
Torna il bel mondo di Downton Abbey: per la 3ª serie è tempo di Belle Epoque ma sempre con british humor & class.
I produttori inglesi della Carnival Films e della Masterpiece si affidano ancora all'impareggiabile penna di Julian Alexander Kitchener-Fellowes, Barone di West Stafford, per la scrittura della 5ª stagione mentre gli americani della NBC ribadiscono le loro lusinghe per convincere lo sceneggiatore inglese premio Oscar per “Gosford Park”, a mollare tutto, partire oltreoceano e dedicarsi alla scrittura della puntata pilota di un nuovo progetto televisivo, “The Guilded Age“, drammone storico ambientato tra banchieri ed imprenditori milionari e sleali della New York del 1880.
Nel frattempo il successo di “Downton Abbey”, giunta alla 4ª serie con una 5ª in lavorazione, non subisce alcuna battuta d'arresto; la serie nata dal progetto di adattare un romanzo di Fellowes, “Snob”, e confluita in un Period Drama ambientato nei primi decenni del XX secolo, ha fatto razzia di premi Bafta, Golden Globe e Emmy, per tacere della messe di riconoscimenti conferiti agli attori del cast, come Maggie Smith o Hugh Bonneville. In Italia aspettiamo (abbastanza) frementi l'arrivo della 3ª stagione, previsto per il 19 dicembre su Rete4 in prima serata.
Seppur non propriamente originale, l'idea di ritrarre gli agi e le consuetudini della nobiltà terriera inglese o le fatiche e le piccole gioie della servitù nei piani bassi, incontra spesso il favore del pubblico. Sarà forse per il fascino che suscitano le opere in costume, specialmente se adattate per il piccolo o grande schermo, o magari perché la revocazione del passato, sia esso il fastoso e luccicante mondo di ladies e sir o quello faticoso e logorante della sua servitù, funziona come un moderno Memento in grado di rallegrare la serata e mescolando alla trama romanzesca un po' di storia e costume facilita la divulgazione e protegge la Memoria.
Idea non propriamente innovativa dicevamo: dal 1971 al 1975 venne infatti realizzata e trasmessa dalla BBC la serie “Upstairs & Downstairs”: un totale di 68 episodi con cui si rievocavano le vicende di una nobile famiglia inglese nella Londra edoardiana tra il 1901 e il 1930. Della serie anch'essa premiata a più riprese, è stato tentato un remake prodotto dalla Masterpiece e dalla BBC Wales e mandato in onda tra il 2010 e il 2012, ottenendo però un successo piuttosto scarso proprio a causa dei molti consensi e premi raccolti da “Downton Abbey”, che vale la pena di vedere anche solo per la pletora di attori inglesi che riunisce.
La terza serie in arrivo poi, affianca l'ottima Shirley MacLaine alla stupefacente Maggie Smith in un crescendo di ruoli femminili taglienti e ironici, la cui sofisticatezza interpretativa aggiunge ulteriore pregio e valore. La perfetta rappresentazione dell'epoca, la particolare attenzione ad ogni dettaglio degli arredi, dei costumi o delle acconciature, hanno provocato un impatto culturale tale da diventare persino oggetto di parodia dagli americanissimi “Simpson”; senza considerare le innumerevoli trovate messe in opera dal marketing britannico che passa dall'organizzazione di gite e pellegrinaggi alla tenuta di Highclere Castle, teatro delle avventure della nobile famiglia Grantham alla creazione di linee di linee di balsami, profumi e lucidalabbra targate “Downton Abbey.
Per non essere da meno anche l'Italia cavalca l'onda, per lo meno in campo editoriale: i tipi della Rizzoli hanno pubblicato “Il mondo di Downton Abbey” di Jessica Fellowes mentre Neri Pozza ha appena fatto uscire in libreria la corposa sceneggiatura della prima stagione arricchita di pagine di aneddoti sul processo di creazione dei personaggi, alla scelta dei luoghi di riprese, o alla ricostruzione degli ambienti, come per esempio la realizzazione delle cucine dell'epoca negli studi londinesi di Ealing.
Insomma c'è molto da vedere, ma anche parecchio da leggere.
V. Ch.
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