Douglas Rushkoff, Solo i più ricchi. L’Arca di Noè per i super ricchi della Terra

Douglas Rushkoff, Solo i più ricchi
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È tutto vero, non è un fake o un videogame. I della Terra si stanno preparando a salpare su una sorta di Arca di Noè per salvare la pelle e, soprattutto, i loro patrimoni. I rifugi dell'élite miliardaria sono bunker travestiti da resort ultratecnologici, da qui attenderanno l'Apocalisse che loro chiamano l'Evento. C'è solo l'imbarazzo della scelta di questi tempi: una guerra nucleare, il cambiamento climatico che travolge il Pianeta o un meteorite come nei più classici disaster movie.

Douglas Rushkoff, Solo i più ricchiCon questi intenti, fra cui però non c'è certo la nobile idea di disintossicare il mondo, cinque magnati hanno contattato Douglas Rushkoff, docente e divulgatore di media e di economia digitale al Queens Collage di New York – oltre che animatore di un podcast molto seguito, il Team Human.  Lo hanno pagato a peso d'oro, messo su una limousine con direzione deserto ma con destinazione un esagerato resort con spa nel bel mezzo del nulla. Da lui si attendevano soluzioni su come mettere tutto l'armamentario tech al servizio di una exit strategy e lasciare il resto dell'umanità alle prese con i disastri che loro stessi hanno provocato. Di questo ci parla brillantemente nel suo Solo i più ricchi – Come i tecnomiliardari scamperanno alla catastrofe lasciandoci qui.

Sono preppers, survivalisti 4.0 dalle grandi ricchezze, che praticano la filosofia che Rushkoff definisce del Mindset: esser al di sopra dei comuni mortali e mettersi alle spalle quel mondo che ad un certo punto avvertono come minaccioso ma che loro stessi hanno contribuito a creare. Ma è come lanciare una palla da biliardo su un tappeto verde senza buche, dove le sponde rimandano continuamente indietro il boccino. Il Mindset – lo ha detto Malcom Harris in un'intervista a Rushkoff su Wired – è una strategia senza destinazione, «è come voler costruire un'auto tanto veloce da sfuggire ai fumi del proprio scappamento».

Sull'orlo del precipizio come Wile Coyote
La strada verso la crescita è ad una svolta, forse anche sbarrata. Rushkoff ricorre a Wile Coyote quando prepara l'ennesima trappola tecnologica. Il Roadrunners, però, sfugge al trabocchetto mentre il Coyote resta sull'orlo del precipizio. Resta sospeso in aria e solo allora che si rende conto di precipitare. «Così anche  i nostri miliardari sono sospesi in aria, come se avessero guidato la loro Tesla oltre le scogliere della Pacific Coast Highway. Guardano verso il basso senza ancora cadere e sperano che grazie a qualche tecnologia di prossima generazione riusciranno a inventarsi un altro secolo di progresso e non dovranno subire alcuna conseguenza delle loro azioni».
Insomma, come Elon Musk che vuole colonizzare Marte o Peter Thiel che vuole intervenire sul processo di invecchiamento, anche questi magnate «si stavano preparando ad un futuro digitale che aveva ben poco a che fare con il rendere il mondo un posto migliore. Le loro enormi ricchezze li hanno resi ossessionati dall'idea di isolarsi da un presente sempre più pericoloso», racconta Rushkoff. Il futuro della tecnologia non è dunque la chiave di volta per condizioni vita, lavoro, economia e socialità positive ma un codice per tagliare i ponti con il resto dell'umanità.
Per fuggire dalle miserie di questo mondo e approdare su un Mondo Nuovo occorre fare però  le cose per benino. Fra amputazioni, arti schiacciati e pure un decesso, un recente report della Reuters ha documentato che SpaceX, la compagnia missilistica di Musk, finora di spaziale ha solo i conti sulle mancanze in fatto di sicurezza sul lavoro: 600 incidenti dal 2014 con una media sei volte superiore a quella dell'industria spaziale nel 2022….

C'è un disegno in atto, neppure tanto sotterraneo, per mostrarsi salvatori del pianeta attraverso progetti tech fronteggiando crisi di diverso livello che alla fine sono solo occasione per nuovo profitto. Come ricorda Alessio Giacometti – dottorando in scienze sociali, sul suo articolo su Il Tascabile del luglio scorso – uno degli esempi di questa strategia è il Grande Reset, campagna promossa da Klaus Schwab per rilanciare l'economia mondiale post Covid. Con un capitalismo benevolo e dal volto umano. «È così che, piegando a proprio vantaggio le catastrofi sociali e ambientali, i super ricchi diventano ancor più ricchi: negli ultimi due anni l'1% dei più ricchi al mondo si intascano i due terzi della ricchezza prodotta a libello globale». Nella classifica di Forbes colossi come Apple o Microsoft hanno incrementato gli introiti del 20%. I miliardari con una ricchezza pari al Pil dell'Unione Europa sono 2.500. I milionari sono invece 60 milioni, concentrati negli Usa, e hanno fortune con tanti zeri che sarebbero di difficile comprensione ai più. Ma di benefattori se ne vedono pochi perché la loro strategia è assolutamente speculativa. «I super ricchi impoveriscono l'economia alle spese di tutti, inchiodano la società in uno schema di diseguaglianza incrollabile, compromettono gli sforzi per la mitigazione che non li vedano direttamente nella posizione d decisori o beneficiari», è il pensiero di Danny Dorling, geografo sociale, autore di Inequality and 1% (verso Books, 2019). Insomma, un'iniezione di cinismo senza antidoto, però.

Ma intanto c'è un mondo votato alla sopravvivenza che si va edificando. Rushkoff ricorda che l'azienda Vivos costruisce appartamenti sotterranei di lusso realizzati in ex depositi di munizioni, silos missilistici e altri siti fortificati in tutto il mondo. Una sorta di Club Med per il Day After con suite private per singoli o famiglie con piscine, giochi, cinema e ristoranti. «Rifugi ultraelitari come l'Oppidum nella Repubblica Ceca si rivolgono ai miliardari e mettono l'accenti sulla salute psicologica a lungo termine dei residenti». Il tutto con riproduzione della luce naturale e piscine con giardino o sole simulato.

L'isola che non c'è
Il desiderio più morboso è quello di un'isola su cui rifugiarsi. Secondo il New York Times durante la pandemia Covid-19 gli agenti immobiliari hanno avuto tantissime richieste in questo senso, ma un bunker in mezzo all'Oceano può davvero funzionare? Al di là della prospettiva affascinante e un po' retrò, non sembra una strategia praticabile: beni di prima necessità, pannelli solari e filtri dell'acqua rimandano necessariamente a quel mondo da cui si vuole fuggire con buona pace per tutte le idee di autosufficienza. A meno che dietro non vi sia qualcosa di più, l'agitare cioè una dimensione politica e filosofica di concetti come sovranità, governo e autonomia. Si tratta, cioè di dire al mondo: siamo stufi delle vostre regole, delle vostre barriere monopolistiche o di certa politica: “il pallone è nostro” e andiamo a giocare altrove.
Ma questi fortini sono davvero in grado di proteggere i loro ospiti dal mondo che minaccia di collassare?
Molto improbabile. «Tanto per cominciare gli ecosistemi chiusi sono fragilissimi. È la varietà a proteggere i biomi del mondo reale e i loro abitanti dalla catastrofe», chiosa l'autore del libro. «In natura quando una malattia, una siccità o un invasore minacciano una specie, spesso ce n'è un'altra che risolve il problema. Un giardino idroponico sigillato è invece vulnerabile a ogni sorta di contaminazione».

Douglas mette in guardia anche contro l'uso delle tecnologie manipolative che generano altra tecnologia per mitigarne gli effetti. «Se siamo dipendenti dal nostro smartphone, installiamo una app per disintossicarci. Come Walter Lippmann che voleva cambiare l'opinione pubblica per il bene della società o B.J. Fogg che usa la tecnologia per farci scegliere comportamenti più salutari, i tecnocrati dal volto umano vogliono continuare a usare la tecnologia sulle persone, magari con esiti positivi. Vogliono migliorare l'umanità prima che le cose vadano davvero male. I ricconi che oggi salgono sul carro della tecnologia non si preoccupano tanto dell'impatto delle loro piattaforme sulle persone, quanto dell'impatto potenziale di quelle persone sulla loro sicurezza e sui loro privilegi”».

Ma la pandemia ci ha mostrato – nota Rushkoff – quanto sia stato seducente, al tempo stesso limitante, trasferirci tutti in una bolla tecnologica. Che poi erano i ricchi a stare al riparo, mentre i poveri erano lì fuori, nel mondo reale, per far quadrare la quotidianità nonostante tutti i divieti che abbiamo vissuto. «Il problema è che le tecnologie che usiamo per connetterci al mondo virtuale sono poi le stesse che ci rendono meno empatici verso chi è fuori dalla nostra bolla Covid». Rushkoff parla a proposito del Covid di equazione dell'isolamento indotto dalla tecnologia, che «è latente in tutti noi e che le tecnologie che usiamo sono in grado di inasprirla». Ecco, dunque, come la pandemia ci ha dato l'anteprima di cosa sarà un mondo totalmente immerso nella tecnologia digitale.

Mentre i ricchi scappano davvero difronte ad un mondo che sta per ricadere su sé stesso, la domanda da farsi è: siamo davvero sull'orlo del baratro? I sistemi socioeconomici sono davvero a fine corsa? Per Rushkoff non serve distinguere chi si è posto dalla parte sbagliata o dalla parte giusta. Non è questa la prospettiva su cui lavorare. La cosa più semplice da fare è smettere di sostenere le loro aziende e lo stile di vita che cercano di imporre. «Possiamo fare meno, consumare meno, viaggiare meno, il tutto diventando più felici e meno stressati. Compriamo prodotti locali, partecipiamo a sistemi locali di mutuo soccorso, diamo il nostro sostegno alle cooperative».

Non esistono vie di fuga sicure
C'è ormai una tendenza a non vedere più nelle dinamiche del Pil il solo input di crescita di una società. In Cina sta accadendo qualcosa di rivoluzionario, i giovani hanno smesso di competere, preferiscono il tang ping, lo “stare sdraiati”. Come spiega Xiang Biao, professore di antropologia sociale all'Università di Oxford, «questi giovani sentono una pressione inspiegabile e percepiscono che le promesse che erano state fatte loro sono state infrante. Si rendono conto che il senso della loro vita non dipende più principalmente dall'ottenere migliori condizioni materiali». Il super lavoro non è più un dogma.

Forse quei giovani in Oriente, più che i tecno-miliardari con il loro Mindset, hanno compreso che ci stanno raccontando l'ennesima bugia: non c'è un dopo, non esiste una via di fuga sicura. «Ascoltare le promesse dei colossi della tecnologia e degli investitori miliardari: in tutti loro piani, nelle loro soluzioni tecnologiche e nei loro grandi reset c'è sempre un ‘inoltre o un ‘ma': un elemento di profitto, un compromesso temporaneo, un effetto collaterale da risolvere in un secondo momento o una scialuppa di salvataggio personale riservata al solo fondatore, con la promessa di tornare a prenderci durante il prossimo viaggio».

Insomma, ricominciare da zero e ricominciare daccapo è follia, l'unica strategia per evitare i cambiamenti climatici o una testata nucleare sulle nostre città è restare qui e lavorare perché non accada la catastrofe. «Per fare in modo che le guardie vi siano fedeli in futuro, potreste trattarle in modo amichevole già da ora. Non investire solo in munizioni e recinzioni elettrificate, investite sulle persone e sui rapporti», ha spiegato ai miliardari che lo avevo contattato e che ora lo guardavano come un santone hippy, forse delusi perché non erano certo quelle le parole che volevano sentirsi dire.

Collaborazione e solidarietà – è la conclusione di Rushkoff – sono le armi più efficaci per le sfide che ci attendono. Le scorciatoie sono solo un giochino costoso e senza garanzie, anche per gli ultraricchi della Terra.

Antonio Apruzzese

 

Douglas Rushkoff
Solo i più ricchi
Come i tecnomiliardari scamperanno alla catastrofe lasciandoci qui
Luiss University Press, 2023
pagine 184
euro 20,00

 

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