cultura italiana e internazionale: Umberto Eco. Facendo riferimento ai lavori di Eco scrive, “variante moderna di un oscurantismo antico regressione della civiltà, rigurgito di uno stadio prerazionale il complottismo viene condannato da Eco in nome del razionalismo – illuministico prima positivistico poi. […] Non importa che ci siano crisi provocate proprio da quella razionalità che ha reso il mondo illeggibile Eco crede fermamente nel progresso nella sua concezione fatalistica della storia non c'è spazio per irrazionalità dissonanti”. E successivamente scrive che il complottismo non è né una “patologia psichica” né “un'anomalia logica”. E, giustamente, fa notare come un approccio inquisitorio e poliziesco del fenomeno non aiuta né una corretta analisi né l'azione di contrasto. Più chiaramente, con le parole dell'autrice “questo approccio polemico e patologizzante, che squalifica ogni critica alle istituzioni, non fa che confermare il gioco delle parti e aggravare una frattura sempre più profonda: da un canto chi, tacciato di essere complottista, rivendica di essere antisistema, dall'altro chi, ricorrendo ai canoni della propria ragione, è accusato di sostenere l'ideologia dominante.

Il saggio affronta con lucida scorrevolezza il tema mantenendo il filo del discorso – anche nella sua progressione storica – da molte angolazioni e, con i molteplici riferimenti,  fornisce al lettore le tracce per approfondire uno dei tanti aspetti correlati. È un problema politico, un fenomeno che ha “dimensioni di massa”, quello del complottismo che si applica in ogni direzione ed è favorito dalla diffusione delle fake news: è difficile rimanere fuori dal contagio dell'idea di una verità diversa da come appare. E così “si cercano i responsabili degli innumerevoli intrighi: banchieri, finanzieri, capitalisti, oppure anarchici, sovversivi, terroristi, o ancora ebrei, internazionalisti, cosmopoliti, potenze straniere – le congetture sono diverse”.

Non che i complotti non esistano, anche lo Stato ne ha fatto un uso sempre “più raffinato” e quindi non può tacciare gli altri di complottismo, “a meno di non voler criminalizzare il dissenso, sconfessare la critica e depoliticizzare il dibattito”.

Illuminante il capitolo e potere, in cui Di Cesare ci riporta alla Rivoluzione francese e al nuovo “paesaggio politico” che va schiudendosi e dove cresce e crescerà l'idea del complotto. Passa allora l'idea che il potere è del popolo; non è più quello vivo, evidente, immediatamente identificabile nel sovrano. È la sola parola a sostenere il potere che, quando è del popolo, non è di nessuno. Da allora i cittadini avvertono questo vuoto, che inizierà a riempirsi di spettri. Inizia la domanda e la ricerca dei meandri oscuri del potere. Il punto è che – scrive l'autrice – è “fuorviante” la domanda, “da cui scaturisce in gran parte la crisi attuale della politica” che ci fa vivere male la democrazia. Ma il tratto rivoluzionario di quest'ultima, nelle parole Claude Lefort, è proprio il «luogo del potere che diventa luogo vuoto». Ma “chi vuole riempirlo, mira a chiudere in sé il corpo comunitario, abolendo ogni alterità che viene proiettata all'esterno – magari nell'immagine di uno straniero, di un nemico. È stata questa la strategia politica di Trump, volta a squalificare e delegittimare la democrazia. Lo spettro del complotto rischia allora di scivolare nel fantasma totalitario.  Governare agitando l'incubo del caos, lo spauracchio dello «Stato profondo» e il governo planetario occulto, è un modo caricaturale, e tuttavia temibile di cavalcare il malcontento indirizzandolo non all'interno, bensì contro il quadro democratico”.

Sicuramente un testo importante per inquadrare i meccanismi del complotto e che apre una finestra sul ruolo dello stesso complotto nell'esercizio del potere.

Pasquale Esposito

 

Donatella Di Cesare
Il complotto al potere
Einaudi, 2021
pp. 120
€ 12,00

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